domenica 26 ottobre 2008

LA DONNA CHE NON C'E'...


“Perché odi le donne, Amanda?” È questa la classica domanda che tutti mi pongono quando, dopo aver letto i miei post, vengono investiti dall’onda anomala della mia energia misogina.
Spesso me lo sono chiesto anche io, e finalmente credo di aver trovato la risposta. Ma andiamo per gradi, altrimenti io che ci sto a fare qui?
Se, come credo, siete rimasti sgomenti davanti all’immagine di cui sopra sono certa allora che cominciamo già ad intenderci… perché, a dire il vero, io le donne le vedo proprio così: monche.
Intendiamoci, quella a cui mi riferisco, non è altro che un’immagine mentale; è la rappresentazione simbolica di come apparirebbero le donne se le stesse riuscissero a proiettare la propria immagine su una parete bianca.
Vi starete adesso chiedendo come faccio a conoscere, a discernere, questa immagine se ogni donna la porta dentro sé? Diciamo pure che non ci riesco, e che non sono neppure dotata della capacità di leggere nel pensiero altrui.

E dunque? E dunque io ci riesco, limitandomi semplicemente ad osservare.

Ora, tornate per un attimo a riguardare il corpo della donna raffigurato in alto… e ditemi cosa vedete?
Non so voi, ma io vedo semplicemente una donna in posizione pronta ai blocchi di partenza, ma vedo anche una donna senza gambe.

La nota dissonante è invece la “qualità” della sua ambizione: fuori dalla sua portata… dalle sue possibilità.
...E poi vedo una paio di protesi. Sapete voi cos’è una protesi? La protesi è in genere un “prolungamento”; è l’estensione concettuale delle capacità non possedute dalla persona che le indossa.
E così, una sedia a rotelle aiuterà il suo utente a spostarsi; un apparecchio auricolare a sentire; una dentiera a mangiare… un telecomando ad accendere il televisore, un’auto a spostarsi, una forchetta a mangiare.

C’è però una cosa che non mi convince, anzi una serie di cose che non mi convincono: un colore fasullo di capelli, un colore fasullo sulle labbra, un colore fasullo sulle guance, uno sugli occhi, un profumo fasullo, un paio di ciglia fasulle, un set di unghia fasulle, un colore fasullo sulle unghia fasulle. Poi la lista del fasullame si arricchisce di altri elementi: un reggiseno che solleva, che spinge, che stringe; un tanga che scoscia… una guaina che modella. E ancora: un po’ di silicone qua, un po’ di botulino di là, una liposuzione dall’altra parte, uno zigomo smussato, un setto nasale piallato, qualche costola in meno, un imene riverginizzato.

Le donne in questo ultimi due secoli hanno imparato a far uso delle protesi, e in certo qual senso hanno incominciato a provarci gusto…, anzi hanno provato gusto a vedersi sempre più incomplete, e per converso sempre più bisognose di protesi che le aiutino a “ripristinare” qualcosa di perso.

Il punto, vedete, non è cosa “sarà” la donna nella foto grazie alle sue protesi, ma cosa “è” in realtà la donna senza.

Nulla. La donna senza le sue “belle” protesi non è nulla… nulla che valga la pena di amare. La donna oggi è solo un’accozzaglia di sovrastrutture tenute insieme dall’ambizione di apparire qualcosa che non è: è solo suprema vanità, vanità allo stato puro; inutile dispendio di energia vitale.

E per chi avesse voglia di un salto nella più ammorbante spazzatura culturale femminile, ecco bello e pronto l’ultimo ritrovato in fatto di superfluo protesico.

Fare ginnastica sui tacchi a spillo. È la nuova specialità dell´estate introdotta nelle palestre milanesi. Questa tecnica, che spopola in America, è amatissima da donne super mondane come Paris Hilton e Victoria Beckham ma è praticata anche da attrici meno esibizioniste come Julia Roberts che, in palestra, tonifica il fisico issata su tacchi altissimi. Lo stretching delle dive è sbarcato a Milano nel circuito del Virgin Active di Corsico e Bicocca ma sta prendendo piede un po´ dappertutto. Complice la moda che, dopo aver regalato alle donne la comodità delle ballerine ultrapiatte, adesso cambia registro e rilancia i tacchi da vertigine dai 10 ai 12 centimetri, quelli che mettono a repentaglio la caviglia.«Imparare a stare sui tacchi a spillo è un ottimo allenamento per ritrovare sicurezza e femminilità - spiega Lucia, allenatrice al Virgin Active - questa è una ginnastica che fa bene alle gambe e migliora anche l´autostima». Lucia, fisico da cubista, esperta di fitness ed estimatrice della cultura zen, la prima cosa che insegna è quella di avere un portamento fiero e consapevole. «Le donne che non hanno familiarità con i tacchi tendono a buttare in avanti spalle, sono disarmoniche e sbilanciate - spiega - invece per camminare bene basta mettersi davanti a uno specchio, tenere gli addominali e i glutei contratti con le spalle abbassate e il collo proteso verso l´alto». Lucia assicura che una volta imparata questa tecnica «basta mettere un piede davanti all´altro, con il ginocchio leggermente piegato, e si fa concorrenza alle modelle». Imparare a camminare è fondamentale ma non basta. Lo stretching sui tacchi a spillo, se praticato con costanza, allunga la muscolatura delle gambe, dal polpaccio alle cosce, e le rende anche più sexy. «Questa è una pratica che può contribuire a scolpire la gamba - racconta Lucia - Sharon Stone è una tra le più convinte sostenitrici di questi esercizi. Le sue gambe sono toniche e sensuali allo stesso tempo. E i tacchi sembrano naturalmente incorporati nelle sue gambe». Ma per raggiungere i risultati di Sharon Stone ci vogliono parecchie lezioni. Bisogna avere la costanza di passare ore e ore in palestra, sottoponendosi a esercizi che servono ad allungare e a rendere più sottili i muscoli. Il tutto senza mai dimenticare di portare in palestra i tacchi a spillo, perché senza quelli la lezione non si comincia neppure.

Sto per avere un orgasmo di misoginia. Cazzo se siamo messe male!!!

domenica 19 ottobre 2008

LE PENE DELL'INVIDIA. E VICEVERSA




Un recente studio apparso sulla rivista “Vagina, pene e botox” – mensile di varia umanità persa sulla strada del nulla - ha stilato una classifica delle pene a cui andrebbero incontro il 90% delle donne.

Il terzo millennio, infatti, non è solo lo spazio temporale riservato al surriscaldamento del pianeta, all’inquinamento e alle malattie globali sessualmente trasmissibili; è anche il millennio delle sofferenze delle donne. Se l’uomo – quello col pennuto tra le gambe – ha decisamente incrementato il proprio livello di soddisfazione e di autorealizzazione sociale, la donna ha, per converso, percorso una strana parabola interiore che l’ha portata ad una sempre maggiore insoddisfazione.

L’articolo, scritto da autorevoli menti scientifiche dopo quasi un decennio di rilevazioni sul campo, si pregia di riportare una classifica delle cose e delle situazioni che maggiormente caratterizzano le pene delle donne oggi. Dopo molteplici elaborazioni statistiche sulla base di un modello di analisi fattoriale bi-variata è stato individuato senza alcun margine di errore il motore, il fattore, delle pene: l’invidia.

Come è ben noto si caratterizza come desiderio ambivalente: di possedere ciò che gli altri possiedono… il che esemplifica il ben noto concetto “dell’invidia del pene”, di cui parleremo tra poco. L'enfasi è, quindi, sul confronto della propria situazione con quella delle persone invidiate, e non sul valore intrinseco dell'oggetto posseduto da tali persone, e questo è soprattutto vero se si considera che l’intimo desiderio di una donna è quello di avere anche solo per un giorno la possibilità di appropriarsi di quel generoso (oddio, avercene) pacco dono biologicamente dato ai maschi. Infatti, benché molti uomini non sappiano che farsene (oltre che scuoterlo vigorosamente dopo una goduriosa minzione) l’ammontare dell’invidia non sembra subire un decremento, anzi.

È interessante, poi, considerare l'invidia come il peccato "opposto" alla superbia: mentre la superbia consiste in un'eccessiva considerazione di sé, l'invidia è caratterizzata da una bassa autostima e da una concezione esagerata degli ostacoli e delle difficoltà… e vorrei ben dire. Insomma, hai voglia di ipotizzare il trapianto di un cicciolo mal tolto ad un cadavere ancora caldo di rigor mortis… La questione infatti non ha realmente a che vedere con l’appropriazione , quanto con tutto l’insieme di simboli che questa portentosa minchiuzza porta con sé: secolare potere, spalle larghe geneticamente modificate, peli superflui che nessuno noterà, igiene intima trascurabile. Il punto è quindi che essere uomini ha i suoi vantaggi (a parte un notevole risparmio in inutili cosmetici) , e come ogni buon saldo di fine stagione tutte le donne vogliono metterci le mani sopra.

L'invidioso (invidiosa è più appropriato, ma insinua il dubbio che io ce l’abbia con le mie pari-stronze) può rivolgere la propria invidia non solo verso oggetti materiali, ma anche verso presunte doti possedute dall'invidiato: per esempio, una particolare avvenenza, intelligenza o capacità, uno spiccato fascino. Ma cerchiamo di non essere troppo ottimisti: queste doti negli uomini non esistono, ma noi donne amiamo immaginare che essi li posseggano. Infatti, le donne sono generalmente invidiose di tutti gli uomini, e in un certo qual senso, non appena possono, cercano di modificarsi fisicamente e caratterialmente nel tentativo di riprodurne le fattezze.

In questo ultimo secolo ne abbiamo viste di tutti i colori: donne che si vestono da uomini, donne muscolose come uomini, donne che nel lavoro imitano gli uomini, donne che odiano le donne come gli uomini (e forse anche di più), donne che sviluppano modi da uomini (se avete mai visto una lesbica pisciare… sapete bene di cosa parlo), donne che modellano il loro potere sullo stile degli uomini. Detto in altre parole le donne sono massimamente delle scimmie: esseri inferiori che non sanno fare alcunché di originale, salvo che convincersi che solo in questo modo piaceranno agli uomini.

Dopo vari tentativi, e conseguenti fallimenti, le donne hanno appreso - dopo circa un secolo – una nuova strada; visto che non potevano farsi tutte il trapianto del cazzo e del cervello, hanno iniziato a reagire malamente, disprezzando e sminuendo l'invidiato, perché, ai loro occhi, questo è colpevole di evidenziare ciò che l'invidiosa non ha: una naturale inclinazione ad essere maschio senza nessuno sforzo.

Negli anni ’90 abbiamo invece assistito al girl-power: un’orda di sgallettate rese euforiche da una malsana auto-adorazione condita da opportune sniffatine di genuino lesbismo. L’evoluzione stilistica (che eufemismo!) della non-catante Madonna (che ottimismo!) rende chiaro questo passaggio, e se vi siete persi/e qualcosa vi consiglio la biografia non-autorizzata scritta dalle sapienti mani del fratello della non-voce della pop music.

Ora, se è vero che l’invidia del pene è una legge universale, è stato anche chiarito che nella maggior parte dei casi l’invidia è rivolta verso lo stesso sesso: gli uomini invidiosi lo sono, in genere, di uomini e le donne di donne. Dal lato femminile, l'invidia, che per i secoli addietro verteva quasi esclusivamente sull'avvenenza e sulla capacità di seduzione, da qualche decennio a questa parte, con il cambiamento del ruolo che la donna riveste nella società, ha cominciato ad "accostarsi", per molti aspetti, a quella degli uomini. (aspetti economici, politici, patrimoniali, professionali, culturali, intellettivi, sessuali)

Saltiamo a piè pari tutti questi aspetti e concentriamoci solo su quelli politici, poiché in questi ultimi anni l’agorà si è spostata definitivamente sulle assurde e anguste stanze del mondo politichese in avanzato stato di decomposizione morale.

Negli ultimi mesi soprattutto, il teatrino dello scontro delle donne si è spostato tra il parlamento e la televisione, evidenziando una coppia di eroine e morfine da tempo in singolar tenzone: la Carfagna e la Guzzanti.
La prima quasi orba, a tal punto che per vedere l’ordine del giorno del camera dei deputati deve avvicinarsi a preoccupante prossimità da qualsiasi pantalone maschile non più alto di un metro. E si vede che orba soprattutto perché in ogni fotografia appare con gli occhi sgranati e imploranti, manco se non mangiasse da tre mesi… o non scopasse da due anni. E credo che si tratti di quest’ultima ipotesi; sapete, dopo il trauma cranico di trovarsi davanti il penoso e rugoso divin augello del cavaliere servito carpon carponi, penso che a qualunque donna passerebbe la voglia di pasti caldi e di mucillagine.
La seconda invece ci vede benissimo, e ci vede talmente bene da risultare quasi scomoda. Il troppo stroppia… soprattutto se questo va in contrasto con il lavaggio del cervello agito dalle tv (ormai monopolizzate da un gruppo di esseri che ci vorrebbero solo dei perfetti consumatori abbalenghiti dagli sconti e dalle vendite video-trasmesse).

Dopo una serie di scaramucce, in cui la Guzzanti sparava il vero e la Carafagna negava l’evidenza siamo giunte ad una delle più eclatanti performance di femminile psicologia. Qualche settimana fa, prima che la bronchite mi tranciasse la mano (lo so, speravate in una mia dipartita) , nel corso di una puntata di Matrix la Carfagna, intervistata da Mentana, nel tentativo (forse) di giustificare a suo modo la condotta della comica ha in realtà tirato una bordata niente male, definendola sostanzialmente instabile di mente: «L'ho citata in giudizio e sono in difficoltà perché la signora Guzzanti mi fa compassione. Poveraccia, non credo sia una persona solida, mi sembra fragile mentalmente».

Il tono caritatevole della Mara – tipico delle soap di canale 5 o di rete 4 – sembra quasi darle ragione… nel senso che, agendo su uno dei comportamenti tipici delle invidiose (lei d’altronde un cervello non ce l’ha mai avuto), tenta di denigrare la Guzzanti con stupide frecciatine neanche buone per farci un bonario sorriso. Infatti ella, non avendo alcuna argomentazione al suo arco non può certo controbattere. No, può soltanto fare, come farebbe qualsiasi stupida invidiosa: colpire irrazionalmente, sperando di fare centro.

Non contenta della portata delle sue minchiate cosmiche e dei suoi giochini infantili, la ministra delle pari-stronze minorate ha colto la palla al balzo (in questo è bravissima… soprattutto con le palle “basse”) confessando, con un latrato molto simile a quello della più nota Goretti, il suo scoramento in merito alle insinuazioni sui suoi rapporti con il Cavaliere: «Ho notato molta invidia da parte delle donne».

Gent.ma Carfagna, io non sono un’esperta di pompe a domicilio, ma mi consenta una piccola domanda: ma di cosa dovremmo essere invidiose? Il Cav non è mica Rocco Siffredi… e di certo noi non ci sbraneremmo per un giocattolino di così modeste dimensioni. E poi, scusi, niente di ciò che la riguarda è passibile di invidia. La sua incredibile evoluzione da velina a ministra non convince nessuno: le mancano le argomentazioni.
Non aggiungo altro. Non serve.

Cordiali saluti

sabato 4 ottobre 2008

DA 154 A ZERO (titolo altamente filosofico)


Le ultime teorie sul Alzheimer affermano che essa sia una patologia a carattere degenerativo del sistema nervoso centrale. L'esordio sintomatico è a carattere "insidioso": i primi sintomi sono lievi, sono difficili da riconoscere e da distinguere dalle disattenzioni di una persona anziana sana. Anche nel momento in cui si riconosce il carattere patologico di alcuni comportamenti non è semplice arrivare ad una sicura diagnosi differenziale, in quanto alcuni sintomi sono comuni ad altre patologie, quali la depressione e la demenza multiinfartuale.


All’ultimo simposio svoltosi a Hollywood, gli scienziati hanno presentato i risultati su uno studio imperniato sulle differenze di genere. Il convegno, per la portata delle sue scoperte, è stato condotto a porte chiuse onde evitare il collasso dello showbiz… nonché il crollo degli esosi cachet di alcune tra le più illustri star… dell’omonimo brodo. Brodo vegetale, ovviamente.


Oh, a proposito di vegetale, mi vengono in mente le strabilianti performance neuro-vegetative di uno dei testimonials chiamati giustappunto in causa sull’argomento “sintomi dell’azzeramento intellettivo in attrici sprovviste di slip”. Io non c’ero, ma vi assicuro che un mio amico che avuto l’estrema sfiga di presenziare, ha assistito a delle scene di panico, e questo soprattutto perché da che mondo è mondo le attrici americane pur di presenziare e di farsi vedere in pompa magna (in flagrante fellatio a Giuliano Ferrara) non si perderebbero neppure il varo di un pattino sulla spiaggia di Rimini. E chiaro?!


Nonostante la ressa, gli spintoni e i calci negli stinchi ad opera di prestigiosi decolleté tacco 20 (di gran moda quest’anno per chi ambisce al suicidio da Trinità dei Monti) alla fine l’ha sputata Sharon. Ariel, Ariel Sharon. Ariel Sharon, ex premier israeliano, era stato invitato, ma all’ultimo momento, visto il protrarsi del coma dovuto ad un aneurisma cerebrale (2006), ha dovuto declinare l’invito… e così, giusto per non rifare tutti gli inviti e i segnaposto al pranzo d’onore gli organizzatori hanno invitato un altro Sharon.
Stone, Sharon Stone.

Colpita da aneurisma qualche anno prima (2001), Sharon condivide con Sharon un aneurisma di troppo, ma ella – l’eroina di mille flop cinematografici – non è stata così fortunata… e nemmeno noi. Noi spettatori intendo.


Chi non ricorda il favoloso accavallamento di gambe senza slip di Basic Instict? E chi non ricorda il favoloso accavallamento di gambe senza slip di Basic Instint 2? Si, lo so, spesso la carriera di una vera attrice si evolve lungo un continuum recitativo di altissimo spessore nel tentativo di assomigliare alla recitazione di Manuela Arcuri o a quella di Francesca Dellera. Fortunatamente c’è il doppiaggio e allora qualche attricetta riesce a "far-la Franca". Valeri, Franca Valeri.


Ad ogni modo, credo che sia stata la folgorante carriera dell’attrice ad aver spinto il simposio degli studiosi di Alzheimer a farne la nuova icona ammorbata della suddetta malattia.


Uno dei principali sintomi dell'Alzheimer è l'amnesia anterograda, ovvero l'incapacità di ricordare cose recenti, o più precisamente eventi occorsi dopo l'insorgenza di una patologia. I pazienti affetti da demenza di Alzheimer tendono ad avere un (relativamente) buon ricordo delle cose passate ma a non ricordare le cose nuove, recenti.


Stralcio dell’intervista all’attrice
Domanda (D) – Sharon, Sharon… per favore qualche domanda: “che ne pensi del primo capitolo di Basic Instict?”
Risposta (R) – “Beh per me è stato un trampolino di lancio, anche se, devo ammettere, che mai più farei un filmaccio del genere. Insomma, si, sono parti per attrici fisicamente procaci, ma nulla di questo si addice ad una compassata professionista del mio calibro

D – Perdona Sharon, scusa… ma, ma allora perché hai deciso di fare il sequel ad oltre 10 anni dal primo?

R – Sequel? Ma di che parla? …figurarsi fare la parte di una scrittrice mezza battona e mezza lesbica. Ma scherziamo, lei mi confonde! Io sono un’attrice con la “A” maiuscola. Ma lei ha visto i miei recenti film? Lei sa cosa ho fatto in questi ultimi anni?

D – Beh, a dire il vero, a parte qualche pubblicità di porte scorrevoli e di paccottiglia in silver plate… non saprei. Ma sa forse non ricordo… Può dirci allora cos’ha fatto in questi ultimi anni?

R - ma come si permette!! Che orrore, un giornalista di cinema che non sa cosa ho fatto in questi anni. Io, io (disse ella aggrappandosi alla prima tenda a portata di mano) in questi anni ultimi anni ho … io ho… ehm ho… oh beh adesso non mi ricordo, ma mi faccia tornare a casa per documentarmi e poi la chiamo. Un’ultima cosa: cos’è che devo cercare? Qual è il soggetto? Come mi chiamo?



Altri sintomi sono l'agnosia, ovvero l'incapacità di riconoscere cose comuni, e l’anomia ovvero l’incapacità a denominare un oggetto, pur riconoscendolo. Un soggetto affetto da anomia può utilizzare perifrasi, sinonimi, termini assonanti o neologismi per riferirsi all'oggetto di cui non ricorda il nome.


Durante il coffe-break abbiamo incontrato Sharon Stone al tavolo del buffet mentre aveva un appassionato dialogo il cameriere addetto al catering.

- Cameriere: Cosa le posso servire?

- Sharon: ma non saprei… sono incuriosita da tutte queste cose deliziose, e mi dica cosa sono quelle cose (chiese indicando un oggetto sul tavolo)… mmm che bella forma, ma me ne dia solo una mezza porzione. Sa sono a dieta…

- Cameriere: mi spiace signora, ehm non sono come dirlo… ma vede non sono attrezzato per dividere un bicchiere in due parti. Se vuole le posso servire un buon tramezzino…

- Sharon: tramezzino… tramezzino. Che d’è??? No no, mi lasci indovinare: e forse qualcosa che si mangia? Un aiutino, please!!! Fa rima con pompino, ma sento che non è la stessa cosa…



Vi è poi il disorientamento temporale se il paziente non sa rispondere alle domande
"che giorno è oggi", "in che mese siamo, in che stagione, in che anno". Naturalmente più è grave la discrepanza, maggiore è il disorientamento. Vi è disorientamento spaziale se il paziente non sa rispondere alla domanda "dove ci troviamo ora".


In ultima analisi, vi sono i cosiddetti “Deficit intellettivi”, che riguardano un significativo peggioramento delle capacità di ragionamento, pianificazione e giudizio; quindi i Sintomi psicotici e modificazione della personalità, a causa dei quali il malato può assumere comportamenti bizzarri, o aggressivi, comunque significativamente differenti dal profilo di personalità pre-morboso. Fra i sintomi psicotici si annoverano allucinazioni, paranoia e pensieri non realistici.


Al termine della convention, dopo una standing ovation di cui la nostra amica non ha capito una nespola matura, ha avuto luogo una conferenza stampa.

Eccovi in esclusiva uno stralcio:

- Sharon: grazie, grazie! Sono molto orgogliosa di essere stata invitata qui… qui… qui… a… a … , beh, insomma qui. Ma francamente sono un po’ perplessa, poiché, a dire il vero non mi è chiaro perché io sia qui a … qui a.. qui a… al chiuso.
- Giornalista 1: signora Stone, non vorrei turbarla, ma lei è qui a Lugano perché, a parere dei più eminenti studiosi, lei sia il caso più eclatante di Alzheimer. Che ne pensa?
- Sharon: Alzheimer… mmm questa parola non mi giunge nuova. Anyway, qualunque cosa sia non è cosa mi che riguardi, chiaro!!!!
- Giornalista 2: stia calma signora Stone, nessuno sta insinuando nulla, è solo che… è solo che… beh veda, non è che in questi ultimi tempi lei sia apparsa molto lucida. Mi perdoni l’espressione…
-
Sharon: io non so proprio a cosa si stia riferendo. Ma lo sa che quando avevo 17 anni il mio QI era a 154. Ero un genio…
- Giornalista 2: appunto “era”…
- Sharon: cosa vuole insinuare, a che si riferisce? Che giorno è oggi? Dove mi trovo? Come cazzo mi sono vestita?
- Giornalista 2: mi scusi ma non è stata lei che circa una settimana fa ha cercato di iniettare Botox nei piedi, giudicati troppo puzzolenti, di suo figlio adottivo? E non è a causa di questo che ha perso la custodia di Roan, 8 anni, a causa delle sue reazioni decisamente esagerate sulle questioni di carattere medico che riguardano il piccolo?
- Sharon: due settimane fa… due settimane fa… Mi lasci ricordare… mmmmmm. Ah si, ora ricordo: tutto è successo perché mio marito non si curava in maniera adeguata del figlio adottato.
- Giornalista 1: mi scusi ma non ci è chiaro cosa c’entri il botox con la cura dei piedi puzzolenti di suo figlio?
- Sharon: io davvero non posso crederci: come fate a non vedere il nesso? È così lampadina… ehm volevo dire lampante. Vedete, il botox, diminuendo le rughe del volto, contribuisce a stendere i tratti del viso quando qualcuno si avvicina ai calzini fetidi. Insomma le rughe sono un problema serio per un’attrice come io che ha fatto tanti film come Basic Instict e… e… e… insomma, si e tanti altri film.
- Giornalista 2: ci scusi, ma non era meglio fare come ha poi fatto suo marito Bronstein risolvendo molto facilmente il problema dei piedi del piccolo, senza far ricorso al Botox, facendogli mettere dei calzini e uno speciale deodorante per i piedi?
- Sharon: ma di che state parlando? Lei non sa chi sono io?! Lei non sa chi sono io?!... a proposito chi sono io? E comunque i piedi puzzolenti dipendono da un serissimo problema alla colonna vertebrale.


A queste parole, all’attrice è stata consegnata una targa: Migliore attrice cagna stolta dell’anno 2008. Motivazione: per aver così generosamente contribuito allo sviluppo di un nuovo farmaco per la demenza senile in persone perfettamente sane che non sanno recitare, che non sanno nulla di scienza e che non sanno nemmeno accavallare le gambe una seconda volta senza far vomitare tutto il pubblico presente.

Ps: l’attrice è stata ritrovata qualche giorno dopo, deambulante da un bar di periferia all’altro, in cerca di un lavoro che le consentisse un morboso amplesso masturbatorio con un rompighiaccio.

Quando si dice “deformazione” professionale. Mah!


Vostra Amanda.