lunedì 11 agosto 2008

STEREOTIPI DA ESPORTAZIONE? CHEERS!!!



Stamane mi sono svegliata con una specie di malore diffuso. Sulle prime avevo pensato ad un attacco di diarrea da eccesso da olimpiadi… - io poi, che con il cibo cinese non ci sono mai andata d’accordo – ma poi riflettendo accuratamente ho realizzato che qualcosa di impercettibile non era passato attraverso il setaccio della coscienza ed era rimasto impigliato come un fastidiosissimo chiodo sui pregiatissimi collant di seta dall’inenarrabile costo.

Ebbene, quel qualcosa era davvero un’inezia, una cosa alla quale non si ha modo di pensare immediatamente tanto era perfettamente integrata nel quadro d’insieme.


Ieri, ad un orario imprecisato, stavo pigramente guardando le competizioni di beach volley : due ragazzi contro due, tutti e quattro a piedi nudi, un pallone e un finto set da spiaggia, giusto per simulare il contesto iconografico in cui si è originata questa nuova disciplina olimpica. C’erano solo due piccole stonature: la totale assenza del sole – e al suo posto un nebbione stile Milano in febbraio – e un set completo di sgallettate in costumino giallo con vistosi e coloratissimi pon-pon agitarsi come ossesse ai bordi del campo.


Ecco, sulle prime, questi due piccoli dettagli erano passati inosservati, e sarebbero rimasti tali se anziché essere in Cina ci fossimo trovati negli States. Una persona qualunque – una persona davvero comune e molto cheap – forse si lascerebbe scappare un timido : “beh e che c’è di male? Sono simpatiche, o forse anche bone, e rendono colorate e più divertente i match della partita”. E non avrebbe torto, penso io, perché comunque la presenza di un MacDonald negli USA è cosa assolutamente “normale”, ma soprattutto “culturalmente ” in linea con parte dell’immondizia culturale che si produce da quelle parti. Anzi, penso proprio che ci stupirebbe il contrario.


La questione comincia ad assumere una certa rilevanza se si pensa che per “costruire” questo dettaglio iconografico, gli organizzatori delle Olimpiadi cinesi abbiano assoldato un pool di “maestre” americane per insegnare a 600 sfaccendate con gli occhi a mandorla a sgambettare davanti ad un pubblico inerme al fine di “eccitare” i loro animi distratti da ben più pesanti preoccupazioni.


Un tempo si diceva che la religione fosse l’oppio dei popoli, oggi lo stesso effetto lo si vuole sortire con altri mezzi. In Cina infatti, con gonnellini, culo e tette al vento, ci lasciano intendere che si possono ottenere risultati altrettanto miracolosi: dare la parvenza di un sorriso a persone che avrebbero invece bisogno di un po’ di aria pulita.


Ma non siamo ancora aggiunti al cuore della questione; questo è solo l’inizio perché ciò che resta più preoccupante è che in realtà si tratta di acquisizione di un modello culturale.


In Cina ormai si vede di tutto, come nel resto del mondo si vede ogni cosa prodotta dai cinesi. Insomma, una sorta di omeostasi culturale fondata sulla reciproca compenetrazione e sull’abbattimento delle barriere che un tempo avrebbero protetto tutti dagli altri. Di questo non mi stupisco, non ancora.

La cosa che veramente mi ha lasciato basita è stata verificare la facilità con cui un modello di cultura possa, a torto o ragione, prevalere sull’altro, ma soprattutto la velocità con cui un certo modello di donna possa essere addirittura esportato e fatto passare una conquista di modernità. Quando invece è esattamente l’opposto.

Il punto è sempre lo stesso: perché le donne oggi continuano a lagnarsi dell’ingiustizia di “genere” che grava sulla propria testa, e contemporaneamente rimpinguano nei loro “nemici” l’idea che la donna serva solo a fare la bella statuina? Lo so, potreste obiettare che non ci sono solo “questi” tipi di donne, ma anche tipi umani di donne-donne, ovvero di donne che non hanno paura di non apparire e che amano distinguersi per “altre” qualità.


Eppure non si sa come né perché, il modello di donna sbagliata emerge con più facilità… e non certo a causa degli uomini. La donna, antropologicamente parlando, sta cercando da tempo con estrema difficoltà di “raddrizzare” una visione miope sulle proprie potenzialità, sta cioè cercando di raggiungere una visibilità non subordinata a quella dell’uomo. Questo è quello che credo io, e non credo di essere l’unica, altrimenti non si spigherebbero quest’ondata di politiche di pari-opportunità nel mondo.
… E come nella classica barca a remi, se c’è una o due donne che vogano nella direzione auspicata, come minimo ce ne sono almeno altre venti che remano in direzione opposta, per cui i minimi margini di progresso vengono vanificati dai più evidenti passi indietro.

Insomma, sono le donne stesse a contrastare l’emergere di un certo modello di emancipazione. Si perché mentre una piccola minoranza vede nella libertà da certi stereotipi il germe dell’emancipazione vera, la stragrande maggioranza ravvisa quest’ultima nella conquista del potere. Il potere della figa.

Le donne sanno come far capitolare un uomo; facendogliela annusare, e questo – secondo loro – dovrebbe essere sufficiente per garantire loro una dominanza di genere. È vero l’uomo capitola – infoiato com’è, capirai! – ma è e rimane strategicamente scaltro, perché finge di concedere alla donna lo scettro del comando quando invece, in realtà, l’unica cosa che si ritrova in mano è uno scettro di miss-vattelapesca, o peggio un paio di ingombranti pon pon.

La logica sottostante è questa dunque: agire sul principio di piacere dell’uomo per ottenere qualcosa. Infatti, quale donna sana di mente si presterebbe, sulla base di un principio globale di uguaglianza, ad “addomesticare” altre donne all’arte di compiacere l’uomo se non quella che crede fermamente nella sopracitata logica?


Ma forse le cose vanno e devono andare così… insomma, oggi abbiamo perfettamente compreso di essere in grado di andare dove vogliamo. Tutto dipende da noi, dalla forza dei nostri desideri, e dalla forza del potere che speriamo di ottenere. Il presunto giocoforza dell’uomo è oramai un alibi che non sta più in piedi; a noi piace essere così: cretine, troie ed eternamente giovani.

Ma chissà cosa accadrà quando l’avvenenza lascerà il posto al grottesco, quando la bellezza lascerà il posto al botox, e quando la logica del “mostrare” lascerà il posto a quella del “nascondere per la vergogna”. Perché si sa, la vecchiaia non risparmia nessuna.
Ma forse è il caso di dirla con Oscar Wilde: «La bellezza, la vera bellezza, finisce dove inizia l'espressione intellettuale.» Tutto il resto sono minchiate.

Cheers!!!


Vostra Amanada

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