mercoledì 27 agosto 2008

NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI


Ci sono questioni controverse che spesso ci attraggono proprio per la loro opinabilità. Si tratta in vero di questioni intricate ai limiti dello spazio profondo che viste abilmente da due prospettive diverse producono parimenti elementi di verità inoppugnabili.
Il nostro amico e conterraneo Pirandello aveva ben sintetizzato questo concetto nel suo celeberrimo “Così è (se vi pare)” , insinuando che non tutto è come appare… e tutto quel che appare dipende.

Arriviamo al punto G del post, analizzando l’evento clou della Settimana della porchetta di Ariccia (Roma). Cosa avrà a che fare Ariccia con l’argomento di oggi è tutto un mistero, ma sicuramente la porchetta c’entra… e come!
La porchetta in questione non è una porchetta comune; è una di quelle intellettuali che saltuariamente preferiscono definirsi soltanto “una di quelle”. Dall’altra parte c’è il maialone.
La prima è una dottoressa, laureata in vattelappesca cosa; il secondo è il suo ex professore, meglio noto come il suo ex. Vediamoci chiaro.
Questa è la vicenda, sinteticamente:
Torino, agosto 2008. La dottoressa Caputo si presenta agli esami per accedere alla specializzazione in Medicina Legale. Il concorso si svolge apparentemente in maniera corretta, poiché la stessa, vistasi trombata al concorso decide di ricorrere al TAR per far valere le proprie ragioni, ma soprattutto per denunciare vizi procedurali e amministrativi… nonché i presunti vizi del maialone direttore dell’omonimo istituto presso l’università di Torino.
Lasciando stare quel che diranno gli avvocati , cerchiamo di capirci qualcosa facendo soprattutto luce sulle parole dette ufficialmente da entrambe le parti.
Lei dice di essere stata bocciata poiché “non più in grado di compiacerlo sessualmente a causa del (suo) stato di gravidanza”. Lui nega tutto.
A parte le costumate riflessioni sull’accaduto che tutto dicono dell’ipocrisia imperante in ambito accademico… perché i giochi si fanno da sempre così e nessuno ha avuto mai da ridire perché è sempre convenuto ad entrambe le parti, quel che viene da chiedersi è: cosa ne sarebbe stato del concorso se la Caputo avesse ottenuto il posto?
Forse la dott.ssa se ne sarebbe andata in giro spargendo nell’etere minchiate del tipo “sono stata scelta perché sono la più brava”, senza contare che qualcuna, sentitasi defraudata del posto avrebbe potuto obiettare “ma brava a fare cosa?” Lo so, la domanda è retorica.

È singolare infatti che qualcuna ricorra al TAR non per vizi procedurali o “per ingiustizia” quanto perché una volta tanto il concorso si è svolto correttamente. La stessa Caputo afferma, di essere stata fatta fuori “per aver smesso di compiacerlo” che è cosa diversa dall’affermare, di essere stata trombata “per essersi rifiutata di compiacere il prof”.
Nel primo caso, infatti, è chiaro che forse (anzi sicuramente) era anche e soprattutto interesse suo compiacere il professore al fine di ottenere la promozione; si ravvisa cioè una forma di logica “do ut des”. Senza contare che sicuramente sarà stata lei a fargliela annusare, finalizzando ogni sua azione al raggiungimento del risultato finale.
Nel secondo caso invece il rapporto sarebbe stato assolutamente a sfavore del prof, il quale forte di una posizione di dominanza ne avrebbe approfittato per piegare la volontà della studentessa.
L’aspetto paradossale è che la stessa abbia poi affermato “ho subito un’ingiustizia, sono vittima di un gioco di potere”. Ma di quale ingiustizia si parla esattamente? Io questo lo vorrei proprio sapere, visto che la vera ingiustizia si sarebbe compiuta solo se fosse stata promossa lei al posto di una più meritevole.
Certamente il prof. Tappero, come tanti uomini, è un emerito coglionazzo… perché cadere così maldestramente tra le gambe di una donna rivela soltanto una carenza di neuroni. Oltretutto, con tutti i soldi che guadagna perché non pagarsi allegramente un professionista del pompino, anziché scomodare una cretinetti con ambizioni professionali da obitorio? E che dire del marito di lei, felicemente cornuto e complice della moglie? A lui va sicuramente il premio nobel honoris cause per il rincoglionimento da figa e una pallottola in fronte.
Per quanto riguarda il finale della storia, beh adesso la questione farà avanti e indietro per i tribunali per almeno dieci anni regalando al pubblico presente la classica perfomance della solita, stanca vittima della situazione: la povera sgualdrinella tutta libri e ardore scientifico, coinvolta suo malgrado in un torbido inganno ad opera dell’ennesimo maschio sbrodoloso.

… e tutte le femministe del cazzo grideranno allo scandalo. Che pizza!!!
Per quanto mi riguarda, la questione ha una sola soluzione: la notte prima degli esami è meglio stare leggere...
Amanda

sabato 16 agosto 2008

... E ALLA FINE GLIEL'HA DATA




Gli esperti in geriatria sono soliti affermare che la menopausa segna il passaggio della donna dall’età feconda a quella sterile. Il tutto avviene, si sa, accompagnato da tutta una serie di effetti “collaterali”: caldane, sbalzi d’umore, prime avvisaglie di rincoglionimento e, dulcis in fundo, aumento del desiderio sessuale arricchito dal diktat di doverla dare a chiunque ce la chieda finché si è ancora in tempo, o di donarla generosamente a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta nei tempo passati. Insomma, la menopausa ha effetti retroattivi… un po’ quelle leggi ad personam tanto care ad una certa classe politica.


Non sono solita fare nomi, ma stavolta farò anche i cognomi: Santanché. Daniela Santanché(ritratta in foto durante la campagna elettorale ndr).
La più liftata delle donne di destra dopo la Mussolini (le cui labbra sono state sottratte al museo della scienza navale e riciclate per il salvataggio di 2000 extracomunitari a largo delle coste di Lampedusa) ha reso noto in questi giorni che, dopo averci rotto i coglioni con quegli estenuanti tira-e-molla col Cavaliere nano, ha deciso di capitolare e di concedergli “finalmente” l’accesso all’arida zolla. (vedi Libero del 7 agosto e l’Espresso del 21 agosto)


Il primo ad essere stupito di questo dietrofront è stato lo stesso mr B, il quale, in preda all’ennesimo indizio di sopravvenuto morbo di Alzheimer, ha ovviamente negato di averne fatto richiesta. Insomma perché ambire alla virtù di una vecchia e attempata gallina, quando si possono ottenere senza fatiche quelle di promettenti veline a forma di ministre delle pari-opportunità?



Vi dirò, il dubbio mi aveva sfiorato, anche perché con tutti i ritocchi che puoi fare, ci sono cose che non si possono fingere… come ad esempio la pazzia, le rughe nelle mani, e la disposizione del proprio corpo nello spazio. Ed è proprio in riferimento a quest’ultimo baluardo dell’integrità della Santanché che si concentra lo stupore della rimanente popolazione italiana dotata di almeno due neuroni. Vi ricordate infatti lo scassamento di minchia con cui la Danielona dal photoshop fraudolento continuava ad ammorbare l’atmosfera pre-elettorale? No? Male, molto male, e soprattutto strano, molto strano; anche perché non capita spesso vedere un’orda di galline che bisticciano per decidere se le donne di destra preferiscano le posizioni “orizzontali” a quelle “verticali”… che poi, voglio dire, perché non includere alternative più convincenti? Che so, a novanta gradi o quella del missionario?!


Al termine di questa bagarre, in cui la Santanché sentenziò di essere l’unica "alfieressa" della politica italiana capace di dire “no” a destra e a manca, una parte di quei pochi esseri pensanti che l’aveva votata aveva apprezzato la sua integrità, il suo non arretrare davanti a situazioni di comodo, il suo ostinato ma garbato standing professionale, la sua femminilità immune ad ogni piaggeria.


Concluse le elezioni, qualcosa però qualcosa iniziò a cambiare: la sua visibilità politica e sociale – a parte quel picco dovuto alla boutade sulle prostitute - cominciò (giustamente) ad appannarsi… e lei come ogni donna-donna-donna-priva-di-fantasia resasi conto che la sua patonza non era più ambito oggetto di desiderio (qualora lo fosse mai stata) iniziò a fare quello che qualsiasi altra donna-donna-donna-alla-canna-del-gas-con-le-ragnatele avrebbe “normalmente” fatto in questi casi: darla.


Oddio, se ella non si fosse ostinata a pubblicizzare questo ipotetico quanto surreale modello di donna, forse oggi sarebbe a fare buona compagnia alla Carfagna e tutto sarebbe risultato “coerente” col modus essendi delle donne che si illudono di fare carriera.
Ad ogni modo, oggi a pochi mesi dalla fine dei giochi politici, la Santanché – con un dietrofront che non ha nulla di strategico – non solo tenta un riavvicinamento all’uomo che non gliel’aveva mai chiesta, ma lo fa anche nel peggiore dei modi: rimangiandosi in un sol boccone tutte quelle palate di merda che si era divertita a lanciare contro i suoi detrattori, e prostituendosi come meglio le riesce.



E così improvvisamente si odono parole del tipo: “è meglio tornare col Cavaliere” o “la politica si fa così” (mentendo e ingannando coloro che hanno creduto in lei. Per fortuna pochi).


Il punto allora è uno solo: Daniela non desiderava “la” poltrona, ma “una” poltrona… una qualsiasi. E per questo ci ha preso in giro, lasciandoci intendere che forse il suo fosse davvero un modo diverso di vedere le cose e i destini delle donne. Ci ha davvero illuso: lei non è una donna verticale, anzi è la più orizzontali di tutte le altre. E non potrebbe avere le palle nemmeno se se le ricamasse sullo slippino contenitivo.



La Santanché è una donna come la gran parte di noi (o di voi): le piace fare la gran donna, la gran troia (politicamente parlando), le piace tradire, illudere, farsi corteggiare. Ed è così soprattutto perché non possiede uno straccio di idea valida, non una vera idea politica…ma sa, o può, solo tristemente ribadire al mondo attorno a sé una sola e unica verità: che le donne non sono nulla senza l’aiuto e il potere di un uomo.


Per quanto mi riguarda invece è solo patetica… e decisamente più in basso delle altre che ambiscono a risollevare le sorti delle pari opportunità delle donne.


No, care amiche, non illudetevi : non c’è da risollevare nulla… solo sdraiarsi, divaricare le gambe, riempirsi la bocca di un pasto caldo e ringraziare gli “inter-venuti”.

Amanda

lunedì 11 agosto 2008

STEREOTIPI DA ESPORTAZIONE? CHEERS!!!



Stamane mi sono svegliata con una specie di malore diffuso. Sulle prime avevo pensato ad un attacco di diarrea da eccesso da olimpiadi… - io poi, che con il cibo cinese non ci sono mai andata d’accordo – ma poi riflettendo accuratamente ho realizzato che qualcosa di impercettibile non era passato attraverso il setaccio della coscienza ed era rimasto impigliato come un fastidiosissimo chiodo sui pregiatissimi collant di seta dall’inenarrabile costo.

Ebbene, quel qualcosa era davvero un’inezia, una cosa alla quale non si ha modo di pensare immediatamente tanto era perfettamente integrata nel quadro d’insieme.


Ieri, ad un orario imprecisato, stavo pigramente guardando le competizioni di beach volley : due ragazzi contro due, tutti e quattro a piedi nudi, un pallone e un finto set da spiaggia, giusto per simulare il contesto iconografico in cui si è originata questa nuova disciplina olimpica. C’erano solo due piccole stonature: la totale assenza del sole – e al suo posto un nebbione stile Milano in febbraio – e un set completo di sgallettate in costumino giallo con vistosi e coloratissimi pon-pon agitarsi come ossesse ai bordi del campo.


Ecco, sulle prime, questi due piccoli dettagli erano passati inosservati, e sarebbero rimasti tali se anziché essere in Cina ci fossimo trovati negli States. Una persona qualunque – una persona davvero comune e molto cheap – forse si lascerebbe scappare un timido : “beh e che c’è di male? Sono simpatiche, o forse anche bone, e rendono colorate e più divertente i match della partita”. E non avrebbe torto, penso io, perché comunque la presenza di un MacDonald negli USA è cosa assolutamente “normale”, ma soprattutto “culturalmente ” in linea con parte dell’immondizia culturale che si produce da quelle parti. Anzi, penso proprio che ci stupirebbe il contrario.


La questione comincia ad assumere una certa rilevanza se si pensa che per “costruire” questo dettaglio iconografico, gli organizzatori delle Olimpiadi cinesi abbiano assoldato un pool di “maestre” americane per insegnare a 600 sfaccendate con gli occhi a mandorla a sgambettare davanti ad un pubblico inerme al fine di “eccitare” i loro animi distratti da ben più pesanti preoccupazioni.


Un tempo si diceva che la religione fosse l’oppio dei popoli, oggi lo stesso effetto lo si vuole sortire con altri mezzi. In Cina infatti, con gonnellini, culo e tette al vento, ci lasciano intendere che si possono ottenere risultati altrettanto miracolosi: dare la parvenza di un sorriso a persone che avrebbero invece bisogno di un po’ di aria pulita.


Ma non siamo ancora aggiunti al cuore della questione; questo è solo l’inizio perché ciò che resta più preoccupante è che in realtà si tratta di acquisizione di un modello culturale.


In Cina ormai si vede di tutto, come nel resto del mondo si vede ogni cosa prodotta dai cinesi. Insomma, una sorta di omeostasi culturale fondata sulla reciproca compenetrazione e sull’abbattimento delle barriere che un tempo avrebbero protetto tutti dagli altri. Di questo non mi stupisco, non ancora.

La cosa che veramente mi ha lasciato basita è stata verificare la facilità con cui un modello di cultura possa, a torto o ragione, prevalere sull’altro, ma soprattutto la velocità con cui un certo modello di donna possa essere addirittura esportato e fatto passare una conquista di modernità. Quando invece è esattamente l’opposto.

Il punto è sempre lo stesso: perché le donne oggi continuano a lagnarsi dell’ingiustizia di “genere” che grava sulla propria testa, e contemporaneamente rimpinguano nei loro “nemici” l’idea che la donna serva solo a fare la bella statuina? Lo so, potreste obiettare che non ci sono solo “questi” tipi di donne, ma anche tipi umani di donne-donne, ovvero di donne che non hanno paura di non apparire e che amano distinguersi per “altre” qualità.


Eppure non si sa come né perché, il modello di donna sbagliata emerge con più facilità… e non certo a causa degli uomini. La donna, antropologicamente parlando, sta cercando da tempo con estrema difficoltà di “raddrizzare” una visione miope sulle proprie potenzialità, sta cioè cercando di raggiungere una visibilità non subordinata a quella dell’uomo. Questo è quello che credo io, e non credo di essere l’unica, altrimenti non si spigherebbero quest’ondata di politiche di pari-opportunità nel mondo.
… E come nella classica barca a remi, se c’è una o due donne che vogano nella direzione auspicata, come minimo ce ne sono almeno altre venti che remano in direzione opposta, per cui i minimi margini di progresso vengono vanificati dai più evidenti passi indietro.

Insomma, sono le donne stesse a contrastare l’emergere di un certo modello di emancipazione. Si perché mentre una piccola minoranza vede nella libertà da certi stereotipi il germe dell’emancipazione vera, la stragrande maggioranza ravvisa quest’ultima nella conquista del potere. Il potere della figa.

Le donne sanno come far capitolare un uomo; facendogliela annusare, e questo – secondo loro – dovrebbe essere sufficiente per garantire loro una dominanza di genere. È vero l’uomo capitola – infoiato com’è, capirai! – ma è e rimane strategicamente scaltro, perché finge di concedere alla donna lo scettro del comando quando invece, in realtà, l’unica cosa che si ritrova in mano è uno scettro di miss-vattelapesca, o peggio un paio di ingombranti pon pon.

La logica sottostante è questa dunque: agire sul principio di piacere dell’uomo per ottenere qualcosa. Infatti, quale donna sana di mente si presterebbe, sulla base di un principio globale di uguaglianza, ad “addomesticare” altre donne all’arte di compiacere l’uomo se non quella che crede fermamente nella sopracitata logica?


Ma forse le cose vanno e devono andare così… insomma, oggi abbiamo perfettamente compreso di essere in grado di andare dove vogliamo. Tutto dipende da noi, dalla forza dei nostri desideri, e dalla forza del potere che speriamo di ottenere. Il presunto giocoforza dell’uomo è oramai un alibi che non sta più in piedi; a noi piace essere così: cretine, troie ed eternamente giovani.

Ma chissà cosa accadrà quando l’avvenenza lascerà il posto al grottesco, quando la bellezza lascerà il posto al botox, e quando la logica del “mostrare” lascerà il posto a quella del “nascondere per la vergogna”. Perché si sa, la vecchiaia non risparmia nessuna.
Ma forse è il caso di dirla con Oscar Wilde: «La bellezza, la vera bellezza, finisce dove inizia l'espressione intellettuale.» Tutto il resto sono minchiate.

Cheers!!!


Vostra Amanada

mercoledì 6 agosto 2008

AND THE WINNER IS...


Incipit: news dal mondo.

L'inno della Giornata dell'Orgasmo Femminile, il più piacevole dei dirittiUna gioia per tutte. Un'abitudine per poche. Un'aspirazione per molte. Eppure ogni donna ha il diritto di smetterla di fingere piacere.
Serviva davvero una Giornata dell'Orgasmo femminile di mezz’estate (il 31 luglio) per ribadire questo concetto? Ci sono ben altre emergenze al mondo, è vero, ma fare il punto della situazione appagamento sessuale è sempre utile. Soprattutto se la celebrazione prende il via dalla Gran Bretagna, Paese tradizionalmente un po' "freddino", da tutti i punti di vista.

Qualche dato, tanto per intendersi: il 46 per cento delle donne dichiara di non avere mai o di aver raramente provato un orgasmo vaginale. Il 36 per cento non prova mai o quasi mai un orgasmo clitorideo durante il rapporto sessuale, mentre l'85 per cento lo raggiunge con l'autoerotismo. Secondo la stessa indagine - condotta ad hoc su più di 2mila inglesi - l'80% delle donne, durante i rapporti con il partner, è dunque “costretta” a simulare. Peggiorando la situazione: già, perché fingere serve solo a insabbiare il problema, a sviluppare frustrazione e a buttarsi giù, sostengono le promotrici dell’evento. E invitano, per un giorno almeno, a non recitare a letto. A promuovere l’inziativa, una catena di sex toys, ormai definitivamente sdoganati in quella che si potrebbe definire la “rivoluzione sessuale del Ventunesimo secolo": la vagina è mia, e ci gioco come (e con cosa) voglio io.

Il manifesto della Giornata? Semplice: è giunto il momento che le donne rivendichino il loro diritto a una vita sessuale piena e soddisfacente al grido di "Godi, non fingere"”.

COMMENTO

Come al solito, le intenzioni sono buone, ma poi... ma poi noi donne ricadiamo nella stessa trappola: utilizzare l'orgasmo non edonisticamente per godere come gran maiale, ma utilizzarlo per ottenere il nostro profitto.

Insomma, si, l'orgasmo come moneta di scambio, per ottenere dall'uomo (compagno o marito che sia) un vitalizio.

Se ci pensate bene, perché finiamo col mentire cosi spudoratamente, ma anche cosi lungamente? La questione non è certo affettiva: siamo libere di cercare il maschio d'accoppiamento perfetto, ma guardacaso quest'ultimo è anche il meno indicato per "sostenere" il nostro shopping o le nostre ambizioni sociali e di status.

Da che mondo e mondo, l'uomo sceglie sempre la donna bella (o eroticamente dotata); la donna invece preferisce altre "qualità". L'uomo deve sempre pagare una bella donna (o presunta tale), ed ella ricambia l'attenzione con un finto orgasmo.
Non riusciamo proprio ad evadere da una simile prospettiva e forse non ci interessa nemmeno, dal momento che fingere ci riesce cosi bene. Il dramma sta anche nel fatto che la finzione nei confornti dell'uomo non regge dentro di noi: ci sentiamo frustrate e avvilite per non riuscire a raggiungere uno straccio di benessere con l'unico pezzo di carne che può provocarcelo.
Preferiamo infatti subordinare il nostro piacere ad altre mete, finendo poi con l'accontentarci di un misero dito tra le gambe.


Non ci sono altri motivi, ma soprattutto non ci sono altri alibi, e come al solito il quadretto evidenzia una scena a noi molto famliare: l'armadio pieno e l'orgasmo vuoto.

Vi dirò, non provo nessuna pietà nei confronti di queste donne. Ognuna di noi fa e crede cio che vuole... e anche in questo la libertà è massima. Quindi anziché rompere i coglioni agli uomini, rivendicando - come dice il suddetto articolo - il diritto ad una piena sessualità, impariamo a scegliere in modo diverso il nostro uomo. E' meglio una sana e goduriosa scopata che non un paio di scarpe che presto non metteremo più.

Ah, se solo imparassimo ad essere sincere almeno col nostro corpo...

E poi scusatemi, anche in fatto di recitazione facciamo proprio pena, soprattutto perche siamo convinte che lui non se ne accorga. Ma quando mai!

Epilogo della storia: un antidepressivo in più, un'infelicità sconfinata... e nemmeno un Oscar quale migliore attrice non protagonista.

Capirai, cagne come siamo!!!