venerdì 26 settembre 2008

UNA TROIA AL GIORNO... FANNO 365 TROIE ALL'ANNO

L’antropologia, a ragione considerata per anni la scienza dell’uomo, da oggi si arricchisce di un nuovo e sorprendente modello sociale di animale razionale intriso di dubbio cosmico: il cornuto matematico.

Oddio, non è che il concetto fosse estraneo agli antichi greci; già a quei tempi, in periodi di guerra perenne, i filosofi e i primi rudimentali esempi di studiosi della natura umana se ne andavano in giro parlando ad un imprecisato numero di apprendiste maestre di vita - in seguito denominate “peripatetiche”- e insegnando loro come compiere prodigiosi miracoli biologici. Ma fu solo qualche secolo dopo che qualcuno coniò l’ossimoro di vergine-madre, cercando di giustificare nascite premature di figli mai concepiti, le annichilenti assenze di mariti in guerra o di falegnami troppo zelanti, nonché le mutazioni estetiche di un’icona della pop music americana nota per il suo non-cantare all’Olimpico di Roma il 6 settembre scorso.

Ad ogni modo fu solo dopo un millennio, grazie ad opportune mutazioni genetiche psicosomatiche, che si assistette alla comparsa di tale raro esempio di virtù coniugale nel vasto panorama storico-sociale.
I primi a somatizzare il frutto di ergonomiche seghe mentali condite da atroci dubbi e una prole sempre più multiforme furono i barbari. Gli antropologi hanno scoperto che sussisteva una sorta di rito consolatorio dedicato a coloro che ritornavano vittoriosi dalle guerre: le mogli in stato di grazia – neanche fossero state sfiorate da mano (morta) divina - facevano dono ai loro sposi di poderosi elmetti ornati di priapesche ramificazioni tese ad evidenziare l’avvenuto miracolo. Una volta sterminate tutte le alci a disposizione, le vichinghe iniziarono a decimare i tori… quasi a sottolineare il passaggio concettuale da troie a vacche… ma questa è un’altra storia.

Sterminati anche i barbari (rallentati ed appesantiti dai regalini e da due palle piene ai confini della realtà), ci vollero più o meno altri mille anni perché si tornasse a parlare del fenomeno.

Inizialmente, si era infatti pensato ad una naturale estinzione del cornuto matematico - anche perché con tutte quelle indecenti e ricciolute parrucche incipriate, l’elmetto proprio appariva fuori luogo – ma poi all’ultimo simposio degli antropologi tenutosi in quel di Bergamo furono portate le prove lampanti del suo ritorno.

Alcuni esemplari della nuova ed evoluta specie furono avvistati in quella che storicamente vennero identificate come le rigogliose pianure della “Padania” (in foto un esemplare maturo). Qualcuno dice di averli visti bardati da un insolito fazzoletto verde al collo, altri giurano invece di aver visto il capo branco in preda ad emiparesi facciale.
Ora, benché si siano materializzati dal nulla alle feste per la lotta del federalismo fiscale, gli esemplari che interessano a noi sono stati fotografati in religiosa processione verso non ben precisati luoghi di raduno.
Gli scienziati di tutto il mondo sono rimasti sgomenti dinnanzi ad una simile notizia, e per questo motivo che da settembre 2008, un pool di cervelloni sta studiandone le caratteristiche morfo-psico-socio-evolutive, ma i risultati sono top secret e nulla trapela.

Che dirvi? Quando c’è di mezzo l’etica e il segreto professionale, bisogna solo pazientare e aspettare che il mondo della scienza si decida sul cosa e sul come divulgare le nuove scoperte. Anche io sono per il rispetto del codice deontologico e nessuna notizia vale un comportamento scorretto. Questo è quel che pensavo io… ma io ieri ho incontrato il dott. XXXXXX presso l’Astoria Palace alla camera 309.
Non dirò il suo nome per proteggere i suoi dodici figli avuti dopo aver scoperto di essere impotente, ma poiché ha accettato di rivelarmi in anteprima i risultati degli studi vi dirò solo il suo cognome: Kildare. Dr. Kildare!
Che uomo, che integrità morale! Pensate, non ha voluto nemmeno un euro… mi ha soltanto obbligata a soggiacere ai suoi piaceri masochistici. Stavo quasi per mandare tutto all’aria quando mi ricordai che il giorno prima avevo giustappunto comprato un paio di stivaletti in pelle nera con tacco 20 e la punta il cristallo di Boemia. Sapete, non sono un’ingorda, ma la voglia di provarli sulle guance smagrite di quello sfigato-occhialuto-minidotato- con un tatuaggio sul braccio con su scritto “my name is Charles”- era tale che mi resi disponibile ad elargire un generoso contributo personale alla rivista “Rubber, lattex e cockring per giovani marmotte” . E siccome nell’ambiente si vocifera che io sia una tirchia filo-scozzese-ebrea, ho dato il massimo, esibendomi in una performance di altissimo livello, dal titolo provvisorio: “Mamma ho perso la dignità”. Questo il programma per la serata:
· ore 21: estirpazione dei peli dal naso
· ore 21.10: rasatura completa delle sopracciglia
· Ore 21.30: coltivazione biologica di capperi nelle cavità auricolari (precedentemente concimate con sterco fumante di vacche sacre)
· Ore 22: pausa caffè.
· Ore 22.10: incaprettamento e farcitura anale con carota, aglio, rosmarino e olive taggiasche;
· Ore 22.30: visione coatta di tutti i film di Francesca Dellera fino al progressivo apprendimento di tutta la sceneggiatura originale
· Mezzanotte: evacuazione (previo orgasmico clistere) sull’ombelico (il suo)

Lo so, non ci sono parole per descrivere l’abominio a cui sono stata obbligata. Dio mio che squallore, che sudiciume etico, che spazzatura d’uomo!!!

C’è una cosa che non mi spiego: perché sono ancora tutta bagnata? Oltretutto fuori c’è un sole che spacca le pietre…

Ok ok, questo è il sunto dell’intervista:
Le prime rilevazioni hanno evidenziato un misterioso assembramento proprio al di fuori di uno strano edificio eletto, pare, a luogo privilegiato per la verifica dell’ammontare dell’incremento di tessuto osseo all’altezza dei lobi parietali del proprio cranio. Non ci sono elementi caratterizzanti questo luogo; l’unico flebile indizio è una strana scritta apposta a caratteri cubitali recante la seguente iscrizione: “Università di Verona. Istituto di medicina legale”.
La causa scatenante di questo fenomeno fisico-sociale si deve sicuramente all’incremento delle ore lavorative di alcuni mariti e, parallelamente, all’incremento della felicità delle rispettive mogli, ma soprattutto all’incremento del numero dei lattai e degli operai del “porta a porta” per numero di abitanti benestanti. E questo soprattutto perché è stato appurato che nelle zone depresse le donne vanno a lavorare, e comunque non hanno il tempo per procurare premeditatamente danni irreversibili alla lavatrice o al rubinetto del cesso. Oltre a ciò è stato riscontrato che gran parte degli imprenditori e dei professionisti della provincia di Verona hanno avvertito come un progressivo appesantimento cerebrale maldestramente confuso per un inspiegabile aumento di neuroni e/o del peso specifico dei capelli. I primi ad accorgersi della mutazione sono stati coloro che presentavano una calvizie in stato avanzato, una moglie sempre più allegra e la nascita prematura di un bambino molto abbronzato di nome Abdul.

Le ultime, aggiornate, rilevazioni dimostrano che il fenomeno è in costante crescita.
Gli studiosi sono giunti alle seguenti conclusioni:
1. il test del DNA per capire se il bambino nato abbronzato non è vostro funziona egregiamente;
2. il test costa solo 1.600 euro (poca roba se si considera il costo di un piccolo Michael Jackson in famiglia fino alla matura età);
3. il troppo lavora storpia… e storpia talmente tanto da far assomigliare i vostri figli ai vostri “migliori” amici;
4. il nuovo esemplare del cornuto matematico non fa una grinza. Dopo 8 mesi di astinenza non ci sono dubbi: sei matematicamente cornuto;
5. la medicina legale è una scienza esatta;
6. le donne sono sempre più troie;
7. si stima nei prossimi mesi un incremento delle cause di divorzio per infedeltà coniugale nella provincia di Verona

Le mie conclusioni sono di tutt’altro avviso:
1. il lattex mi svacca che è una meraviglia;
2. la saliva pulisce meglio del Calzonetto;
3. gli orgasmi multipli sono possibili
4. … e sono pure calata di due chili.

Vostra Amanda

sabato 13 settembre 2008

IL SAGGIO CINESE E LA PATATINA BOLLENTE



Immagino che un simile titolo vi abbia quantomeno indotto a chiedervi “ma cos’hanno in comune un saggio cinese e una patatina bollente?” Vi dirò, mi aspettavo una simile domanda, ma prima di rispondervi (perché una risposta c’è) vi pongo un’altra questione: “che differenza c’è tra un riccio e un preservativo?”

Nel frattempo che pensate alla soluzione del mio enigma, vi racconto di un famoso adagio cinese detto da uno che di cinese non sapeva nemmeno un involtino primavera. Non ricordo bene le parole, ma più o meno faceva così: mentre i cani pastori litigano il lupo si mangia le pecore.
La seconda questione che si pone è dunque: perché ce l’hai raccontato?

A questa domanda rispondo subito: perché sono giorni che mi sto letteralmente sbellicando dalle risate… grasse risate. Talmente grasse che non dormo più la notte. Rido e continuo a ridere perché davvero non posso farne a meno, ma soprattutto perché non posso far altro che ridere.

Vedete, cari amici, ci sono questioni che per loro natura impongono almeno una risata. In genere si tratta di questioni talmente arzigogolate (ma solo apparentemente) che improvvisamente diventano una sorta di casus belli sui cui tutta la popolazione viene invitata ad esprimersi… e di solito tutti lo fanno senza nemmeno chiedersi perché. Intendiamoci, esprimersi è un diritto di tutti, ma quello che mi chiedo è perché se ne stia parlando , ma soprattutto perché oggi? A questa domanda di solito non si ha una risposta precisa. Insomma, perché oggi e non ieri o domani? Già perché? Ve lo dico io: perché qualcuno ha deciso che era giunto il momento di parlarne… e perché era giunto il momento? Ecco, questo è un altro problema, ma procediamo con calma, e parliamo di “chi” e del “cosa” si sta parlando.

Da circa una settimana, o giù di lì, la nostra amica Carfagna (la chiamerò così perché ho un orzaiolo nell’occhio destro e proprio oggi ho smesso di sparare sulle ambulanze. Prima o poi certi vizi bisogna toglierseli…) ha ri-sollevato la questione della prostituzione e del disegno di legge che dovrebbe una volta per tutte “debellare questo male della società”. Ecco, detto in questi toni – ne converrete – la questione assume una coloritura moraleggiante degna solo delle grandi eroine di un tempo; del bene che lottava contro il male. E allora quale occasione migliore per rispolverare i nostri primordiali sentimenti umani… quei buoni e bravi sentimenti di una volta? Eh, già come se non avessimo atro da fare nella vita?!

Improvvisamente infatti l’attenzione della pubblica opinione viene letteralmente catalizzata da quest’argomento che, a dire il vero, di “nuovo” non ha assolutamente nulla. Anzi per essere precisi, è questo un tema che ha interessato la donna e l’uomo da che quella gran troia di Eva ha fatto quel gran casino ingurgitando alle spalle di quel coglionazzo di Adamo una fottuta mela. La questione vedete sta tutta li… e come al solito è il “prezzo” della frutta ( e dei beni di prima necessità) che pone problemi alle famiglie italiane. Da secoli e secoli.

Anyway, sono quasi sette giorni che dappertutto impazzano programmi radiofonici, programmi televisivi e articoli di giornali che discutono animosamente sulla questione. In questo stesso frangente io invece mi sono occupata di altre cose: mi sono divertita a crepapelle a guardare coloro che guardavano e discutevano sulla questione. ..esattamente con lo stesso ghigno spocchioso con cui si osservano due donnette di strada che se le danno di santa ragione per accaparrarsi un pulloverino misto-lana al mercatino rionale infrasettimanale. L’atteggiamento, il mio, non è infatti quello di chi vuole far cessare la bagarre quanto di stare a vedere come va a finire.

Perdonate il mio cinismo, ma io questa proprio non me la voglio perdere. A volte, si sa, per capire realmente le cose bisogna opporre un doveroso distacco… bisogna cioè estraniarsi e stare lontano a guardare. Senza muovere un dito.

In questi divertentissimi sette giorni, ho sentito tante di quelle minchiate che se avessi potuto raccoglierle e venderle sotto banco oggi sarei la donna più ricca della terra. A dire il vero più che minchiate era un trionfo di luoghi comuni, di perbenismo, di moralismo, di finto senso pratico e dio sa di cos’altro.

A scuole di buone maniere e di civiltà ci hanno insegnato una cosa che si chiama “problem solving”: una specie di arte povera inventata da Re Salomone che ahimé, nonostante i buoni sforzi culturali e il passa-parola, si è quasi del tutto persa nei meandri di chissà quale scatola cranica.

I cultori del problem solving asseriscono però che prima di risolvere un problema bisogna “definirlo”, ossia bisogna capire esattamente il nodo problematico di una questione. Ritorniamo temporaneamente alla questione della prostituzione.
Tra le tante minchiate definitorie sparse nell’etere (e correlate soluzioni del cazzo) queste sono quelle che più mi hanno fatto ridere:
1. La prostituzione è un problema di ordine pubblico, legato all’immigrazione clandestina e al degrado delle nostre strade. Soluzione 1: estradare le clandestine al loro paesello, ripulire le aiuole dei viali, mettere qualche fiorellino qui e là per rallegrare la vista dei passanti.
2. La prostituzione è un problema morale. Dice la Carfagna: io come donne inorridisco davanti a questo problema… ovvero inorridisce davanti al fatto di vedere per le strade delle donne vestite come veline che la danno a destra e a manca per farsi le vacanze alle Maldive. Il punto è che certe cose non si debbano più “vedere”… il che non corrisponde al fatto che certe cose non debbano più “esistere”. Notate la sottigliezza. Soluzione 2: relegare le puttane in un appartamento e mettere un distributore di ticket per la fila o un call center per la prenotazione della “seduta”.
3. La prostituzione è un problema educativo: i nostri bambini vedono modelli di comportamento sbagliati. “mamma mamma” disse il bambino incuriosito “perché quella signora se ne sta ferma attaccata al palo vestita in quel modo?” E la mamma imbarazzata per l’assenza di spiegazioni logiche rispose “che vuoi che ti dica? Deve essere una velina che sta aspettando l’autobus per andare a lavorare”. Soluzione 3: dare un tailleur a tutte le puttane, una 24 ore, un quotidiano sottobraccio e il gioco è fatto… così non vi sarà nessuna differenza tra una puttana e un’altra puttana che dà il culo per 1000 euro dopo una laurea.
4. La prostituzione è un problema condominiale: le prostitute in casa abbassano il prezzo degli immobili in cui lavorano. Soluzione 4: creare dei condomini lontano dei centri abitati, lontano da occhi indiscreti, dalle strade di maggiore comunicazione, etc. Si vocifera di una colonia su Marte.
5. Lo sfruttamento della prostituzione è una forma di schiavitù legata alla tratta delle donne. Soluzione 5: prendere indice e pollice e aprire, uno per uno, gli occhi degli italiani… forse così cominceranno a vedere che gran parte di loro si diverte un mondo a fare la sarta. Carletto che mestiere fa la tua mamma? – chiese la maestrina il primo giorno di scuola “sarta!” esclamo il frugoletto panciuto. “Oh che bello… ago, filo e stoffe?” “no!”- rispose perentorio il bimbetto – “sarta da un cazzo all’artro”;
6. La prostituzione genera ingiustizia sociale. L e puttane devono pagare le tasse come tutti! Da qui la conseguenza che la prostituzione venga riletta come una professione come le altre. Soluzione 6, la più interessante: lo stato regolarizza le prostitute, ne fa una professione e ne tassa i redditi. Detto in altre parole, prende dal ricavo delle puttane un aliquota del 45%... il che non fa differenza con quello che avviene attualmente ad opera dei cosiddetti “pappa”. In altre poche parole, lo stato si sostituisce a pieno regime allo sfruttatore… e per le puttane sarà sempre la solita storia: c’è sempre qualcuno che mangia a sbafo.

E mi fermo qui perché davvero la casistica è ampia quanto il gran Canyon, ma soprattutto perché la fantasia degli italiani , il perbenismo, l’ipocrisia, il catto-moralismo imperante nella nostra testa fa più vittime degli incidenti stradali nel periodo estivo.
…e intanto molti continuano a parlarne e bla bla bla bla…

Quel che in realtà sta succedendo è un’altra cosa: nel frattempo che queste seghe mentali producono orgasmi inenarrabili succede che il governo si fa letteralmente i cazzi suoi. Non parlo di questo governo… perché per quanto mi riguarda, non appena qualcuno sale al potere il sangue gli va alla testa e comincia a sragionare e a pensare a se stesso.

La politica, vedete, è una specie di gioco di prestigio: perché il trucco funzioni è necessario che il prestigiatore crei un diversivo plausibile che distragga l’occhio balengo del pubblico. Tutta questa storia è infatti un diversivo plausibile, abilmente prodotto per distogliere l’attenzione del pubblico. Attenzione su cosa? Sul la mancanza di idee politiche serie, ma anche sull’invisibile incedere di leggi che di punto in bianco determineranno la nostra vita, mentre noi staremo ancora parlando di puttanate.

Per quanto riguarda la mancanza di idee, beh, la prima cosa che mi viene in mente riguarda una pura e semplice questione di legittimità: ma da quando un ministro delle pari opportunità si occupa di prostituzione? Qual è il collegamento tra le politiche di parità con questa questione? Quale azione paritetica si vuol promuovere contrastando la prostituzione? Vedete io nelle pari opportunità ci lavoro da oltre 10 anni, quando ancora la Carfagna se ne andava in giro sgambettando a “Non è la RAI” e vi giuro che il collegamento proprio non c’è… con tutti i problemi reali di pari opportunità che vi sono. E non mi riferisco solo alla diatriba tra donne e uomini, in cui di solito gli uomini sono sempre dipinti come il sesso forte “da raggiungere”. Un’attenta lettrice del mio blog, aveva scritto un mese fa (con orgoglio e un chilo di cecità) “la Carfagna sta facendo la legge per combattere lo Stalking. Bello, fantastico!!! E da quando il ministero delle pari opportunità legifera? Ma non dovrebbe forse occupare di provvedimenti tesi a riequilibrare culturalmente la visibilità sociale delle donne e quella degli uomini, e di tutte le altre sotto-fasce deboli?

Sembra infatti che la legge delle Carfagna non abbia alcun merito circa il contrasto del fenomeno sociale della prostituzione , ma che tenda invece a sanzionare con multe i comportamenti dei cittadini. Un dubbio allora mi sfiora: non è che l’intento sia quello di creare una nuova tassa comunale sostitutiva all’ICI? D’altronde se un problema lo sia affronta così, più che un problema sociale sembra un problema di casse dello stato vuote, senza contare che il disegno di legge proposto fa acqua da tutte le parti.

Ma il punto rimane lo stesso: stanno tentando di distrarci con futili questioni. Stanno creando un sorta di fiction globale fatta di buoni sentimenti, di moralismo, di falsa giustizia e tutto quanto può farci immediatamente piacere e che ci restituisca la sensazione che le cose vanno nella maniera giusta.

La giustizia, vedete, è un po’ come un oggetto di lusso; solo chi ha i soldi può permettersela e può manovrarla. A tutti gli altri tocca subirla e pagarla.

Ditemi pure se non è così, ma ditemi anche che giustizia è quella che elimina i mezzi per provare le accuse relative ai crimini di chi detiene potere? Vi lascio con questa questione.

Questa discussione sulle puttane è “come rissa tra cani pastori; intanto lupo mangia tutte pecorelle”

Ah, per quanto riguarda l’enigma di partenza, se non sapete la differenza che intercorre tra un preservativo e un riccio, provate a mettere il secondo al posto del primo e vedrete che ve ne accorgerete immediatamente.

Saluti e baci

sabato 6 settembre 2008

5 IN ORTOGRAFIA, CARA GELMINI!!!



Amanda Nash. Presente!
È questo il mio primo ricordo della scuola. Ah, quanta nostalgia! Quanta nostalgia il grembiulino rosa con il fiocco bianco, i panierino con la merendina che mamma mi donava generosamente sull’uscio di casa, le alzate di mano per chiedere la parola, quella grande lavagna nera ruotante e il banchetto sul quale appoggiavo i miei quaderni con le righe grosse. Sembra ieri che iniziavo a scrivere a caratteri cubitali una sfilza di aeiou tutte con la codine, i puntini, etc… giorno dopo giorno. Tutto un anno speso a fare codine alle “a” e puntini sulle “i” … per non parlare di quegli orrendi incubi a cielo aperto rappresentate dalle consonanti… ah quante minchiate!!! Fine del romanticismo. Ma questa era la scuola di trent’anni fa.

Oggi invece le cose sono “diverse”: si va a scuola con il grembiulino rosa e il fiocco, il panierino è diventato uno zaino da scalatore dell’Everest , ci sono dei bei numeri sulle pagelle e se non si riga dritto c’è un bel 5 in condotta. Una gran bella differenza. Non c’è che dire!!!

Vi dirò, però, la cosa mi piace. Vi ho sorpreso nevvero? Eh beh, che volete farci io sono un patita del vintage… delle buone cose di una volta. Quest’anno infatti la scuola si veste in pieno stile anni 30 e ricomincia daccapo. Perché forse qualcosa del passato è valida anche oggi, ma soprattutto perché il progresso non una “qualità” applicabile a tutti i campi. È questo è sicuramente il caso dell’arte della cucina e della scuola.

Questa svolta “epocale” si deve al genio compreso (occhiali alla catwoman e tacco 15, tutto compreso!) di Mariastella Gelmini, il nostro “ministro” dell’istruzione. Insomma non c’è niente di meglio - in vista di un nullo assoluto - che riproporre qualcosa che in passato ha funzionato. Ok, grazie e arrivederci!!!

Tralasciamo un attimo questi dettagli pedagogici, perché fortunatamente i ragazzini sono più veloci e svegli di noi… ma anche più confusi, più obesi, più manovrabili. Ogni bambino di ogni epoca ha dovuto subire un sistema di cose che non si è scelto, e quindi tutti in riga e non rompete le palle!!!

La questione, la vera questione, è un’altra.

Il nuovo diktat è “si torni al maestro unico”. Su questo proprio i sindacati non c’hanno visto più dall’incazzatura, preconizzando un numero indefinito di insegnanti a spasso. Anche su questo, vi dirò, la cosa non mi frega più di tanto; voglio dire, il gioco delle poltrone in cattedra non mi interessa, perché invero non si lotta per la qualità dell’apprendimento quanto per parare il culo a qualche insegnante di troppo.

Adesso, provate a farci caso, la Gelmini parla di mastro unico ed io continuo a parlare di insegnanti… Una qualsiasi persona potrebbe banalmente asserire “embé, i termini sono sinonimi!”. Ed io potrei tranquillamente rispondere “Cara , tesoruccio caro, si vede che al tempo della distribuzione del cervello tu eri assente” e questo soprattutto perché “insegnante” e “maestro” non sono affatto sinonimi. Volete la prova? Bene, allora rispondete a queste semplici domande: “quanti insegnanti ci sono nella scuola italiana?”

Adesso rispondente a quest’altra domanda “quanti maestri ci sono nella scuola italiana?”

Se il cervello – come spero – si è attivato nella giusta maniera vi accorgerete che forse i conti non tornano. Manco pe’ niente. E questo era esattamente quello a cui stavo pensando io.

La Gelmini – asinaccia- come non poche in tutto questo suo slancio mistico verso il passato ha dimenticato di fare i compiti a casa. Io li ho fatti e questa è il mio temino dal titolo altamente criptico: Il maestro non esiste! Sottotitolo: Storia romantica di un’educazione maldestramente abbandonata ad un gruppo di mamme con la penna rossa.

Le donne italiane sono magnifiche e attente osservatrici del tutto opinabile circa gli uomini. Una delle classiche affermazioni – da manuale – è: gli uomini italiani sono tutti mammoni, non hanno le palle… e quell’uccello che hanno in mezzo alle gambe serve loro solo per pisciare. Da questo campione va naturalmente escluso Rocco Siffredi e tutti i portatori sani di problemi all’uretra. Il primo perché grazie al cielo esiste e si sente (soprattutto se ce l’hai tra le gambe) i secondi perché forse ancora risentono dei bombardamenti dell’ultima guerra mondiale.

Ma torniamo a bomba, e concentriamoci sul temino: le donne si lagnano come cagne in calore prese a calci nel ventre per questa caratteristica degli uomini di oggi, ma in questo corale latrato dimenticano che non solo non sentono un cazzo (a proposito il numero delle lesbiche è in crescita), ma anche che non capiscono un cazzo. E mi riferisco al fatto che se il cervello uterino potesse una volta tanto azionarsi per qualcosa che non sia una borsetta griffata o per un’iniezione di botulino, forse potrebbe comprendere che la causa di tutto questo risiede proprio in loro.

La storia, si sa, non è mai stata la materia preferita dalle ragazze (preferiscono la contabilità del portafogli del marito), ma forse una piccola riflessione può spalancare una grande porta. Ok care mamme, ditemi da 50 anni i figli dove e con chi trascorrono i primi 15 anni della loro vita. Non lo sapete? Era chiaro, infatti sono i dettagli che continuamente vi sfuggono: i primi 15 i vostri pargoli maschi li hanno trascorsi così:
- 0-3 anni. Con la mamma, la zia, la nonna, la vicina.
- 4-6 anni. Con la mamma, la zia, la nonna, la vicina, la babysitter e la maestra dell’asilo
- 6-10 anni. Con la mamma, la zia, la nonna, la babysitter e le maestre delle scuole elementari.
- Dai 11 ai 13 anni. Con la mamma, la zia, la nonna, la babysitter e la professoresse delle scuole medie inferiori.

È solo dai 14 anni in sù che finalmente il pargolo comincia, in assenza del padre, a interloquire con i professori (maschi) della scuola superiore.

Ok fermiamoci a questi pochi dati e tiriamo le somme, tenendo presente che la personalità del bambino si forma nei primi anni di vita e che la costruzione dell’identità si costruisce in relazione ai modelli di comportamento che lo stesso vede e assimila nello stesso lasso di tempo. lo so, la “cosa” comincia a lievitare come il panettone di natale. Aggiungiamo anche che gli unici contatti con altri maschi avviene nelle relazioni “orizzontali” (tra bambini della stessa età e fratelli o cugini).

Ok adesso fate voi la somma o la moltiplicazione dei fattori, perché tanto il risultato sarò lo stesso: un caloroso ringraziamento al Dio dei cieli perché vostro figlio, strano a dirsi, non è diventato gay… ma sicuramente misogino. Si quello sicuramente, perché a 15 anni – dopo 15 anni di onnipresenza femminile – delle donne ne avrà le palle piene… e come dargli torto? Ma il peggio “ a da venire” perché di certo se non gay, vostro figlio nono solo vi odia a morte (per tutto il “male” materno subito) ma anche e soprattutto perché è diventato irrimediabilmente diventato dipendente da voi. Da voi mamme ovviamente. Detto in altre parole è diventato il classico, pigro, mammone avente come unico obiettivo di vita quello di incontrare una donna che riesca – con qualche ruga in meno e una vagina fresca – a prendere il posto della madre.

Perdonate la digressione, ma era utile al discorso. Ve lo giuro. Ve lo giuro sulla vita di mio nipote.

Ritorniamo alla nostra cara vecchia Gelmini. Tesoro, cara, non è forse che proprio ti sei dimenticata di pensare al vero problema educativo della scuola italiana? In Italia il 100 % del sistema educativo è in mano alle donne e di questo non mi fregherebbe un cazzo se non ci fossero di mezzo tanti potenziali uomini da allevare come tali nelle “stupide e ignoranti” mani dei modelli di riferimento sbagliati. Insomma, questi maestri do’ cazzo stanno?

Scusate l’alterco volevo solamente sollevare una semplice questione: dove minchia stanno sti maestri? La Gelmini parla di “maestro unico” e allora le questione sono due:
- Forse il ministro voleva dire “maestra unica”, ma con l’ortografia siamo messe male;
- Oppure che c’è stato un errore di sintassi, per cui la Gelmini faceva riferimento “all’unico maestro” (a quell’unico mastro bistrattato dalle colleghe in sovrannumero e che non ha nemmeno diritto di parola?) e non al “maestro unico”.
Il punto è che come al solito - tanto siamo imbevute di auto-adorazione - non siamo in grado di vedere i problemi della scuola: nella scuola italiana ci sono solo donne e questi cazzoni di mammoni sono opera nostra.

E allora care colleghe pedagogiste (forse qualcuna mi legge) anziché stare li a fare le modelle di riferimento e di fare i disegni più carini sui libri, sarà il caso che vi diate una mossa, che leggiate un po’ di psicologia dell’età evolutiva e che ristabiliate la “giustizia educativa”.

Alla Gelmini, faccio i complimenti per aver sollevato (inconsapevolmente) la questione.

Alla Carfagna, al tesoruccio caro del cavaliere nano coi tacchi, chiedo: ma non sarebbe il caso – in termini di pari opportunità - di attivarsi per le quote azzurre nel sistema educativo? E per dinci, lascia perdere le leggi sulla prostituzione !!!

Che poi, voglio dire, non che dopo il Berlusca anche tu vuoi che sia fatta una legge ad personam?

Oggi mi sono proprio rotta le ovaie!!!
Saluti a tutti!!!