mercoledì 30 gennaio 2008

DONNE CON I COGLIONI… MA SEMPRE IN PERENNE INVIDIA DEL PENE - part1

Qualche hanno fa andai al cinema a vedere l’ultimo episodio della saga di Alien: “Alien, la clonazione”. La trama, come al solito molto complessa, evidenziava gli errori della scienza, per cui la clonazione non poteva che giungere ai risultati auspicati solo e soltanto dopo un copioso numero di varianti imperfette… talmente imperfette da dover essere soppresse, tanto erano orribili nel loro mix errato di caratteristiche abnormi e aberranti tra Ripley (S. Weaver) e l’alieno che viveva dentro di lei. Fortunatamente, dopo “soli” 8 esperimenti, gli scienziati riescono a sfornare il clone più simile all’originale. Questo era il film.
Oggi (30 gennaio 2008) La Repubblica ha dedicato un intero paginone al “fenomeno” delle donne che giocano a rugby. Questo il titolo: Rugby. Rimmel e fango le ragazze in meta.
Alle meno attente l’intero articolo è parso certamente qualcosa di attraente e adrenalinico, tanta era l’enfasi posta sui livelli di emancipazione a cui si può giungere inseguendo una palla ovale. Cazzo, mitico: non credevo che una palla ovale potesse avere un simile potere… ed io che pensavo che le suffragette avessero raggiunto l’orgasmo multiplo nell’atto di inserire una scheda in un’urna elettorale. Ad ogni modo, l’attività in sé (mettere un pallone dietro una linea bianca) appare oggettivamente stupida… e continuerebbe ad esserlo se non fosse che agli uomini piace praticarla sin dal lontano 1870, o giù di lì.
La questione che ai miei occhi appare lampante è che i nuovi modelli di femminilità non riescono a non cedere alla tentazione di emulare quelli maschili, presupponendo che in quanto maschili questi modelli siano in sé vincenti per definizione. Non neghiamolo, dacché abbiamo messo i pantaloni abbiamo iniziato a comprendere che non erano alcunché di realizzativo… soprattutto perché a noi non stavano bene come ai maschi, anche a causa di un’evidente carenza di un generoso pacco regalo, rigonfio, ad estensione variabile. Freud la chiamava “invidia del pene”… io invece la chiamo “atroce invidia del pene”
A partire dagli anni ’80 ce l’abbiamo messa tutta per appropriarci non soltanto degli attributi maschili (ve le ricordate le spalline negli abiti? O i comodissimi tailleur ammazza-erezione?), ma anche di tutti i simboli del successo maschile. Lo so, il nostro obiettivo era quello di dimostrare ai maschi di essere al loro pari, di poterli battere sul loro stesso terreno… e fu così che nacquero le pari opportunità: la più grande minchiata del ventesimo secolo… e dei secoli che verranno. Ma poi chi l’ha detto che dovremmo ambire ad essere alla loro stregua? Chi ha inventato questa legenda metropolitana?
Il punto è che innalzando il modello maschile, ad unico e solo modello vincente, abbiamo – per negazione- svalorizzato il modello femminile, ritenendolo fallimentare ed escludendo l’opportunità di ricrearne uno totalmente nuovo ed indissolubilmente femminile al 100%. Mi fermo qui perché potrei scriverci un libro… anzi l’ho già fatto, ma qualcuno si rifiuta di pubblicarlo. Per adesso.
Torniamo quindi a bomba: queste donne del rugby, orrendi cloni con rimmel e fango (per citare il titolo dell’articolo), amano cimentarsi in placcaggi, occhi neri e zigomi fratturati nel tentativo di godere anche per un istante nel sentimento di essere uomini anche loro. Figa, che stupidità atroce… che smacco! Oggi la realizzazione, l’emancipazione corre infatti sul filo del rinnegamento di se stesse, sul filo di una clonazione mal riuscita, ovvero di uno scimmiottare maldestramente qualcosa che non potremo mai essere. E poi si dice che la frustrazione e la depressione femminile hanno radici oscure…
Alla domanda “ma giocare a rugby è una forma di protesta o di emancipazione?”, Daniela (una delle giocatrici, ndr) risponde con la stessa “consapevolezza” di chi non sa neppure che giorno sia, producendo ingenuamente una frase del tipo “so soltanto che giocare vuol dire avere coraggio, mettersi alla prova, accettare le sfide. E poi mi piace il contatto fisico”. Che dire? Un condensato di cazzate finto-emancipate alle quali mi sento di rispondere: “tesoro, la prossima volta che vuoi avere coraggio, metterti alla prova, e accettare le sfide… comincia ad essere te stessa, partorire senza epidurale, allattare i tuoi figli, educarli e farli diventare veri uomini e vere donne. E per quanto riguarda il contatto fisico… cerca di scopare con più allegria e con maggiore generosità. Ci guadagneranno tutti, te per prima.”
E santo iddio, basta con le donne con i coglioni!!! Non ci sono coglioni abbastanza al mondo?… qui si rischia il sovraffollamento. Uffa!!!

QUESTIONE: LA NOSTRA AMICA ROSY AVEVA RAGIONE: NON CI SONO NUOVI MODELLI DI FEMMINILITA’. IO MI SONO STANCATA DI ASPETTARE E VOI? CHE NE DITE DI TEORIZZARNE ALMENO UNO? FATEVI AVANTI!

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