domenica 25 ottobre 2009

LE SEGRETARIE DEL SESTO... SECOLO A.C.


Oggi ho voglia di vomitare. Oggi va così: ho voglia di vomitare. Che poi, voglio dire, vomitare non rende bene l’idea dello smottamento di detriti intestinali che amerei riversare sul piatto delle sostenitrici della cultura al femminile.
Non parlo ovviamente di quelle che fanno contro-cultura… quelle che rompono le ovaie… quelle come me, quanto quelle che fanno delle “pari opportunità a tutti i costi” il proprio vessillo post-femminista.

Parlo soprattutto di quelle che non fanno altro che rompere i coglioni agli altri, assurgendo al ruolo di vittime tout-court del secolare maschilismo nel tentativo di raggiungere obiettivi di uguaglianze. Insomma, di quelle che si lamentano per l’iniqua sorte… e poi continuano a lamentarsi se l’uomo non fa il galantuomo. Dicesi galantuomo, l’uomo che ama mettere la donna a proprio agio, pagare il conto al ristorante, pagare le spesucce … che ama pagare le puttane. Dicesi puttana, la donna che incassa. Incassa e tace.

Sono sempre stata convinta che la cultura avesse, in sé, un’anima progressista che, col passare del tempo, tendesse a miglioramenti incrementali. Poi, invece, succede qualcosa di imprevisto che ci riporta indietro nel tempo e ci fa esclamare un educato: cazzo, no!!!

E d’altronde cos’altro si può dire davanti alla nuova sit-com denominata filosoficamente “Le segretarie del sesto”?!

La televisione, si sa, è un gran distributore di merda, ma noi cosa abbiamo fatto per meritarci questo take-way culturale? Voglio dire, con tutte le professioni del cazzo che ci sono in giro perché rispolverare le segretarie?

Lo so, lo so, apparentemente non c’è nulla di male nel parlare di un pool di cretinette isteriche che fanno a botte per mettersi in mostra di fronte al boss, ma io penso che ci meriteremmo esempi di evoluzione di altro tipo.

Quello che mi innervosisce non è il telefilm in sé, quanto la reazione da parte delle donne, o la sua totale assenza. Non una voce si leva. Nulla!!!

Il populismo e le buone cose di una volta stanno invadendo, senza scampo, ogni ambito del vivere e del sentire. Ci sentiamo tutti coccolati da questo buonismo, da questo pietismo condito da “diritto inutile”. A nessuna/o, infatti, è mai venuto in mente il diritto a rifiutare? Siamo così infarcite dal volere, e volere a tutti i costi, che non ci sfiora nemmeno il pensiero che dovremmo imparare a dire “no”. Di cosa abbiamo paura… di perdere un treno che potrebbe prendere qualcun altro?

Me la prendo, invero, con i produttori di questa spazzatura culturale, ma soprattutto con queste attricette che si prestano senza spirito critico. Me la prendo con chi guarderà questa merdata, con chi dirà “carino!”… con chi non opporrà resistenza.

La televisione italiana è ancora ammorbata da stereotipi, è omologazione pura, è irrealtà spacciata per ambizione per le nuove generazioni.
Dopo i “medici in famiglia”, le tettone, le puttane da salotto, i fascinosi magnacci, le commesse dei negozi… oggi ci toccano anche le segretarie.

Resto basita.

Ditemi adesso che la Carfagna (questo è il suo compito) sta vigilando sulle pari-opportunità e sull’abbattimento degli elementi che rendono perpetua la segregazione occupazionale. Qualcuno me lo dica, vi prego!

E d’altronde cosa ci si può aspettare da una che fine a ieri bazzicava negli armadietti dei camionisti. Il cavaliere continua ad insultarci e lei, ovviamente, tace… come la più abile delle puttane.

Ci vogliono così, ma io davvero non ci sto.

Non ci sto. Non ci sto. Non ci sto. Non ci sto.

Buona domenica!!!

Ps: se vi state chiedendo cosa c’entri Rita Levi Montalcini con codeste creature, non scervellatevi (dote poco sfruttata) ve lo dico io: niente. Assolutamente niente!

Amanda.

martedì 13 ottobre 2009

LE PARI SCEMENZE DI UNA MENTECATTA DA CALENDARIO




Torno su queste mie pagine perché, per quanto mi sforzi, la politica spazzatura di questi mesi ha cominciato a farmi venire l’orticaria. Dio solo sa quanto mi sia sforzata di non guardare, di non sentire… ma, ahimé, ogni tentativo è fallito miseramente.
Lo sappiamo in tutti, il nano in preda ad un irreversibile sindrome d’onnipotenza – e ad una simultanea sindrome d’impotenza – ha cominciato a fare la voce grossa: l’unica cosa grossa che gli è rimasta, dopo quella polpetta grigiastra che si spera sfoci presto in una metastasi cavalcante.

Le persone che mi leggono mi chiedono sempre se abbia mai subito in giovinezza tante a tali sevizie da rendermi così acida nei confronti delle donne.
A questi personaggi (uomini o donne che siano) posso semplicemente rispondere che - visto che il numero delle coglione è in aumento, mentre l’intelligenza è rimasta costante – mi arrogo il diritto di parlare di qualcosa di grandemente attuale.

Lo sappiamo tutte, che le donne siano puttane, lo si sapeva da qualche millennio… il punto è che da qualche tempo a questa parte qualcuna ha iniziato a mistificare un contenuto di realtà, ammorbando l’aria degli uomini con strani concetti tipo “oltre le gambe c’è di più” “l’utero è mio e lo gestisco io” e via discorrendo.

Ancor più recentemente, sono state avvistate strane creatura dapprima visibili solo in qualche scalcinato armadietto di qualche arrapato meccanico o dentro l’abitacolo di qualche impenitente camionista.

La tesi degli “X-men” suggerisce infatti che, di tanto in tanto, l’evoluzione della specie compie degli straordinari salti in avanti… e fu così che nacquero le ministre delle pari opportunità. Non si sa bene da dove sbuchino, quanta fatica abbiano fatto per conquistarsi l’ambita poltrona. Sì, ok, sgambettare da mattina a sera e fare grandi sorrisi, mostrando tutti i lati disponibili, compreso il tubo esofageo, merita almeno un ministero. Ok ok, la bambina si è laureata… più o meno con le stesse scorciatoie della Gelmini. L’italia è anche questa, ma noi che abbiamo fatto per meritarci una mentecatta del genere?

Quando arrivo a parlare di “codesta” creatura, mi sento sempre additata come la solita donnaccia di estrema sinistra… e la cosa mi rende perplessa perché, in effetti, certi discorsi possono essere validi, non tanto prendendo una posizione politica, quanto limitandosi semplicemente ad analizzare i fatti.

La querelle tra Mr B e la maschia in gonnella mi ha lasciata indifferente: che se le diano pure di santa ragione… d’altronde sono pagati profumatamente per questo, no?!
Quello che mi nuoce è, invece, il constatare la totale assenza di una presenza che dovrebbe garantire, almeno sulla carta, il rispetto verso le paristronze. Insomma, che la Bindi sia un cesso non è un segreto nemmeno per Luisa che comincia presto, finisce presto e di solito non tira lo sciacquone. Non è nemmeno un segreto che il vostro capo del governo metta dei tacchi da 20 cm, allevi una foresta posticcia e si faccia di viagra direttamente in vena. Dico, saranno pure cazzi suoi… quando riesce a vederselo.

Il punto, per ritornare a bomba, è che la signora dal muso da cerbiatta e l’anima da vacca (le foto sparse nell'etere non le ho mica scattate io) non si stupisca affatto del ruolo che il master riserva loro: il nulla condito di niente con una spruzzatina di merda fumante.

Non lo capisco. Continuo a non capire: ma dove sta questa evoluzione? Sta forse nel fatto che a 4 donne venga riservato il talamo-passepartout del premier, mentre alle altre tocca di tornarsene con clava nella caverna domestica?

Non ci vuole un’arca di scienza: la donna amata dal premier (quella ideale, intendo) è la femmina che tace e conta meno del due di briscola. La Lario? Mai sentita. Della prima moglie? Boh!!! Non so, ma immagino che siano state profumatamente pagate per non proferir parola. Non mi stupisce quindi che anche la nostra Ca…gna sia stata strapagata per non dire un cazzo. Ella, com’è noto, si preoccupa solo di promulgare leggi spazzatura sullo stalking. Dicesi stalking quel reato per cui la vittima è sempre donna… e, guarda caso, diventa vittima quando si stanca di darla a gratis. Dio com’è servizievole!!! Quanta cura… e che stacanovismo!!! Nella sua mentuccia ha anche creato le “scatole rosa” da installare nelle auto delle donne, così, in caso di necessità, potranno essere prontamente rintracciate e salvate dal maschio bruto. Mai sentite cazzate più grosse. Poi, ovviamente, quanto si verificano aggressioni verso i gay (beneamati dalla destra come la merda sulla brioche a colazione) ella si limita a inviare una mail con su scritto: “Sono con voi!!!” Che azione politica, che impegno politico!!!
Per non parlare delle gang giovanili al femminile...
Si sa, l'importante e non vedere. Ok, insabbiamo anche questa.

Non ci sono dubbi: in Italia tutto va a puttane. E se ci va anche il premier, vuol dire che la strada è quella giusta.


Amen

giovedì 30 luglio 2009

PRESAGI CULTURALI. sottotitolo pacato:CAZZO AVEVO RAGIONE!!!


Ci sono giorni come questi – giorni in cui non si ha voglia di fare un cazzo, fatta eccezione per una goduriosa scorpacciata di mare, piselli al vento e uova in camcia – in cui la stanchezza per questo andazzo italiano mi provoca un’antipatica orticaria.
Ecco, stavo appunto per grattarmi in qualche innominabile posto davanti ad una pigra tazza di caffè quando improvvisamente mi scontro in un succulento articolo su Repubblica di oggi ( 30 luglio, 2009) che mi ha sollevato il morale.
Questo il titolo: “Arrivano i “taxi rosa” l’idea la femminile che divide Beirut.” Per dirla brevemente, sulla scia di pregresse sperimentazioni, arrivano anche a Beirut i taxi rosa. Si, insomma, dei veicoli in pieno stile “Barbie si reca alla sfilata di Barbie” che accolgono solo donne e che, ovviamente, sono guidati da donne.
Il mondo occidentale aveva, a suo tempo, applaudito a questo evento di “sana e robusta pari opportunità”, pensando che le donne dovessero avere anche i loro taxi, agghindati come dei saloni di bellezza su 4 ruote, all’interno dei quali farsi anche la ceretta senza che il conducente potesse in alcun modo approfittarne per radersi le palle (questa è vera uguaglianza!).
Tuttavia il “lieto evento” pare, giustamente, non aver sortito la stessa calorosa accoglienza da parte della popolazione locale. Dico “giustamente” perché, certamente, questa non rappresenta alcuna conquista sociale. Le donne islamiche lo sanno, sanno benissimo che la segregazione socio-culturale si è sempre giocata su questa spartizione del tutto in base al sesso… esattamente come succedeva negli USA nel periodo della segregazione dei neri, e dunque perché ripristinare queste secolari spartizioni?

Non v’è risposta, ovviamente. Il mondo islamico si occidentalizza, ma almeno conserva un certo spirito critico rispetto a queste cazzate. Vi dirò, e lo sapete, sono sempre stata contraria a queste innovazioni chiamate Pari opportunità anche perché a forza di favorire di qua e di là si finisce col creare – come afferma Francesca Caferri, autrice dell’articolo – una segregazione al contrario: una segregazione auto creata e auto diretta.
Pare, in effetti, che in occidente vada molto di moda l’autoesclusione blandamente mascherata da conquista “al femminile”. Sono anni che mi chiedo il senso delle “quote rosa” e di quelle minchiate che la Carfagna sta oggi proponendo in parlamento. Lo so, nella mente malata di molte donne c’è l’idea predominante e il desiderio di escludere gli uomini e di fare di tutto e del tutto un “affare di donne”, senza per questo porsi la questione se più che un “escludere” sia un “escludersi” tout-court dal confronto.
Ci piace pensare di non aver bisogno dell’uomo… fortunatamente, poi, ci accorgiamo che essere lesbiche è tanto caruccio, tanto complice, tanto intimo, ma che, santo iddio, noi di questi uomini proprio ne abbiamo bisogno. E non soltanto fra le gambe!
L’estate arriva. Donne, evolvetevi!!! Fatelo per voi stesse… almeno per voi stesse.

Alla prossima.
Vostra Amanda.

Ps: alla cara amica che mi parla dello stalking, dedicherò un post la volta prossima. Nell’attesa, imparate a fare meno le stronze.

venerdì 3 luglio 2009

MY BACK IS BACK


Lo so, pareva impossibile che io tornassi (ottimo congiuntivo!)... e invece eccomi qui. Per la gioia dei grandi e delle grandi.
Ero rimasta assenza dal web per sperimentare le gioie dell'ano-nimato per godermi un periodo di riflessione sulla scia dle post che poi non ho più scritto, ovvero quello di mr banana e di quella tardona della Lario. In verità, è tardone anche lui, ma cosa non fanno i copiosi interventi chirurgici, oggi?!
Ben poca cosa, direi, a giudicare dai risultati.
Sono tornata con la mia faccia di culo. Tralascerò la fiera della porchetta poiché, a quanto pare, ne sono state dette di tutti i colori sul conto del ritardo mentale di quella donzella - provetta attrice del cinema horror - consapevole delle tendenze pedofile di nonnoimpontente.
No, non vale la pena spendere nemmeno una parola su queste scempiaggini. Woody Allen l'ha sempre sostenuto: è solo paura di morire. E penso che mr. B abbia sviluppato un insano desiderio di eternità, pari solo a quello di M. jackson, che nel frattempo se l'è svignata alla chitichella con un incredibile moonwalker.
Anyway, questo è solo l'inizio... ma io sono viva. ed intendo restarci.
Viva la libertà d'espressione. Un grazie sentito a tutti gli afcionado che mi hanno scritto con i loro preziosi commenti sulle porcate delle donne oggi.
Adesso che arriva l'estate poi...

Vs Amanda

domenica 10 maggio 2009

martedì 28 aprile 2009

FOTO DI GRUPPO: OTTO OCHE E UNA RISERVA DI PORCHETTA


Torno dopo un periodo di andirivieni di influenze, sbalzi di temperature e di riflessioni profonde.
Cos’ho fatto in questo periodo? Beh, sono rimasta a guardare? Guardare cosa? Nulla, assolutamente nulla. Dicesi nulla: tutto quello che accade abitualmente e che non stupisce più per la sua intrinseca banalità.
In mezzo a tutto a questo nulla, in verità, c’è stato qualcosa di leggermente più annichilente… e desidero parlarvene.

In queste ultime settimane in cui il mondo è rimasto concentrato sui disastri ecologici, sui terremoti e sulle troie contagiose d’origine messicana, io sono rimasta nella mia villa di montagna a guardare il mondo dalla finestra… e dalla TV. Niente di nuovo sotto il sole, ovviamente. Fatta eccezione per l’ultimo autogol in ordine cronologico firmato Mediaset. Sia ben chiaro, Mediaset non mi sta antipatica… mi provoca soltanto una leggera orticaria e impulso a cospargere il pianeta di profumata diarrea… sarà che da quando i puffi sono al governo tali esempi di prestigiosa televisione mi fanno venir voglia di abbonarmi al digitale terrestre e contemporaneamente acquistare una sega elettrica per ridurlo a fettine sottili sottili che non puoi dire di no.
Mi riferisco ovviamente agli otto palmipedi della foto.
Ah, non le riconoscete? Cazzo, avrei detto il contrario. Beh, ve le presento brevemente. (da destra a sinistra).

La prima è Pamela Prati. Ballerina di fila al supermercato che negli anni è stata promossa a prima ballerina incapace di intendere e di volere. Nel giro, si dice che sia un trans, ma io sono fermamente convinta che sia soltanto una a cui va semplicemente regalato un burqua… e un abbonamento ad una scuola di ballo. Chissà che con un po’ di buona pratica non riesca a ballare da sola anziché essere spostata da un posto all’altro del palco ad opera di uno squadrone di forzuti ballerini.

La seconda è invece la nostra Valeriona. Nella foto la riconoscete agevolmente perché è quella senza il travestimento da palmipede e certamente anche la prossima a partorire una mezza quintalata di fois gras. Differentemente dalla prima, che almeno ci prova, ella non sa neppure il significato della parola “danza”… eh sì che in questi ultimi vent’anni uno stuolo di provetti insegnanti si sono dati un gran da fare per farle capire che un conto è il ballo un altro è lo starnazzare ammiccante davanti alle telecamere. E vabbé qui si potrebbe scrivere un trattato…

La terza è la notoria Nina Moric. Diplomata al ruolo di sfigata abbonata al silicone, ama grandemente l’arte del mimetizzarsi. Che poi ci vuol poco… e d’altronde dove potrebbe nascondersi una totale incapace se non in mezzo ad altrettante incapaci? Ella infatti non sa far nulla. Dicesi nulla, tutto quello che una buona moglie fa per amore, ma che qualcun'altra fa per soldi ad insolite altitudini.

C’è poi la Angela Melillo. Vincitrice di non so quale reality, si distingue in mezzo al gruppo per quella sua capacità di saper produrre espressioni infantili da bambinetta smaliziata. E qualcuno ancora ci crede.

Come state notando, ma mano che scendiamo nella lista il curriculum di ognuna di queste comincia ad accorciarsi. Seguono infatti le rimanenti quattro, tra cui spicca un’ex miss Italia premiata al concorso per la sua incredibile somiglianza con Sophia Loren. E basta. Campionessa di gaffe ortografiche e sintattiche, si è rifugiata nel ruolo a lei più congeniale: fare la spalla delle spalle ai comici del Bagaglino. Le ultime tre sono emerite sconosciute.


Vi starete chiedendo il perché di questa breve disamina. Vi credo sulla parola. Anche io mio sono posta la stessa domanda. Insomma, perché fare una trasmissione con otto donne (ah che eufemismo!)? Cosa avranno voluto comunicarci gli autori? Che messaggio avranno voluto dare queste otto cretine al popolo maschile, e ancor più a quello femminile?
Forse gli autori avranno voluto insinuare che per fare una vera soubrette al giorno d’oggi – con la logica del patchwork - ce ne vogliono almeno otto… e questo per cercare di nascondere il livello complessivo di incompetenza connaturata in ognuna di esse. Le oche giulive che invece hanno deciso di sfilare in questo bordello televisivo (cara Carfagna, le puttane non sono solo per le strade) hanno invece voluto comunicarci – a noi donne comuni mortali – che oggi il modello di donna vincente è quello che loro promuovono con la loro immagine: una donna che non ha bisogno di essere ma solo di apparire.

Badate, non v’è nulla di moralistico in questa affermazione. Quello che veramente mi irrita è il fatto che il piede nella fossa dello status quo culturale sia ancora così saldamente fermo. Ok, sì, forse è la solita menata femminista… ma di certo io sono davvero stanca di non vedere attorno a me donne con un valore aggiunto.

La bellezza, vera o presunta che sia, ha sopraffatto ogni cosa. Ma la bellezza basta davvero? Io questo me lo sono sempre chiesta. Mi sfugge infatti il senso di questa corsa. Dove si vuole arrivare? La gran parte di questi ritrovati di pseudo arte coreutica non è più né in età di marito né in età da parto. Sono vuoti a perdere. Hanno forse bisognosi soldi?

Forse semplicemente esistono… e per qualcuna sono la speranza che anche a cinquant’anni si può essere ancora piacenti. Si sa, gallina vecchia fa buon brodo, ma qui invero si parla di oche… e allora l’analogia si perde.

Fortunatamente il programma è stato un flop e qualcuno sta già pensando di cancellarlo, ed io fremente come non mai spero che il messaggio a queste tardone giunga chiaro e forte… come la pallottola in fronte che piazzerei volentieri in mezzo a quegli otto cervelli vuoti.

Oggi mi gira così… perché io fortunatamente le mestruazione ce l’ho ancora.

Hasta luego

Amanda

sabato 4 aprile 2009

WOMAN AT WORK… OVVERO LE FATICHE DI UNA DONNA EMANCIPATA


Io proprio mi sono rotta le ovaie. Sì, non ce la faccio più a sentirle blaterare. Le donne, intendo.
Da qualche tempo a questa parte, la quasi totalità delle donne ha cominciato a sentirsi colta da una fiamma divinizzante, onde per cui ogni cosa che viene detta a loro carico assume l’ennesimo attacco alla sacralità del proprio status di “intoccabili”.
Oltre a sentirci divine, noi amiamo anche percepirci come il centro del mondo: un mix letale tra wonder woman, la casalinga, l’amica e la madre perfetta. A noi questo ruolo piace… e ci piace soprattutto perché così abbiamo una buona scusa per rompere i coglioni per le vie del mondo. Sai che caciara!!!
Ecco, credo che sia proprio questa nostra attitudine a lagnarci che ci abbia portato a considerare ogni cosa troppo stretta e, per converso, a desiderare un mondo che non esiste nemmeno nelle favole. Infatti, quando ci proiettiamo in una fiaba – una qualsiasi, ovviamente - prediligiamo sempre il ruolo della piccola fiammiferaia oppure quello della principessa di turno o, anche meglio quello della sfigata che alla fine trionfa, tralasciando distrattamente tutto quel variopinto paesaggio umano costellato di streghe simili a mogli, sorellastre molto simili a colleghe d’ufficio… e ippopotami col tutù del tutto identiche a quelle immagini che riflettono lo stato di avanzamento-cellulite del nostro corpo.

Una delle lagne create ad hoc nel corso dei secoli è quella che riguarda il fatto che non ci venga mai data l’opportunità di dimostrare quanto siamo realmente cretine. L’uomo, dal canto suo, nel suo continuo ostacolarci ha cominciato a vestire il ruolo dell’alibi perfetto. Per fortuna nostra.

Nei giorni scorsi, il ministro Brunetta durante il convegno denominato Women at work, ha detto qualcosa di assolutamente vero, ma che nessuna donna – nemmeno la più autocritica – si sarebbe mai lasciata scappare dalla bocca, e cioè che la femminilizzazione dei lavori e delle professioni che scegliamo è una tomba che ci scaviamo da sole… e come siamo brave a farlo!
Su quel letamaio infiocchettato di rosa dette Pari opportunità si è infatti costruito tutto il nostro modo di vedere il lavoro oggi, ovvero una doverosa pausa remunerata maldestramente lasciata cadere tra i bambini che vanno lasciati a scuola, fare la spesa, andare a fare shopping, andare in palestra, dissipare lo stipendio proprio e del marito, cucinare preziosi manicaretti per la famiglia, lavare le mutande del nostro compagno di vita.

Dio com’è dura la vita! Come ci sfianca… Eh sì, deve essere proprio una gran fatica cucinare la frittata, ma di certo ci risulta facile rigirarla ad arte… soprattutto quando c’è di mezzo il suddetto status.

Lo status delle intoccabili è infatti quell’immagine collettiva che ci fa apparire vittime ad oltranza di un sistema – a nostro dire – costruito ad hoc dalle sapienti mani degli uomini al solo scopo di prevaricarci. Cazzo, mi ero infatti scordata che il coiffeur, la depilazione, la palestra, lo shopping, i tacchi alti sono stati la più brillante invenzione degli uomini. Insomma, pare che la donna non sia mai stata libera di creare ed essere se stessa. È sempre l’uomo che ci obbliga e noi questo lo sentiamo sulla nostra pelle. Giorno dopo giorno.

Noi donne, si sa, memori di un passato che ci ha visto schiave di non fare un cazzo mentre i nostri mariti andavano in guerra, abbiamo cominciato a battere i piedi per terra per ottenere il “mal” tolto. Il femminismo di oggi non si pone tanto la parità, quanto l’effettivo superamento dell’uomo. Una specie “super uomo” - o meglio una super donna – che può fare tutto… a patto che gli si lasci il tempo di non far nulla. L’importate – il nodo cruciale - per noi non è ottenere quanto rivendicare tutto il rivendicabile. Sì, noi vogliamo tutto. Vogliamo lavorare – ad esempio – ma al contempo vogliamo andare a fare shopping. Vogliamo anche essere madri (nostro sacrosanto diritto fisiologico), ma al contempo vorremmo lavorare (ovvero fare shopping). Vogliamo comandare il mondo, ma se la cosa implica troppe energie e troppo tempo quando ci andiamo dal parrucchiere, dall’estetista o a fare shopping? Vogliamo essere emancipate, ma ci incazziamo quando un uomo ci lascia pagare il ristorante (insomma, che fine hanno fatto gli uomini di una volta?) o non ci porta a fare shopping con la sua carta di credito. Vogliamo essere super, ma non appena qualcuno di dice “vai!” noi rispondiamo “eh, ma mica sono un robot?!”

Il punto è che noi siamo sempre dalla parte del giusto, per una questione di principio… In relazione a questo dogma, ogni cosa detta risulta una mancanza di rispetto per le donne. Sono esattamente queste le parole usate dalla Pollastrini, alla quale vorrei chiedere: “ma in quale condizione una donna può dirsi rispettata?” Io c’ho pensato e l’unica risposta che è giunta è stata: una donna si dice rispettata quando le si concede di fare quel che cazzo gli pare, e quando ne ha voglia.
Non sia mai, infatti, che ad una donna si faccia notare che “per caso” si è allontanata dal luogo di lavoro per fare la spesa. Guai serissimi, gentile amiche!!! Insomma, una donna ha il diritto di fare la spesa… se no i figli e il marito che cosa mangeranno?

Un’altra minchiata galattica è quella dei congedi parentali. Gli uomini all’asciutto di questa materia sicuramente non sanno che dal 2000 (legge 53) ci sono questi benedetti “Congedi parentali”, i quali però – e ribadisco “però” – sono ottenibili dagli uomini solo se la donna è disposta a concederli al marito. Il punto è che la donna non vuole: la maternità infatti – questo diciamo noi, anche in relazione al vantaggio di godersi il pupo – è una prerogativa a cui nessuna intende rinunciare, ma allora cosa cazzo sono stati inventati a fare?

C’è poi una questione alla quale vorrei che qualche lettore/ice rispondesse: ma perché quando la parità tra i sessi è sostenuta da una donna è emancipazione e quando, invece, è sostenuta da un uomo è maschilismo? Perché la parità dell’età pensionabile è vista come “un linguaggio vecchio e maschilista” (per usare le parole della Bindi… di certo più maschio di La Russa)?

A coronare il fronte delle proteste delle femmine da Montecitorio (speriamo in via d’estinzione… soprattutto se uguali alla Carfagna, ma ahimé c’hanno rifilato anche la Matera!) ci sono state quelle della Carolina Lussana della Lega, la quale è la sostenitrice del “mal comune mezzo gaudio” con frasi del tipo : “prendere un caffè o leggere il giornale sportivo non è un modo di assentarsi dal lavoro?” Certo cara la mia mentecatta, lo è… eccome, esattamente come leggersi Marie Claire e fare gossip al bagno delle ragazze. La stessa poi conclude con: “se pure fosse vero… fare la spesa non è assenteismo ozioso, come quello degli uomini.”

Dopo una battuta del genere a “questa” mi verrebbe voglia di seppellirla viva. Cazzo, come non averci pensato io stessa?! È un’argomentazione che non fa una piega. Da oggi in poi, infatti, consiglio a tutti indistintamente di assentarsi dal lavoro per fare palestra, o qualsiasi altra cosa che non comporti ozio. Insomma, l’importante è non essere pigri. Geniale, nevvero?!

Dopo questo tripudio di cazzate femminili, io spero che quella sagoma di Brunetta non si faccia intiepidire da quell’unico neurone “rosa-calendario di Max” al secolo Mara Carfagna.

A tutte le altre wonder women che devono ancora imparare a cucinare due uova, stirare un tovagliolo e mettersi il fondotinta come si deve, lancio un laconico: ma andate a cagare!!!

Amanda




mercoledì 25 marzo 2009

9 MARZO FOREVER


Ci sono anni molto strani, anni in cui il tempo sembra non passare mai. Ecco, io quest anno mi sono ritrovata questa spiacevole sensazione nelle tasche della più amara consapevolezza (Dio come sono alta,oggi! ndr.)

Quest’anno, infatti, diversamente dall’anno scorso – o del tutto uguale a l’anno scorso – mi sono trovata di nuovo a contare i centesimi dell’indifferenza… e, badate, non parlo di quella degli uomini; a quella, ormai ci siamo abituate. Mi riferisco infatti a quella delle donne verso le altre pari-stronze.

Che dire? Anche a questa, ahimé, ci siamo abituate, ma io pensavo che almeno per un giorno all’anno potessimo mettere da parte le nostre abituali competitività in favore di un ragionamento che il nostro status di donne “emancipate”impone. E invece cos’è successo? Nulla, nothing, nicht, rien, nada de nada.

Quest’anno, anche in concomitanza della promozione del mio libro, sono andata a Milano. La giornata era insolitamente calda e piacevole, le donne in giro per le strade (come tutti i giorni dell’anno) erano davvero tante, ma chissà perché andavano tutte per cazzi loro (Dio come sono bassa oggi!). Si, ok, quasi tutte tenevano in mano o sul bavero della giacca un ramoscello della mimosa, ma questo cosa cazzo c’entra con la festa della donna? (sto cominciando a raschiare il suolo dell’incazzatura) Non è che per comprare un mazzettino spelacchiato di mimosa bisogna aspettare l’8 marzo, eh?! Chi invece aspetta l’8 marzo sono proprio gli uomini. Loro sì che non si dimenticano mai di questa festa, fosse soltanto per attenderci in ogni dove con un ramoscello della suddetta acacia per lanciare l’ennesimo attacco al nostro amor proprio, proponendosi con cortesia e un filo di bava alla bocca per trattarci come principesse. Una volta l’anno, infatti, i più sensibili si svegliano un quarto d’ora prima, razziano l’aiuola più vicina, quindi s’avventurano in cucina facendo maialate inenarrabili maldestramente spacciate per “nouvelle cuisine del mentecatto” che poi addobbano su un improbabile vassoietto.

I meno sensibili invece ci attendono sui mezzi di trasporto con lo stesso ramoscello e la stessa bava, ma con una marcia in più: uno straordinario invito a cena in un lussuosissimo ristorante… che noi ovviamente declineremo in favore della classica goliardata tra donne che ci vedrà rinchiuse in chissà quale ameno locale malfamato a fare pompini allo stripper di turno infarcito fino alla punta dei capelli di Viagra.
Non starò qui a biasimare nessuna od a fare la morale… e d’altronde se i vostri mariti sono stati scelti su basi diverse da quelle fisiche, è perfettamente naturale cercare una cannuccia da ciucciare almeno una volta l’anno. Quindi lasciamo stare.

Quello che veramente mi ha colpito – ma a questo anch’io dovrei esserci abituata – è stata la totale assenza di voci. Milano era sì piena, ma di stronzette protese a spendere la paghetta del marito o la misera busta paga (invisibilmente decurtata di un buon 15 % rispetto agli uomini) nei negozi del centro. Per fortuna che il sindaco di Milano è una donna… perché altrimenti al posto dei musei aperti non avremmo avuto neppure quelli, ma solo il classico calcio in culo che tanto ci eccita per 364 giorni l’anno. Sì, dev’essere così, a noi la nostra condizione piace… ci piace davvero tanto. Ci piacciono le gentilezze, gli uomini che ci aprono la porta, che ci fanno regalini ogni due-per-tre, che ci mantengono. E se, santo iddio, ogni tanto ci danno qualche terapeutico ceffone, che problema c’è? E dunque perché modificare questo status quo? Se veramente le cose non ci piacessero, ci armeremmo di tutto punto e ci uniremmo a forza per dire la nostra. Ma che distratta – scusate – mi ero del tutto dimenticata che noi siamo solo in grado dire grandissime minchiate.

L’8 marzo 2009 penso che sarà ricordato per le cazzate della nostra cara Carfagna che con orgoglioso tailleur ci dice che adesso c’è una legge sullo Stalking (attenzione ragazze il discorso vale anche per voi) , ma soprattutto per la mega minchiatona cosmica del presidente dell’ANML (associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) Marco Fabio Sartori che in occasione del lieto evento lancia il progetto NOTE SCORDATE.
L’iniziativa è stata fatta ruotare sulla deplorevole sorte delle donne morte sul lavoro. La notizia, vi dirò, mi ha colto di sorpresa forse perché ho ancora nelle orecchie le urla di quei poveri disgraziati della Tyssen o di tutti quei bei maschietti che se ne stanno sulle impalcature a fare lavoretti che noi etichettiamo come “lavori da maschi”… (ma non stavamo cercando le pari opportunità?)
Storco il naso ma resto all’ascolto… e ci resto fino a che non scopro che in verità gli incidenti delle donne sono fortemente inferiori a quelli occorsi agli uomini, ma che il 70 % di coloro che hanno avuto un incidente lo hanno avuto non già sul lavoro, ma sulla strada per recarsi sul posto di lavoro.

Intermezzo spastico
No, perdonate, credo di non aver capito il nocciolo della questione… gli incidenti avvengo sulla strada??? Scusate, ma questo cosa minchia-cazzo-ano-vagina c’entra con le morti sul lavoro??? Non sapevo che la strada partecipasse all’incuranza del datore di lavoro o fosse complice dell’assenza degli estintori…

Spiegazione
Siccome mancavano studi inutili volti a dimostrare la discriminazione delle donne, qualcuno ha pensato bene di metterla sul tragico e di sollevare la questione circa la mortalità delle donne che vanno a lavorare, quando invece gli uomini usano il tele-trasporto per compiere lo stesso tragitto.
Il fenomeno è stato anche osservato per elaborare – non senza un esoso esborso da parte dei contribuenti – un piano o iniziative per arginare il fenomeno. Queste alcune proposte:
1 - la costruzione di Aree di sosta Rosa, in cui ogni avveduta lavoratrice potrà riposarsi grazie all’ausilio di esperti massaggiatori, coiffeur ed estetisti per le feste. Certi stress vanno accuratamente evitati!
2 - l’elaborazione di un nuovo orario di lavoro che prevedrà una riduzione dell’orario in favore di altre attività altamente remunerative come darsi il rossetto prima-durante e dopo le riunioni, fare un perentorio cambio d’abito tra mattina e pomeriggio quindi un riposino di mezz’ora ogni mezz’ora per evitare i fisiologici cali di attenzione. Dio non voglia che le rughe ci sconvolgano il make-up!;
3 - uno sconto del 70 % su prodotti probiotici a base di omega 3 che rafforzano le difese immunitarie e le risposte agli stimoli esterni quali sorpassi, parcheggi e pagamento dei pedaggi… tutte attività create ad hoc per discriminare le donne;
4 - l’uscita due ore prima dal lavoro, in modo tale da assicurarsi le strade tutte libere per fare i fatti propri anziché guardare quel cazzo di strada che si trovano davanti. Dicesi strada: quell’insignificante cosa nera con una striscia bianca (continua o intermittente) sui cui facciamo di tutto tranne che guidare.
5 - un tampax commestibile in dotazione a tutte le lavoratrici, così non dovranno costantemente fermarsi – almeno una volta al mese – in quelle lerce aree di servizio.
6 - una Pink-box con satellitare e salvavita Beghelli per quelle sciuprinate che non sanno cambiare una ruota, ma preferiscono farsi violentare da un rumeno qualsiasi piuttosto che sporcarsi le mani…. Oddio, che distratta, questa l’hanno già inventata. Sigh!!


Morale della favola: le donne, pur di sorpassare gli uomini, vanno anche a lavorare, ma spesso preferiscono non arrivarci.

Benvenuto 9 marzo!!!







sabato 7 marzo 2009

RAGIONE 7: AMIAMO RACCONTARCELA. SENZA AUTOCRITICA.


8 MARZO… STUPRO A PROVA DI AUDIENCE


… e ci siamo! Siamo giunte all’8 marzo del 2009.
Tra le tante discussioni fatte apposta per questa data memorabile, quella che più ha coinvolto gli italiani (e le italiane) in quest’ultimo periodo è stata la questione “Stupri”.

Non passa giorno che da qualche parte d’Italia non si consumi un atto così orribile. Ecco, da questo punto di vista, io sono assolutamente concordo: lo stupro va condannato senza SE e senza MA.

Detto questo mi affretto subito ad evidenziare che oggi stiamo assistendo ad una spettacolarizzazione dell’orrido. Già molto in voga nel tardo ‘800, intorno agli ’40 e ’50 aveva lasciato il passo ad un più compassato neo-realismo capace di tratteggiare la realtà dei fatti con misurata ostentazione, per riproporsi a noi sotto una veste nuova: lo scintillante abitino di paillette destinato alle grandi occasioni. Insomma, stupida e mentecatta chi non ce l’ha.

Di questi tempi, sulla scia del tam-tam degli ultimi (presunti) avvenimenti, c’è infatti chi si sta divertendo a cavalcare l’onda. È il caso di Christine Del Rio, ma sono pronta a scommetterci che non sia l’unica.

La ragazza, intervistata dalla D’Urso, racconta di essere stata segregata e violentata per 3 giorni. Strano a dirsi la notizia, si è inserita nel polpettone mediatico riscuotendo un notevole successo… insomma, è capitata al posto giusto al momento giusto. Toh, ma guarda che deliziosa coincidenza?!
Fermiamoci un attimo e cerchiamo di rifletterci sopra.

Mi sono spesso chiesta “se” e “quando” si può parlare di stupro. Lo so, la questione non si presenta affatto lineare, ma occorre cercare di capire le cose e questo soprattutto perché, tanto per cominciare, una cosa appare chiara: si parla di stupro solo quando è la donna a dirlo. Insomma, tutto dipende dalla percezione della donna… tutto dipende da come noi rielaboriamo quello che probabilmente è stata la scopata del secolo, o la più noiosa perdita di tempo.


Sulla questione stupri aleggiano più o meno una serie di stereotipi, fissi e granitici a tal punto da non consentirci una prospettiva oggettiva.


Il primo è quello che riguarda la natura delle vittime. Ecco, secondo questo schema, la donna è sempre la vittima e l’uomo è sempre il carnefice. E questo schema si ripete come una macchina perfetta in ogni situazione come una fotocopia non dissimile dall’originale, senza che nessuno ponga almeno un ragionevole dubbio su tutta la faccenda. In conseguenza a ciò, appare chiaro che solo la donna abbia da “perderci” e che sia solo l’uomo a “guadagnarci”. L’icona della vittima, ne converrete, ha poi un certo fascino: ispira quasi tenerezza e senso di protezione. Sarà per questo motivo che ci diciamo disgustate da questa pratica e immaginiamo acriticamente che se qualcosa è avvenuto è solo colpa dell’uomo, dei suoi bassi istinti e non già della qualità delle nostre mete. Noi donne sappiamo – e qui che gli uomini falliscono – che se è vero che l’uomo è cacciatore per indole, la donna è sicuramente puttana, perché sicuramente la voglia di figa del maschio e direttamente proporzionale alla voglia di cazzo delle femmine. Apriti cielo!!!

Sia chiaro qui non si tratta di far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, ma di certo asserire che tutti gli uomini siano violenti e che tutte le donne siano vittime, equivale ad un errore non del tutto dissimile a quello che potremmo commettere se ipotizzassimo il contrario.

Il secondo stereotipo – largamente abusato nelle culture cristiane – è quello che vede la donna pensare al sesso come mero strumento riproduttivo… il che è esattamente falso come asserire che gli uomini pensano al loro pisello solo per pisciare. Secondo questo modello iconografico, la donna – una volta messi al mondo i figli – ripristina in un certo senso l’antico verginale splendore di un tempo, sublimando tutti i propri umani desideri in magnifiche torte fatte in casa o in deliziosi manufatti ad uncinetto. Come dire che la realizzazione della donna corra sul filo della Cucirini Cantoni Coats e sugli etti di farina e uova biologiche, mentre gli uomini – non avendo personalmente prodotto nulla di significativo, se non un manipolo di girini impazziti – continuino imperterriti a cercare un contenitore vuoto da riempire ogni due-per-tre.

Altro stereotipo investe invece il set delle motivazioni addotte. Infatti, se una donna mente all’uomo “giusto” per farsi mettere incinta non commette nessun reato sull’uomo, mentre l’uomo che non ha nulla da dare se non una sana e goduriosa scopata ha il 99% di possibilità di essere denunciato come stupratore. In linea di massima, l’uomo è sicuramente stupratore se ha il conto in banca vuoto o se non ha un programma televisivo in cui farle fare la conduttrice. Visto che in Italia siamo fanatiche delle statistiche, proviamo a far mente locale sulla tipologia del violentatore-tipo. Direi che, senza stare lì a fare grossi studi, di solito si tratta di un extracomunitario/italiano e comunque di un nulla tenente. Se l’uomo corrispondesse una contropartita adeguata, la donna di certo non avrebbe di che lamentarsi. Insomma, chi sputerebbe nel piatto in cui mangia? Quante donne sono passate dal letto di altrettanti uomini per propri interessi? Non mentiamo su questo… abbiate il fair-play di non farlo, non è credibile. No davvero!!!
La prostituzione, il darsi a cottimo per raggiungere uno scopo, sconvolge solo i pii custodi della morale più oscena, o quei gretti puritani che preferiscono risolvere questo tipo di questioni in casa propria. Strano a dirsi, infatti, nessuno/a ammette di aver colto l’occasione d’oro e di essere arrivato/a solo in base alla proprio talento. Il talento, per quel che riguarda la mia personale prospettiva, oggi è cosa assai trascurabile… altrimenti non si capirebbe il proliferare di personaggi ameni che vantano zeri prima e dopo la virgola.

L’ultimo stereotipo è invece quello tipicamente femminile che riguarda il concetto di opportunità, ovvero del perché una donna si ritenga legittimata a denunciare l’atto come stupro. Al di là di tutte le possibili motivazioni, va precisato che – come in tutte le cose - è sempre la donna che decide. È la donna che decide “se” e “perché” si sia trattato di stupro, e l’onere della prova del contrario ricade sempre sul maschio. Il punto è , infatti, non tanto che la donna provi davanti ad un tribunale che sia trattato di uno stupro, quanto che l’uomo abbia le prove che non si sia trattato di questo.
La donna dal canto suo può infatti sfoderare un immaginario incredibile pari solo a quello di Tinto Brass. Stando così le cose, per esempio, potrei tranquillamente costruire la scena di uno stupro senza aver minimante esserne stata vittima… tanto i copioni sono tutti uguali. Nel volete una prova? Eccola!!!
Lei arriva al commissariato di polizia dopo essersi iniettata gli occhi con il profumato olezzo di una generosa cipolla bionda. Poi, fingendo, un opportuno singhiozzo, dirà alla psicologa del cazzo di essere stata abusata nel seguente modo: dopo aver accettato il passaggio da uno sconosciuto apparentemente gentile, è stata condotta in un boschetto e lì – senza alcuna possibilità di sorta – a dovuto subire violenza. L’en-plein viene realizzato con l’esibizione di una generosa macchia di sperma sulla mutandine o sul luogo delle presunte sevizie. E vissero tutti felici e contenti.


Ne sono certe, tutte/i coloro che credono ciecamente negli stereotipi testé enunciati, mi tacceranno per una donna cinica e poco sensibile. E d’altronde che ne so io dello stupro? L’ho mai provato personalmente?
Forse che si forse che no, ma una cosa è certa: in questi ultimi anni abbiamo stranamente imparato comportamenti bizzarri, primo fra tutti quello che ci fa piangere davanti ad un film, ritenendolo vero nel suo potenziale emotivo, ma che ci allontana al contempo dall’ipotesi che la realtà possa essere falsata. Insomma è del tutto legittimo che una persona reciti in un film, ma risulta paradossale che la stessa possa farlo nella realtà… e questo perché la domanda spontanea che viene è: perché mai dovrebbe o avrebbe dovuto farlo? Perché mentire?

C’è un interessante giallo di Agata Christie tradotto col titolo de “La serie infernale” che a mio avviso rispecchia pienamente la qualità dei miei dubbi. Ve lo riassumo brevemente: un misterioso serial killer appare attratto dall’idea di uccidere le sue vittime seguendo l’ordine alfabetico, collegando le iniziali delle vittime al luogo dell’omicidio; per cui la prima vittima si chiama Alice Asher e viene uccisa ad Andover, etc. Apparentemente le vittime non sono collegate tra loro se non dalla logica dell’assassino. Giunti al quarto omicidio, quello della lettera D, il mistero viene argutamente svelato da Poirot: in realtà, l’assassino non è interessato a tutte le vittime ma solo a quella le cui iniziali sono con la lettera C. Cosa succede in realtà? L’assassino per depistare la polizia nasconde un omicidio in mezzo ad altri, in modo tale che il movente non sia riconducibile che mentalità perversa di un pazzo.
Dove, infatti, si può nascondere una motivazione personale se non in mezzo ad un gruppo di motivazioni apparentemente uguali? E quindi dove si può mimetizzare un falso stupro se non in mezzo ad altri stupri? Ci vuol poco, lo sapete, a far passare una scopata per stupro… tutto dipende dal racconto che si fa di esso, e dalle similarità narrative con quelle di uno stupro reale. E d’altronde chi potrebbe provare il contrario? La risposta è: nessuno. Nessuno potrebbe controbattere.

Attenzione non sto dicendo che tutti gli stupri siano simulati, ma è anche vero che c’è chi ci sta sguazzando largamente in questa situazione caratterizzata da illogico allarmismo. E difatti, proprio in questo periodo di “allarme stupri”, che gli stupri appaiono aumentare quando sarebbe logico aspettarsi che in ragione di un ipercontrollo istituzionale questi tendano a diminuire. Non è legittimo pensare che se un ladro sapesse che in una certa casa c’è un allarme, sia implicitamente demotivato a compiere un furto?

E quindi proviamo a far quadrare il cerchio. Perché la signorina Del Rio viene a raccontarci la sua storia? Perché mai dovrebbe farlo, perché proprio oggi, perché proprio a noi? Vuole forse denunciare il (presunto) molestatore? Vuole forse farsi portatrice di un problema? No, nulla di tutto questo, e d’altronde cosa ne sappiamo noi. Per quanto ci riguarda la sua storia potrebbe essere stata inventata… né più né meno come la favola di Pretty woman; ci piace pensare che possa essere verosimile… che un giorno possa capitarci la stessa cosa. Da puttane a principesse. Il sogno di tutte.
Ma ahimé verosimile non significa mai vero… significa solo plausibile.

Una cosa invece è assolutamente vera: la signorina del Rio si è guadagnata uno spiraglio nell’affollato universo delle cretine pronte a tutto… e se sarà fortunata qualcuno la pagherà per tagliare il nastro inaugurale all’apertura di un supermercato rionale.

E dunque, evviva gli spogliarelli maschili, le pari opportunità e l’acacia!!! Le mimose si sono estinte all’inizio del secolo.

Evviva le donne! E non abbiatene a male se non mi unisco a voi.

Amanda

lunedì 2 marzo 2009

RAGIONE 6: LA NOSTRA INETTITUDINE E' IN AUMENTO



Non sappiamo neppure prepararci una valigia.
Lo strano caso di Nikita.



Le nostre nonne non sarebbero fiere di noi. No davvero.
Mia nonna Adele, era solita ripetermi che una vera signora – non una sgualdrina come ce ne sono tante – si vede da tre cose:
1 -da come si comporta al ristorante;
2 -da come si veste;
3 -da come si prepara per la valigia per le vacanze.


In quasi un secolo di evoluzioni acrobatiche femministe, molte di noi si dicono certe della “qualità” raggiunte in alcuni spazi del vivere. Così, ad esempio, per quanto riguarda i comportamenti da “ristorante” abbiamo assistito a rivoluzioni copernicane, tali per cui siamo passate da “sconvenienti” situazioni in cui Lui pagava il conto facendoci sentire delle merdine a “convenienti” situazioni in cui lui continua a pagare il conto facendoci sentire inferiori. Sì, lo so, non è cambiato gran che, ma almeno non ci siamo ridotte sul lastrico. Con quel che costano i ristoranti oggigiorno… Abbiamo inoltre appreso che non ha senso sollevare questioni di principio, soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi. I nostri, è ben noto, vogliamo sperperarli liberamente nelle boutiques piuttosto che donarli al Rifugio del mentecatto incapace perfino di prepararsi due uova al tegamino. Il risultato dell’intera operazione culturale ha un solo nome: mantenute. Ne sono consapevole, il tutto appare degradante, ma a noi piace… e ci piace ancora di più soprattutto se, una volta tanto, possiamo fingere (bravissime in tutto) di ammantarci di expertise nell’arte culinaria, ordinando i piatti più costosi del menù.

Vi è poi la questione del vestirsi. La moda – lo vediamo tutte - si è evoluta trasformandoci da gran dame a battone à la page… grazie ad uno stuolo di stilisti che ci hanno abituato a sentirci sensuali solo a bordo di scomodissime decolletè dal chilometrico tacco, di inguinali micro-gonne a rischio di estinzione della topa da riporto, di scollature a prova di polmonite-ogni-due-per-tre.
Per questo motivo, anche da questo punto di vista, la nostra signorilità nonché la nostra femminilità ha tirato le cuoia con largo anticipo rispetto a tutto il resto, evidenziando una certa attitudine al fallimento nelle attività di routinaria prerogativa femminile.
Se è vero, infatti, che gli stringenti corsetti dell’800 ci impedivano i movimenti più naturali – obbligandoci a statuarie posture in pieno stile “soprammobile di Capodimonte” – non è che adesso ci divertiamo a sperimentare nuove e sempre più avvincenti combinazioni yoga da passeggio. Per nulla, anzi direi che ci siamo aperte a nuove prospettive ermeneutiche sul significato della sofferenza, dell’alluce valgo, della congestione intestinale e della deambulazione strabica… molto poco professionale se non sui marciapiedi poco illuminati delle nostre città. Anche in questo caso, bisogna ammettere che anche il concetto di “vera signora” è stato tradito in favore di un più prosaico concetto di “adescatrice inconsapevole”. Forse.

Ed eccoci alla questione delle valigie. Le donne riguardo a questo argomento fanno sempre la parte delle gnorri, ovvero fingendo grandemente di non sapere, di non vedere… di non avere la forza per sollevarle. Gli uomini, per certi versi più pratici, hanno invece il polso della questione, anche perché di solito sono loro a portarle e a spostarle da un luogo all’altro non senza un piccola dose di curiosità variamente esprimibile nel classico: ma che cazzo c’hai messo dentro?
Questa frase nei secoli non si è modificata. Un tempo, infatti, i maschi da facchinaggio – sposati e non - erano soliti usare espressioni meno colorite, del tipo: “Perdinci, ma cosa cazzo vi siete portata appresso sua Signoria?”
Lo so, gli uomini, non sono mai stati creativi, e d’altronde cosa c’entra la creatività con la quantità di stracci che amiamo portarci in ogni dove?
Il problema, in verità, si correla ampiamente con il nostro livello di autostima, ormai giunto ai sottotacchi dei trampoli da cui non riusciamo più a scendere. Quello che veramente ci turba e ci espone a frequenti crisi di isterismo è l’ipotesi, anche remota, di non avere l’abito giusto per ogni occasione. Di solito infatti, in prossimità delle vacanze – non importa in quale ameno luogo di villeggiatura – cominciamo a fare una lista di possibili eventi non pianificabili in cui potremmo imbatterci. Quella che segue è la lista-minima approvata dal Comitato per la salvaguardia dell’autostima delle cerebrolese del terzo millennio:
- incontro spirituale col Dalai Lama
- incontro intimo con Rocco Siffredi
- incontro spazio-temporale con la nostra compagna delle scuole elementari
- incontro annichilente con la nostra portinaia
- incontro “8 marzo” con Mara Carfagna
- incontro lesbico con Maria De Filippi
- incontro efficiente con il ministro Brunetta
- incontro salottiero con Bruno Vespa
- incontro glamour con Anna Wintour
- incontro filosofico con Immanuel Kant
- incontro a sorpresa con Osama Bin Laden
- incontro mistico con Bernardette
- incontro culinario con Antonella Clerici
- incontro religioso con Suor Germana
- incontro scassaminchia con Alda Deusanio
- incontro preveggente con Solange
- incontro deprimente con Gisele Bundchen
- incontro molto deprimente con Gisele in compagnia di Elle Mc Pherson
- incontro deprimentissimo con le prime due sul set del Calendario Pirelli
- incontro infantile con Cristina d’Avena
- incontro molto infantile con Cristina d’Avena ed Elisabetta Viviani
- incontro vantaggioso con Donald Trumph
- incontro molto vantaggioso con Donald in compagnia di Bill Gates
- incontro vantaggiosissimo (al limite della botta di culo) con Donald, Bill e il sultano del Brunei
- incontro sfigato con i primi tre in compagnia della Bundchen e della Mc Pherson

Spero di non aver dimenticato nulla. Ah si, il beautycase. Adesso c’è proprio tutto.
Insomma, lo capite benissimo, non ci si può far trovare impreparate… nossignore. E poi, cosa penserebbero le compagnie aree se ci presentassimo al check-in con un paio di bermuda, un top e un tampax? Va bene il senso pratico, ma al miracolo non siamo ancora pronte.
Ad ogni modo, sebbene il nostro grado di accuratezza in questi casi sfiori la perizia certosina, si sono verificati casi di imperdonabile inettitudine. È questo il caso di Nikita.

Il suo nome, ai più sconosciuto, ci riporta a qualche settimana fa, e precisamente al 23 febbraio scorso. Nikita, donna felicemente sposata con un grosso immobiliarista specializzato nel “mattone facile”, aveva da poco saputo con suo sommo piacere che, dopo anni di continue preghiere, Gabriel – suo marito – aveva deciso di regalarle il viaggio dei suoi sogni: un lungo soggiorno all-inclusive in quel di King Bibble, le magnifiche isole sperdute della Polinesia Francese.
Dopo le prime estasianti attestazione di gratitudine per quell’inatteso regalo, Nikita realizzò ben presto che un crescente disagio stava prendendo il sopravvento nel suo nobile animo. Insomma, a chi avrebbe lasciato le sue perle di ragazzini? Quante valigie avrebbe dovuto comprare? Ma soprattutto cosa avrebbe dovuto metterci dentro?
Alla prima domanda rispose subito, ipotizzando una spedizione punitiva nella casa materna dove si sarebbe assicurata la felice permanenza dei figli.
Alla seconda domanda, invece, i nodi cominciarono a venire al pettine. Insomma, in certi posti ci si va una sola volta nella vita. E poi, chissà che personaggioni le sarebbe capitato di incontrare, chissà a quante feste sarebbe stata invitata? Chissà quanti corteggiatori… chissà quanto tutto.
Per fortuna che aveva scaricato la lista per tempo così una parte del panico svanì rapidamente in quel camion di valigie che le furono recapitate il giorno seguente al suo indirizzo di casa.
Dopo aver ripetutamente controllato la check-list del necessaire per il viaggio, Nikita sprofondò nuovamente in una deriva di pensieri aberranti tra cui il classico: e se dimentico qualcosa? “Dio non voglia” ripeté tra sé e sé. Lo sapeva che se avesse dimenticato qualcosa non se lo sarebbe perdonato, senza che contare che la vacanza ne avrebbe risentito.

La notte del 22 febbraio, dopo vari tentativi di addormentarsi, la nostra eroina crollò in un sonno a dire il vero contaminato da incubi ad occhi aperti… primo fra tutti quello che la vedeva improvvisamente “disturbata” nella sua magnifica vacanza da presenze non contemplate nella “lista minima”. Insomma, e se veniva a farle visita Gorge Clooney o Brad Pitt? E perché no il Sindaco di Roma, o mr B in compagnia di Mrs B? E poi c’era sempre l’incognita Paris Hilton…
La mattina seguente, mentre era tutta presa dagli ultimi preparativi e tutto pareva volgere a nevrotica conclusione, la sorte le regalò una ghiotta occasione per mettere definitivamente a nanna le ansie dell’ultima ora: la visita inaspettata dell’unica persona non contemplata nella lista. Il suo padrone di casa. Quando aprì la porta, facendosi varco tra le colonne di valigie già bell e pronte per l’espatrio, si trovò di fronte proprio il signor Santini – nipote del celeberrimo prestigiatore newyorchese.
- “Buongiorno signora Nikita!” aveva biascicato mollemente appoggiato col gomito alla porta “siamo di partenza, eh?!”
Lei rimase a fissarlo lungamente, cercando con la mente una risposta adeguata a quella che appariva un sottile presa per il culo. Poi esordì: “No, mi sono stancata degli armadi… sa, pesano troppo e non entrano nel bagagliaio dell’auto! Ah ah ah…”
Lui, di rimando, rise di gusto, ponendo in evidenza una magnifica protesi dentaria in oro 18 carati con diamantino applicato al canino destro. Poi, assecondando l’humor uterino di quella donzella dalla pettinatura relativistica, ribatté: “posso darle una mano…”
- “Venga al dunque signor Santini, sono di fretta… devo farmi la messa in piega e l’universo si sta sgretolando sotto i nostri occhi… “
- Suvvia, ma come… arriva il padrone di casa e lei non gli offre nemmeno un bicchierino e un assaggio di buona conversazione sui Principi del metodo per l’apprendimento della lingua latina? suggerì accomodandosi sull’unica seggiola disponibile, accavallando le gambe in pieno stile bovaro delle Langhe in preda a selvaggi istinti sessuali.
- “Senta, signor Santini” puntualizzò, cercando di contenere le prime avvisaglie di psicosomatico istinto omicida “ho da fare… e di certo non è il momento giusto di dissertare su César Chesneau Dumarsais… oltretutto, la discussione appare monca se non si tiene conto dei suoi contributi epistemologici ben evidenziati nel Trattato sull’allegoria, in cui tenta di costruire una teoria filosofica sul linguaggio figurato…”
- “Lei mi prende per la gola… ma lo sa che potrei parlargliene per ore e ore? Settimane direi!”
Nikita non rispose, guardò l’orologio, si aggiustò la scomposta acconciatura… si guardò le unghia, e con un’inusuale flemma, si pronunciò in tal guisa: “Signor Santini, Giovanni, mi ha convinto… non avevo una conversazione così eletta dalla notte di nozze. Cosa le porto: caffé, tè, Anisette, infuso di biancospino, Karkadé…? Abbiamo tutto in casa! Faccia come se fosse a casa mia… ah ah ah…”
Quando tornò dalla cucina, Nikita pareva rinata: una fonte di luce le attraversava gli occhi, il suo make-up si era fatto perfetto e il suo deambulare aveva iniziato ad assumere un che di sensualmente provocatorio. “E allora Giovanni – ehm Signor Santini - che ne pensa di una vacanza in Polinesia? Potremmo starcene da soli, io e lei soli soletti… a parlare anche delle teorie di Wittgenstein sulla relatività del linguaggio…”
- “Beh veramente” tentennò “proprio oggi, avrei da fare… una riunione di condominio. Oh ma quanto mi piacerebbe!”
- “Ma su venga…” insistette suadentemente.
- “Non posso. Non insista… adesso devo andare”
- “E io dico di sì… e non accetto di essere contraddetta!” e così dicendo lo colpì col matterello per pasta e dolci fatti in casa in piena testa, provocandogli una ferita lacero-contusa difficilmente sanabile se non con un trapianto di scatola cranica.

Quella sera, con perfetto tempismo sulla tabella di marcia, Nikita e Gabriel si presentarono al check-in dell’aeroporto. Lei vestiva in pieno stile Jackie Onassis: fularino Hermes, tubino in shantung di seta ecrù e decolletè con tacchetto di sei centimetri dello stesso colore del rossetto. Lui, invece, indulgeva in uno stile Yacht 25 metri.
- “Qualcosa da dichiarare?” aveva chiesto la hostess.
- “Nulla… nulla!” si affrettò a rispondere Nikita.
Poi improvvisamente un lampo di terrore le attraversò il volto. Un’immagine del passato le stava tornando vividamente alla memoria con la stessa forza di un tappo esploso da una prestigiosa bottiglia di Chateau Lafitte del 1959: le risate grasse delle sue compagne di asilo nido allorquando si accorgevano della scia di sugo di arrosto che fuoriusciva dal panierino.
- Cazzo, no…il Domopack!!! Bestemmiò senza ritegno davanti all’ufficiale che aveva seguito argutamente quella strano strascico rosso sangue di tipo “B negativo”.
Gabriel si bloccò di colpo, sbirciò con la coda dell’occhio quello zig-zag dietro di sé, e senza scomporsi, affettuosamente sentenziò: “si tesoro, hai ragione… me lo sentivo nelle ossa… lo sapevo che ti saresti dimenticata qualcosa. Non ho parole… la solita inetta. Tutta tua madre!”













venerdì 13 febbraio 2009

RAGIONE 5: PRENDIAMO LA PAROLA SEMPRE AL MOMENTO SBAGLIATO





Eluana si è spenta – nonostante l’intervento del divin cazzone nano. Da un paio di giorni a questa parte è tutto un fiorire di riflessioni, critiche e invettive. Ogni schieramento ha prodotto la sua opinione ed io tranquillamente mi ci pulisco il culo… anche perché l’etica – da che mondo è mondo – esce dalla bocca dei politicanti? Proprio loro che dovrebbero solo vergognarsi di aprir bocca tanto sono immorali nei loro comportamenti opportunistici.

E vabbé, ci siamo abituate… noi donne, intendo: ogni volta che c’è veramente qualcosa di importante da dire ce ne stiamo zitte, come inebetite davanti al millantato sconto di un paio di fasulle ciabattine griffate.

La cosa strana è che magari fino al giorno prima ce ne stavamo lì a far prendere aria a quella cavità vuota a perdere.

Quel "CERVELLO" dice che Eluana potrà perfino partorire e nessuna si scomoda a ricordargli che l’unico necrofilo autorizzato ha partorito 5 manager rampanti in casa Mediaset… perché, diciamocelo, senza troppe sottigliezze: Veronica da tempo ha cominciato ad assomigliare ad un utero in affitto… perché di certo staccare la spina ad Eluana è immorale e poco cristiano, mentre ingravidarla da morta è un gesto di grande umanità e cortesia. Fermo restando che – fortunatamente - non potrà rivolgersi a nessun avvocato per tentato stupro. Silvio sei un mito… Peccato che tu sia ancora in vita… potresti assurgere all’immortalità dopo una cazzata del genere.


Lo so, forse gli argomenti etici e morali non sono per noi; a noi basta solo una copia di Novella 3000 o assistere ad Amici per dare senso alla nostra esistenza. Ma non dobbiamo disperare, in questi giorni di frastuono mediatico Santa Valeria – per gli amici Lolly – approfitta del nuovo ed appassionato slancio mistico per rivelarci la notizia dell’anno: quest’anno, oltre a non sposarsi e a non entrare in politica (ci manca solo che parlassero anche dei nuovi reggiseno) dice che vorrebbe dedicarsi agli altri… come Maria Teresa di Calcutta.


Leggo e rileggo la notizia convinta di qualche errore tipografico molto simile ad un embolo nel cervello del redattore, poi ogni dubbio sparisce. La nostra amica, dopo aver cercato di compiere il miracolo di vendite delle sue lingerie da sexy shop, tenta la carta del santo burrone da cui lanciarsi in preda ad una involontaria amnesia.

A lei, alla santa dal sacro silicone, rivolgo un’accorata preghiera: Cara tu, ma non pensi di esserti dedicata a sufficienza agli altri? Non pensi che sopportare il fringuello flaccido di Cecchi Gori basti già per attivare il processo di beatificazione?

Ma lasciamola stare, poveretta lei; dissertare sulla Marini è come sparare sull’ambulanza a un metro di distanza. Lasciamo stare anche la Veronica dal bicchiere facile, lasciamo stare anche la Ventura che non si pronunzia, lasciamo stare la Carfagna che non ha accennato nemmeno un guaito, la Santanché che spera solo che suo figlio non sia gay… e lasciamo stare tutte le donne che in questo frangente avrebbero potuto dire la loro, ma che hanno preferito abdicare in favore dell’ultima sfilata milanese.

Ancora una volta, avremmo potuto prendere la parola e non l’abbiamo fatto.


E continuo a chiedermi perché?

giovedì 5 febbraio 2009

INTERMEZZO INCAZZATURA COSMICA...


Buongiorno a tutti/e,

oggi non ho le mestruazioni, ma l'incazzatura ha smesso di correre .... per iniziare a volare per lo spazio profondo, fino alla villa di campagna del dr Spok.


Ma in che CAZZO di paese siamo?

Domanda retorica di questi tempi, lo so. Me ne rendo conto.


Insomma, Berlusconi a bordo del suo Alzheimer frammisto ad "un'inconsueta onnipotenza", ha deciso di fare Dio e di violentarci ulteriormente con la sua merdosa etica da venditore porta-a-porta.


Ma chi è costui? Cosa vuole?


Cosa avrebbe voluto Eluana? Cosa avrebbe voluto per sé, intendo? Non ci è dato saperlo, ma sembra che questo a Berlusca-Dio non freghi un cetriolo ammuffito.


Ci mancava soltanto che, dall'alto dei suoi tacchi, ci dispensasse queste minchiatine di perbenismo retorico-catto-nazional-popolare.


Sono rimasta basita.


Ma un uomo così perché non lo internano vita natural durante in una clinica tricologica... ? Così finalmente potrà coltivarsi il suo orticello in testa senza farci vomitare ad ogni sua apparizione con quella serra di capelli che sta facendosi crescere, illuso com'è, che nessuno se ne sia accorto.


Caro Cavaliere, scendi da cavallo e va a suonare l'arpa!!!

Caro signor Englaro, se lei la smettesse di farci vedere quelle foto di Eluana (cosi bella, una volta) e ce la facesse vedere - così com'è - nel suo cadaverico pallore forse tutto sarebbe diverso.

Eluana, perdonaci!!! Abbiamo fatto fuori tutta la nostra umanità.

domenica 1 febbraio 2009

RAGIONE 4: NON FACCIAMO MAI LA COSA GIUSTA

Barbie e Carfagna. Due donne, un destino.
Il 9 marzo 2009 il mondo cerebroleso festeggerà i cinquant’anni della Barbie mettendosi in testa un una cofana biondo platino leggiadramente accessoriata da magnifico fiocco rosa. Quanto saremo carine… e d’altronde mamma ci ha sempre voluto così, no?

La notizia – vi dirò - sarebbe passata in sordina se non mi fossi soffermata a pensare a tutti i guai che questa sgallettata in lattice c’ha fatto passare in tutto questo tempo.

Intendiamoci, non ho alcuna idiosincrasia nei confronti dei manufatti in lattice di 22 cm, ma il solo fatto che ella non vibri, in un certo qual senso, mi rende perplessa… anzi direi frustrata. Insomma qual è il suo reale significato nella nostra vita? Perché proprio 22 cm? Perché mai fin da piccole hanno continuato a regalarcele? Ma soprattutto, perché ancor oggi ha tanto successo?

Lo so, avrei fatto prima a verificare l’esistenza di Dio, ma oggi sono a casa malata, ed essendo auto-lesionista, ho deciso di tentare il suicidio. Almeno quello intellettuale, intendiamoci.

La prima volta che m’imbattei nella Barbie fu all’età di cinque anni. A cinque anni le bambine sono tutte più o meno uguali, ma decisamente tutte inesorabilmente piatte, tendenzialmente bruttine e grandemente confuse.
Non c’era molto da fare: le tette prima o poi sarebbero cresciute e la patatina avrebbe cominciato anch’essa ad avere i suoi pruriti. Non mi era chiaro perché mamma me l’avesse regalata, ma poi compresi che tutto faceva parte dell’educazione sentimentale da interiorizzare come schema di comportamento per i prossimi trent’anni.

Non so i vostri, ma i miei giochi vertevano soprattutto sul vestirla e rivestirla in concomitanza con i magnifici eventi di vita quotidiana che mi creavo nella mente e che poi scoprì che non sarebbero mai divenuti reali. Nella fattispecie, si trattava sempre di eventi mondani: feste, serate romantiche, balli… o comunque tutto ciò che esigeva dieci metri di tulle e un coroncina in testa.

Fortunatamente, i tempi sono passati e hanno inventato le veline: manufatti in lattice che danzano semivestite (notate l’arguta contrapposizione concettuale… non ho detto “seminude”) che non aprono bocca neppure quando le fanno diventare ministre delle pari opportunità.

Vi starete chiedendo perché abbia virato a 180 gradi su quella “cosa” anoressica che blatera a fasi alterne sgranando gli occhi come un’allupata?
In effetti, stavo per illuminarvi sui mille modi per attuare un genocidio di massa nei confronti di quelle bambolette nemmeno buone spolverare le nostre cavità uterine (vedi foto in alto), quando ad un tratto fui rapita da un’interessante discussione parlamentare su Radio Radicale.

Come ben sapete, in questi giorni la Mara dal digiuno coatto (sindrome da top model senza tacchi dati in comodato d’uso al Cav) si è pronunciata sullo Stalking… sulle persecuzioni telefoniche, per dogma, ad opera degli uomini.

Tra le mie lettrici c’è sempre una fan della Carfagna e stavolta mi prendo la licenza poetica di anticiparla: quando una donna ha raggiunto i suoi obiettivi personali, si stanca dell’interesse dell’uomo e la percepisce come una violenza. Chissà, quindi, se gli uomini potrebbero denunciarle a loro volta quando “scassaminchiamente” li tartassano telefonicamente per ottenere quel paio di scarpe viste nella vetrina di Gucci o la pelliccia di rat musqué?

Il punto su cui volevo portarvi è invece un altro. Quando una rappresentante del PD le ha chiesto perché avesse tolto dall’emendamento il riferimento agli stereotipi di genere veicolati attraverso i media, ella non solo non ha dato una risposta (tacere è il suo sport preferito), ma ha affermato che stava facendo il suo lavoro. Il suo lavoro?!
Si, stava facendo il suo lavoro: stava leccando sapientemente i piedi fetidi di quel nanerottolo che le aveva dato una poltroncina rosa-pastello per tenersela buona, a portata di…

È anche sin troppo facile asserire che il problema della violenza sulle donne risieda nelle telefonate insistenti degli uomini, e non già nella qualità delle immagini che le riguardano… soprattutto se veicolate “guarda caso” dalle TV del suo signore e padrone (a proposito di emancipazione!!!).

Il problema degli stereotipi sulle donne, sembra infatti per la Carfagna una questione assolutamente banale… e d’altronde che colpa ne abbiamo se i nostri modelli di identità fanno tutti rotta verso quelle gran troie che si vedono ovunque e che continuano a imperversare nell’etere? Che colpa ne abbiamo se siamo così sensuali da provocare ormonalmente un uomo da mattina a sera per poi castrarlo ad ogni piè sospinto? Che colpa ne abbiamo se gli uomini non ci rendono- pan per focaccia – la stessa cosa?
Che colpa ne abbiamo, infine, se tutto attorno a noi continua rimandarci l’immagine di una battona in cerca clienti paganti? Vorrei sapere, cara Carfagna perché lei è cosi talmente ottusa sulla questione, o forse cosi affezionata alla poltrona da non voler vedere l’origine dei problemi?

Lo stereotipo è un fattore culturale, e di certo quelli che pesano sul suo culo e sulle sue tette “castamente” sparse nel web forse le potrebbero dare qualche utile indicazione. Lei spesso si è lamentata dicendo che viene “trattata” così solo perché è una bella donna, ma è sicura che si tratti di questo e non già del fatto che si tratti di una bella donna in pose e comportamenti da troia in cerca di cazzi?
Ovviamente queste non erano le sue intenzioni… no, lei voleva fare solo alcuni scatti per il calendario della CEI… o per il gruppo di preghiera di Maria Teresa di Calcutta.

La questione è che gli stereotipi – come lei ha avuto modo di sperimentare sulla sua pelle – sono difficili da modificarsi, ma lei davvero non fa nulla in tal senso. Certo, se gli uomini se ne andassero col pacco in bell’evidenza o con i kilt che lasciano intravedere il pisello… certamente questo sarebbe scandaloso, contro la morale e provocherebbe non poche reazioni nelle donne assatanate di cazzo da mattina sera. E forse a quel punto gli esseri più dotati sarebbero bersaglio di telefonate ossessive da parte di donne che lo vogliono… e a questo punto le toccherebbe rivedere il disegno di legge-bufala che si appresta a varare…

Sarebbe interessante se anziché impegnarsi cosi blandamente su una legge cosi stupida lei non abbia l’illuminazione di correggere il tiro della nostra educazione, cominciando ad esempio a boicottare queste tardone in lattice, il rosa dai nostri armadi, la dolcezza dai nostri visi, la presunta innocenza dei nostri comportamenti, la dogmatica ragione dai nostri discorsi, i concorsi di bellezza, le trasmissioni dove si risparmia sul tessuto dei costumi delle fighette all’aria? Perché una volta tanto non mette in moto il cervello su qualcosa che ne valga la pena? Ma soprattutto, perché non la smetto con queste domande retoriche?
È sempre a questo punto, infatti, che solitamente il popolo delle Libertà (e ti pareva?!) porta avanti il suo solito, insulso, stendardo: la libertà. Questa parola ha cominciato da tempo ad avere un suono strano per me…

Che posto è un luogo in cui tutti siamo liberi? È forse un luogo felice? Che luogo è una strada dove le donne sono libere di vestirsi come troie e gli uomini sono interdetti da comportamenti naturalmente leciti? Ve lo dico io, è soltanto il luogo ideale in cui continuare a fingere di essere il sesso debole, in cui essere discriminate perché certe che tutto il mondo con velata indulgenza si occuperà di noi e dei nostri falsi diritti, il luogo dell’opportunismo… e dell’allevamento di tutti quei coglionazzi infarciti di storpiate immagini vecchie come quella Wilma Flingstone. Osso in testa compreso.

Io credo, ahimé, che la risposta risieda nel fatto che noi donne abbiamo fatto la nostra scelta… abbiamo scelto di seguire Barbie, diventare veline, emulare gattemorte, apparire indifese e deboli… e di ambire a fare le ministre senza portafoglio. Non c’è nulla di male in questo, ma santo Iddio smettiamola di piagnucolare: le lacrime si sciolgono rapidamente e le macchie di mascara fanno pugni col nostro vestitino rosa.

E adesso lasciatemi nel mio dolore…vorrei attaccarmi ad un tenda e piangere drammaticamente… vorrei, ma non posso; l’unica cosa che vorrei fare al momento e attaccare la spina a quella cazzo di sedia elettrica e farne un posacenere. Rosa ovviamente.

domenica 25 gennaio 2009

RAGIONE 3: I NOSTRI TRAGUARDI FANNO ACQUA DA TUTTE LE PARTI. ANZI LATTE!


Aiuto, è tornato il KKK!!!!
Ci sono cose - cose terribili intendo, anzi direi “innominabili” - che al solo sentirne l’odore ci riportano indietro nel tempo procurandoci ferite difficili da sanare. Anche un solo acronimo basta ad azionare questo terribile meccanismo psicologico.

Questo cari amici è successo a me quando, navigando su internet, mi sono imbattuta sulla temutissima KKK.

Per chi non lo sapesse, questo acronimo sta per Ku Klux Klan, ovvero il movimento razzista che in particolare nel sud degli Stati Uniti, intorno agli anni '50 e '60, terrorizzò la gente di colore con assassinii, violenze, soprusi e prevaricazioni. Di fatto il KKK si opponeva al movimento dei Civil Rights, che attraverso una forte sensibilizzazione dell'opinione pubblica, affermava la parità dei diritti tra bianchi e neri e contro la loro segregazione che di fatto era considerata lecita nel paese. Grandi opinion-leader come Malcolm X e Martin Luther King, pagarono il loro coraggio con la morte. Ma con i loro discorsi e le loro azioni, riuscirono a svegliare la coscienza di milioni e milioni di bianchi degli Stati Uniti D'America, che appoggiarono la popolazione nera per affermare l'uguaglianza e garantire pari diritti a bianchi e neri.


Ottima partenza, direte, ma cosa c’entra tutta questa pappardella copia-incollata da Wikipedia con la tettona in calce?

La risposta è: assolutamente nulla… salvo per il fatto che KKK è anche la misura di quel prodigio archi-tettonico che le regge quel paio di tonsille infiammate. Cosa? Come? Ah, non sono tonsille?

Urca, avete ragione… che sbadata, trattasi in realtà di una coppia di aerostati lanciati dalla NASA per il controllo del testosterone sulla globo terrestre. È questo oppure sono soltanto un paio di tette… e più precisamente le tette di Sheyla Hershey.


Brasiliana, 28 anni all’anagrafe (27 in meno al centro per la misurazione del QI) Sheyla è salita sul gradino più alto dell’ambitissimo Guiness dei “Primati”… si, insomma degli uomini scimmia. Sapete, quelli col pelo, con la clave e la caverna a conduzione familiare…

Beh, ecco lei “La cosa” ce l’ha fatta!!! Dopo “solo” 8 operazioni (di certo moltiplicazioni. Le radici quadrate nessuno è più capace di svolgerle. ndr) è riuscita a raggiungere la KKK, ossia una coppa tre volte extra large, ovvero XXXL, oppure XL XL XL, oppure XXXLLL. Detto in altre parole il suo seno è per il 50 % completamente di silicone… ed ha la forma di una schedina del totocalcio. La misura del suo seno è infatti una “tredicesima” (notate l’arguto gioco di parole, eh! Ah ah ah… e su, ridete!!!).

Cara la mia povera, dolce, coglionazza, oltre alla smisurata sequenza di orgasmi multipli auto-prodotti dal guardarsi allo specchio, adesso avrà anche un paio di zavorre da portarsi dietro vita natural durante.

Questo semplice “effetto” di certo Miss-sento-una-vacca-ipertrofica non l’aveva mica considerato. Ma allora a cosa “non” avrà pensato ESSA all’atto della sottoscrizione del contratto chirurgico che avrebbe sollevato i medici da qualsiasi responsabilità in caso di eventuali reclami? Questo noi non lo sappiamo.


Ah, com’è vero, com’è inesplorabile la mente umana, com’è complessa la materia grigia… Si, non si può mai essere sicure di cosa possa passare nella mente di una donna… ma noi questa volta lo sappiamo: nulla. Dicesi nulla, uno spazio vuoto sfortunatamente attaccato ad una vagina. Tranne alla mia, perché io – lo confesso - da tempo ho fatto richiesta per diventare amorfa come la Barbie. Ma non ditelo in giro, potrebbero citarmi in tribunale per emulazione fraudolenta. Quando si dice che la vita imita l’arte!


Ma torniamo a Sheyla, e a tutte le donne che modificano se stesse, perché – ne converrete - non si tratta del “quanto” grandi siano le tette, le labbra e le altre labbra, quanto del “perché” si ricorra a queste modificazioni.

Per quanto mi riguarda, infatti, Sheyla e la Parietti pari son… e, vi dirò, per me potrebbero anche rotolare anziché camminare. Sono invece curiosa di capire la “meta”, l’obiettivo che frulla random nella testa (avete visto, non usato più “mente”) di una donna come Sheyla. Questa è la mia ipotesi.

Ad occhio e croce, considerando la scarsità di sinapsi dotate di senso, essa deve essersi morbosamente attaccata ad una serie di luoghi comuni che tanta poca fatica ci fanno compiere in termini di ginnastica intellettuale.

E difatti, quando non sappiamo che dire, sapete in uno di quei classici momenti di palese imbarazzo – tipo in ascensore in compagnia di uno sconosciuto – siamo solite dire cazzate del tipo: “che tempo oggi!!! Non sai mai come vestirti. E se piove, e ti copri, magari dopo mezzora viene fuori un sole tremendo e sudi come una scrofa”.

Altre invece si limitano a spippolare col cellulare facendo finta di ricevere improbabili telefonate erotiche del tipo: “bambino cattivo, appena ti vedo ti dò le tottò sul culetto… e poi giochiamo alla Gelmini e al provveditore agli studi… mmm, siiiiiiii”.

Altre ancora, sospinte dal desiderio di fare bella impressione, colgono l’occasione per fare conversazione “colta” su argomenti di sconfortante attualità, del tipo: “La teoria endosimbiontica fu articolata per la prima volta dal botanico russo Konstantin Mereschkowski nel 1905. Mereschkowski era già a conoscenza del lavoro svolto dal botanico tedesco Andreas Schimper, che, avendo osservato nel 1883 come la divisione dei cloroplasti nelle piante verdi ricordasse quella dei cyanobacteria, aveva proposto (in una nota a piè di pagina) che le piante verdi derivino dall’unione simbiotica di due organismi. Nel 1909 lo Zoologo Umberto Pierantoni formula la teoria della simbiosi fisiologica ereditaria. Successivamente, Ivan Wallin estese l’idea di un’origine endosimbiontica anche ai mitocondri, nel 1920. Tutte queste teorie furono inizialmente tralasciate o confutate. Analisi più dettagliate di cianobatteri e cloroplasti, effettuate grazie al microscopio elettronico, e la scoperta che i plastidi e i mitocondri contengono un proprio DNA (che fu riconosciuto come il materiale ereditario degli organismi) portarono a una rivalutazione della teoria negli anni Sessanta L’ipotesi endosimbiontica fu esposta e diffusa da Lynn Margulis

Di solito questa viene accoppata tra il secondo e il terzo piano di un qualsiasi stabile. Anche in assenza dell’ascensore.


Ma la nostra ragazza bovina non fa nulla di tutto questo. No, lei se ne resta zitta zitta per tutto il tragitto meditando … e continuando a meditare. E fa questo per almeno un paio di mesi, fino a quando la sinapsi giusta – stanca di rimbalzare a vuoto – produce un’intuizione formidabile: l’unico modo per evitare imbarazzanti silenzi in ascensore è quello di occupare tutto lo spazio disponibile nel suddetto cabinotto.


Cazzo, la ragazza è sveglia!!! Non c’è che dire, Ma il progetto è più facile a dirsi che a farsi. Infatti, dopo essersi iscritta alla facoltà di architettura, preso una specializzazione in domotica, comincia a comprendere che l’idea di un ascensore mono-uso è impraticabile. Nessuna azienda sana di mente l’appoggia… e dopo vari brevetti caduti nel dimenticatoio, giunge alla soluzione delle soluzioni.

In gergo viene detta “la variante islamica” che recita: “se Maometto non va alla montagna, è la montagna che va da Maometto.”

La frase comincia a rimbalzarle nella testa… e rimbalza e rimbalza amleticamente quasi come un’ossessione: Maometto o non Maometto? Maometto o non Maometto?

Passano i mesi, gli anni e finalmente quell’iniziale dubbio le rivela la soluzione.

Dopo anni di sofferte meditazioni, il dubbio si era trasformato… da “Maometto a non Maometto?”, a “ma o metto o non mo metto?”, e la risposta giunse definitiva: mo metto, mo metto!!!



E così - salvando capra e cavoli, con la botte piena e la moglie ubriaca, tanto va la gatta al lardo… - la nostra Sheyla con soli 2 kg di silicone risolse il problema di una vita. Infatti dopo l’ultima operazione, non vedeva neppure i fianchi.

Melius abundare quam deficere, si direbbe in questi casi. Ma io continuo a chiedermi perché non esportiamo questo concetto anche al cervello?


Certe questioni sono destinate a non ricevere risposte. Ahimé!

Amanda

martedì 20 gennaio 2009

RAGIONE 2: PRENDIAMO SEMPRE LE STRADE SBAGLIATE




La carriera delle donne è solo una questione di botta di culo. E chi più ne ha, più ne metta.


Sono lont-ani i tempi in cui Cicciolina e Moana Pozzi fondarono il Partito dell’amore. Ve lo ricordate? Nelle buone intenzioni di quegli “ani multi uso” c’era infatti l’intenzione tardo-romantica di riesumare l’obsoleto slogan anni ‘70 “fate l’amore, non la guerra”… ma loro, a dire il vero, l’avrebbero fatto a modo loro, ovvero distribuendo malattie veneree nelle linee nemiche dove non si troverebbe neppure un’aspirina scaduta. Figuriamoci un antibiotico.


Recentemente, qualche cerebroleso dichiarò di poter vincere la guerra in Iraq distribuendo pilloline blu-viagra in cambio di un paio di pallottole in meno nelle loro cartucciere. Qualcuno ci provò, ma l’unico risultato effettivo è stato l’incremento delle importazioni di DVD porno… e delle pomatine contro le tendiniti della mano destra… per uso eccessivo di attrezzi da falegname.


Il 2009 sarà certamente l’anno delle tardone. Con questo termine un po’ “ambizioso” definisco tutte quelle donne che hanno cominciato a fare le cose giuste al momento sbagliato. Sapete, io sono una giusnaturalistica; penso che ci sia un tempo per tutte le cose e perciò me la godo ad osservare i fallimentari tentativi di qualche buona donna che dopo aver dato tutto (tette, culo, ano e cellulite in abbondanza) ed aver preso senza parsimonia (come ha sprecato lei il silicone non l’ha fatto nemmeno la Intel) tenta il colpo gobbo provando a cambiare la propria filosofia. Dal materialismo al nichilismo.


Lo so, il discorso potrebbe apparire impegnativo anche a chi, come Nietzsche, ne fece un baluardo del pensiero del ‘900… e così vi risparmio le pappardelle e vi parlo delle stelle fisse, delle stelline e delle starlette. Ma non perdiamo di vista Frederich…
Negli ultimi anni, infatti, la nostra cavalla golosa – reinterpretando gli elementi portanti della teoria dell’Eterno ritorno – è tornata e ritornata a noi (certe sfighe hanno il marchio DOP), prima trasformandosi in stilista, poi in qualcosa molto simile ad una Carfagna bis. Ma facciamo un passo indietro e affrontiamo il periodo “creativo” dell’attrice (perdonaci Meryl… come abbiamo osato definirla così?!).


Ad ogni modo, al tempo del suo exploit “stilistico”, la Marini – dopo aver ballato tutto l’oscenamente rappresentabile al Bagaglino, causando al contempo un set invidiabile di ernie ai suoi ballerini, costretti sera dopo sera a trasportarla da un punto all’altro del palco senza che ella muovesse un solo muscolo – decise di concedere le sue cellulitiche dita alla morbidezza di una mina B, provocando un subitaneo incremento delle vendite di matite della Faber Castelli. Ma la nostra ragggazza è tenace e, alla faccia di chi ha dedicato anni e talento a questa professione, si prepara a lanciare la sua linea di lingerie in un evento a cui sfortunatamente mi toccò assistere in preda al bisogno di vedere il miracolo… che non avvenne mai. Certe prese per il culo è bene non perdersele mai…


Il giorno prima del defilé, nella conferenza stampa in cui aveva convocato tutti i potenziali interessati, aveva detto più o meno qualcosa del tipo: ho creato questa collezione pensando alle donne che, come me, amano sedurre con sensualità, semplicità e un tocco di ironia. Vi dirò, a sentirla parlare, mi parve di percepire che forse avremmo avuto molteplici occasioni per ricrederci sulla sua indole.


Il giorno dell’evento, invece, all’ingresso ci viene data una sportina dorata “elegantemente” accessoriata da un cornetto in plexiglass finto-diamante contenente il depliant e un perizoma strizza-culo con un diamantino sul culo. Comincio a storcere il naso, ma resto calma e prendo posto. La platea è gremita di gay all’ultimo stadio di leccaggio non richiesto e divi di ogni estrazione. C’era anche Simona Ventura, che al tempo non si perdeva neppure una cresima.

La musica comincia, le indossatrici escono una alla volta. Che dire? Rimasi senza parole, e soprattutto perché di quella tanto millantata semplicità non ve n’era neppure traccia, anzi mi sembrava di assistere al casting dell’ultimo film di Rocco Siffredi dal titolo altamente evocativo “Puttan tour in taglia 40”. Mi credereste se vi dicessi che i bordelli di Pigalle al confronto parevano degli educandati? La ragazzina platinata, infatti, confuse maldestramente sensualità con sessualità, e quest’ultima con pornografia. I pochi etero che ebbero il piacere di assistere lasciarono sul tappeto un ettolitro di bava seborroica, mentre i tanti gay prenotarono il 90 % del campionario per la finale del Drag-queen Award. Poi tutti applaudirono e io scivolai di culo su un’inopportuna chiazza di nonsocché di girini impazziti. 2 mesi dopo scoprì che ero rimasta incinta.

Da allora, ogni donna si è scoperta più troia di prima… e miracolo dei miracoli, senza neppure andare in Grecia.


Dopo “fortunati” intrallazzi con quel manzo di Cecchi Gori, Valeria approda all’Isola dei famosi… alla canna del gas. È bene noto, infatti, che se non sei attaccata alla suddetta bombola difficilmente rinunci al trucco per due settimane. In questo frangente, tutto il mondo può finalmente ammirare l’assenza di photoshop e della spessa coltre di trucco che la caratterizzava, realizzando che forse sono stati frodati vita natural durante. Cazzi loro! Ecco, questo mi piacerebbe dire, ma, invero, credo che siano cazzi nostri perché, come già sapete da quasi una settimana, la signora Marini si è chiaramente espressa circa i suoi progetti futuri: diventare un clone intelligente di Mara Carfagna.

Non si può certo dire che manchi di ambizioni, ne converrete, ma stavolta la porchetta a due gambe ha deciso di compiere un doppio salto mortale: essere credibile agli occhi degli italiani e riuscire ad ottenere una spintarella da quel nano minidotato di mr Banana.


Sulla questione “credibilità” non ci sono dubbi; neanche con un trapianto di cervello abnorme riuscirebbe a convincerci che in lei ci sia qualcosa di vero che non sia una farcitura al rosmarino… senza contare che, visti gli alti e bassi dell’incipiente Alzehimer, forse non ci crederebbe nemmeno lei. Insomma, questa creatura di quali argomenti potrebbe farsi portatrice? Si, ok, volendo potrebbe dar vita al movimento per l’apertura delle case chiuse, o al limite fare istanza presso l’alto commissariato per la diffusione della mortadella in tutti i paesi islamici. E se poi non ci riesce? E se poi ci impongono di mangiare il kebab fino alla morte? E se finiamo tutte con il burqua? Insomma, se non è riuscita a convincere Cecchi Gori a sposarsela, come può pensare di convincere noi a votarla? Oltretutto, non c’ha nemmeno fatto toccare le tette…


Sulla questione “spintarella” sono invece più possibilista: dopo aver promosso la Carlucci, Iva Zanicchi, la Carfagna, la Brambilla, la sua massaggiatrice, le gemelline, la sua colf e il resta nugolo di fan “disinteressate” pronte al leccaggio isterico, dopo tutti questi buoni esempi di cittadinanza illustre è possibile che anche la Marini ce la possa fare ad ottenere l’ambita poltrona. Una poltrona capiente, intendiamoci… buona per farci stare lei e le sue moina da cretinetti all’ultimo stadio prima della paresi facciale. Chissà se la pagherebbero per farla tacere? Mistero!


A questo punto però, credo che mr B dovrà cambiare il nome al suo partito: da PDL a IDV. No, no frenate…avete capito male, nell’Italia Delle Veline non c’è posto per nessun altro. Lo spazio disponibile è stato tutto messo a disposizione del comitato per protezione del bovino femmina in odor di menopausa. Contenti loro…

Vostra Amanda

venerdì 9 gennaio 2009

RAGIONE 1: NON SIAMO MIGLIORI DEGLI UOMINI...


Stacanovismo d’altri tempi. Meglio darsi all’uncinetto

La gentil donzella nella foto - di cui potete apprezzarne i morbidi lineamenti e quel sorriso magistralmente celato sotto quell’aria da leggiadro Pittbull mescolata con quello di certe maliarde spagnole la notte prima della corrida – si chiama Manuela Terracciano.

La sua biografia ufficiale la vede, sin dalla tenera età di 7 anni, impegnata fattivamente a lavorare nell’azienda di famiglia… e questo a scapito di una sana educazione religiosa che le avrebbe consentito di girare il mondo a cavallo di una paio di comodissime infradito in pelle.

Le cronache del tempo la immortalano, 8 anni dopo, per le vie dei Quartieri spagnoli alla ricerca di una buona estetista capace di eliminare dal suo volto quella sottospecie di manubrio di folte sopracciglia nonché quel set di borse contraffatte alla base degli occhi. Sapete, lavorando senza mai staccare un attimo si va incontro a noiosissimi inestetismi tra cui un’obesità psicosomatica di livello A (Aridaglie quanto magni piccina mia!)

Superata l’annosa questione delle scuole superiori, la zuccherosa Manu si lascia convincere dal padre (dietro lauta mancetta) ad entrare nell’azienda Chez Mariano, inizialmente come semplice segretaria addetta al centralino e alla sparizione di un numero impressionante di pastarelle dal vassoio della break-lounge.

Ben presto, grazie a innate doti di persuasione coatta, comincia prediligere attività più, diciamo, femminili tra cui la trascrizione di SMS in linguaggio cifrato, passando – in men che non si dica - al settore “pizzini & intimidazioni”; settore certamente più confacente a quel suo prodigioso talento creativo, ma soprattutto alla sue mise da camionista incazzata nonché a quell’aria da bava alla bocca circondata da orecchie, naso e bocca.

Grazie al suo indomito spirito di sacrificio e agli straordinari risultati di performance, nel 2005 - a soli 19 anni - viene premiata dalla Repubblica Italiana quale Cavaliere del lavoro per aver organizzato la più grande campagna intimidatoria per la regione Campania e per aver consegnato personalmente più di 1500 pizzini nell’arco di 24 ore, saltando a piè pari colazione, pranzo e cena. Quando si dice l’abnegazione femminile!

Un anno dopo, colta dal fuoco divino per la mis-conoscenza (al Sud nessuno sai mai niente di niente) si inscrive alla facoltà di lettere e filosofie dell’Università Federico II, decidendo perentoriamente di mandare affanculo la filosofia e di concentrarsi solo sulle lettere: lettere ricattatorie, lettere di minaccia, lettere natalizie al plastico, lettere di licenziamento in bianco e filologia necrologica. Immaginate, nell’arco di un paio di mesi ne scrisse almeno cinquecento, alcuni dei quali sono entrati nella storia del premio Pulitzer. Ecco il più famoso: “Oggi è venuto a mancare Pasquale Furfarielli, noto negli ambienti malavitosi col soprannome di O’ Previdente. I parenti e gli amici tutti lo ricordano per una delle sue massime: non credo in una vita ultraterrena, comunque porto sempre con me la biancheria di ricambio.”

L'anno scorso, annoiata dai ritmi troppo lenti e dalle routine operative, comincia ad orientarsi verso una nuova rinascita professionale che la vedrà nel settore “uso e l’abuso di armi”. Papà Salvatore non poteva desiderare miglior destino per la sua “uagliuncella e papà”.

Tuttavia, nonostante le buone intenzioni di approdare ad un job profile di assoluto prestigio, l’intera operazione naufraga miseramente, e questo soprattutto a causa della scelta sbagliata dell’arma. Si sa, l’arma bianca è sempre stata appannaggio delle donne e lei, onde evitare eventuali addebiti con la giustizia, decise infatti di farsi assumere presso le Circque du soleiel con mansioni di lanciatrice di coltelli, contribuendo attivamente all’estinzione di tutte le bagasce-tutte-cosce-e-tette-stile-moulin-rouge nate appositamente per stare ferme a far da bersaglio. E così, tra un funerale e l’altro, decide di buttarsi a capofitto nel giro delle armi da fuoco.

I giorni passano velocemente, i mesi e le stagioni si succedono in modo elettrizzante tra rapine, ammazzamenti e regolamenti di conti, e la nostra Manu dal cuore tenero (detestava la sofferenza… per questo si era specializzata nei “colpi di grazia” alla nuca) pur risultando abile nel tiro, non smette un attimo di esercitarsi al poligono di tiro. Si vocifera che trascorresse non meno di 14/15 ore tra profili di carta e cavie umane. Strano a dirsi, però, non si sente pienamente realizzata. Noi donne, lo sappiamo tutte, siamo dolcemente complicate, sempre più emozionate… lascia stare!!! Insomma, sente che le manca ancora un ultimo step al raggiungimento dell’agognata perfezione… e poi sarebbe stata felice. Come darle torto? E d’altronde è troppo facile colpire un bersaglio immobile… insomma, e che ci vuole?!
Il suo sogno nel cassetto era infatti colpire il bersaglio senza prendere la mira… cosa mica facile, ne converrete?
Ma un giorno, il destino decise di correrle incontro.

Napoli, dicembre 2008. Si apprestavano i preparativi per il capodanno, e un gruppo di madri di famiglia – stanche di farsi sodomizzare a gratis dai loro mariti, anche durante le feste comandate – escogitarono un piano machiavellico: indire uno “Sciopero dell’amore” nei confronti di quei mascalzoncelli che avrebbero deturpato l’aria del primo gennaio con una serie di petardi cinesi manco buoni per far saltare in aria un cardiopatico. Ah, cosa non si fa per una serata ad uncinetto a spignattare bucolicamente!

Ad ogni modo, questo gruppo di furbette suffraggette avevano coniato anche un motto: botti a capodanno, astinenza tutto l’anno.
Ora, a parte il pessimo afflato creativo dello slogan, l’idea risultava maldestra in sé; insomma, immaginate quante altre donne (magari in astinenza da una vita) avrebbero potuto approfittare di un nugolo di maschi arrapati in cerca di un buco qualsiasi dove posteggiare il passerotto annoiato… e di certo la nostra bimba non è che fosse proprio Claudia Schiffer.

Manu, infatti, inorridita da questo lassismo e da questa indolenza lavorativa tipicamente meridionale non perse occasione per comunicare al mondo intero, che al Sud, tra tanti fannulloni, qualcuno lavora. Anche la notte di capodanno. Altro che sciopero!!!

Peccato, davvero tanto, che la cretinetti mancasse di una certa "vision" delle cose… insomma, cambiare specializzazione all’ultimo momento non è mai positivo! Cazzo! Ci vuole, come dire, una certa capacità di gestire il cambiamento… e poi, scusa, da che mondo e mondo le pallottole vaganti fanno business?

Io certe donne proprio non le capisco: fanno sempre un gran casino per superare gli uomini e poi mi cascano nel "dolo eventuale". Che spreco di talento!

Fortunatamente, cara Manu, avrai tutto il tempo per rifarti il corredo ereditario… magari a strisce. Ma non temere, io pregherò per te: Santa Maria Capua Vetere, pensaci tu. Amen.