mercoledì 30 gennaio 2008

DONNE CON I COGLIONI… MA SEMPRE IN PERENNE INVIDIA DEL PENE - part1

Qualche hanno fa andai al cinema a vedere l’ultimo episodio della saga di Alien: “Alien, la clonazione”. La trama, come al solito molto complessa, evidenziava gli errori della scienza, per cui la clonazione non poteva che giungere ai risultati auspicati solo e soltanto dopo un copioso numero di varianti imperfette… talmente imperfette da dover essere soppresse, tanto erano orribili nel loro mix errato di caratteristiche abnormi e aberranti tra Ripley (S. Weaver) e l’alieno che viveva dentro di lei. Fortunatamente, dopo “soli” 8 esperimenti, gli scienziati riescono a sfornare il clone più simile all’originale. Questo era il film.
Oggi (30 gennaio 2008) La Repubblica ha dedicato un intero paginone al “fenomeno” delle donne che giocano a rugby. Questo il titolo: Rugby. Rimmel e fango le ragazze in meta.
Alle meno attente l’intero articolo è parso certamente qualcosa di attraente e adrenalinico, tanta era l’enfasi posta sui livelli di emancipazione a cui si può giungere inseguendo una palla ovale. Cazzo, mitico: non credevo che una palla ovale potesse avere un simile potere… ed io che pensavo che le suffragette avessero raggiunto l’orgasmo multiplo nell’atto di inserire una scheda in un’urna elettorale. Ad ogni modo, l’attività in sé (mettere un pallone dietro una linea bianca) appare oggettivamente stupida… e continuerebbe ad esserlo se non fosse che agli uomini piace praticarla sin dal lontano 1870, o giù di lì.
La questione che ai miei occhi appare lampante è che i nuovi modelli di femminilità non riescono a non cedere alla tentazione di emulare quelli maschili, presupponendo che in quanto maschili questi modelli siano in sé vincenti per definizione. Non neghiamolo, dacché abbiamo messo i pantaloni abbiamo iniziato a comprendere che non erano alcunché di realizzativo… soprattutto perché a noi non stavano bene come ai maschi, anche a causa di un’evidente carenza di un generoso pacco regalo, rigonfio, ad estensione variabile. Freud la chiamava “invidia del pene”… io invece la chiamo “atroce invidia del pene”
A partire dagli anni ’80 ce l’abbiamo messa tutta per appropriarci non soltanto degli attributi maschili (ve le ricordate le spalline negli abiti? O i comodissimi tailleur ammazza-erezione?), ma anche di tutti i simboli del successo maschile. Lo so, il nostro obiettivo era quello di dimostrare ai maschi di essere al loro pari, di poterli battere sul loro stesso terreno… e fu così che nacquero le pari opportunità: la più grande minchiata del ventesimo secolo… e dei secoli che verranno. Ma poi chi l’ha detto che dovremmo ambire ad essere alla loro stregua? Chi ha inventato questa legenda metropolitana?
Il punto è che innalzando il modello maschile, ad unico e solo modello vincente, abbiamo – per negazione- svalorizzato il modello femminile, ritenendolo fallimentare ed escludendo l’opportunità di ricrearne uno totalmente nuovo ed indissolubilmente femminile al 100%. Mi fermo qui perché potrei scriverci un libro… anzi l’ho già fatto, ma qualcuno si rifiuta di pubblicarlo. Per adesso.
Torniamo quindi a bomba: queste donne del rugby, orrendi cloni con rimmel e fango (per citare il titolo dell’articolo), amano cimentarsi in placcaggi, occhi neri e zigomi fratturati nel tentativo di godere anche per un istante nel sentimento di essere uomini anche loro. Figa, che stupidità atroce… che smacco! Oggi la realizzazione, l’emancipazione corre infatti sul filo del rinnegamento di se stesse, sul filo di una clonazione mal riuscita, ovvero di uno scimmiottare maldestramente qualcosa che non potremo mai essere. E poi si dice che la frustrazione e la depressione femminile hanno radici oscure…
Alla domanda “ma giocare a rugby è una forma di protesta o di emancipazione?”, Daniela (una delle giocatrici, ndr) risponde con la stessa “consapevolezza” di chi non sa neppure che giorno sia, producendo ingenuamente una frase del tipo “so soltanto che giocare vuol dire avere coraggio, mettersi alla prova, accettare le sfide. E poi mi piace il contatto fisico”. Che dire? Un condensato di cazzate finto-emancipate alle quali mi sento di rispondere: “tesoro, la prossima volta che vuoi avere coraggio, metterti alla prova, e accettare le sfide… comincia ad essere te stessa, partorire senza epidurale, allattare i tuoi figli, educarli e farli diventare veri uomini e vere donne. E per quanto riguarda il contatto fisico… cerca di scopare con più allegria e con maggiore generosità. Ci guadagneranno tutti, te per prima.”
E santo iddio, basta con le donne con i coglioni!!! Non ci sono coglioni abbastanza al mondo?… qui si rischia il sovraffollamento. Uffa!!!

QUESTIONE: LA NOSTRA AMICA ROSY AVEVA RAGIONE: NON CI SONO NUOVI MODELLI DI FEMMINILITA’. IO MI SONO STANCATA DI ASPETTARE E VOI? CHE NE DITE DI TEORIZZARNE ALMENO UNO? FATEVI AVANTI!

venerdì 25 gennaio 2008

LA VIOLENZA SULLE DONNE – PART 1

Ci sono giorni che dico a me stessa: “Ma lascia stare! Ma chi te lo fa fare?”. Altri giorni invece mi dico “non mollare… “. Per l’appunto, oggi è un giorno in cui decido di non mollare… e di mollare uno dei mie prodigiosi schiaffi. Senza eufemismi, posso oggi tranquillamente asserire di essere un tantino incazzata… incazzata nera. Nero petrolio. Incazzata nera con l’aggiunta di un paio di narici fumanti… a mo’ di vacca da combattimento.
E sono nera soprattutto per come l’informazione sia costruita a tavolino e resa pan bagnato per le ottuse e pigre menti della maggior parte dei lettori… e delle lettrici. Ok, questo è il mio stato d’animo. Passiamo adesso – invece – alla causa scatenante: un articolo apparso oggi (25 gennaio 2008) a pagina 3 della Cronaca di Milano del Corriere della Sera. Il titolo urla drammaticamente: “Quattro stupri in una settimana. È allarme”.
Gli occhi si sgranano e si cerchiano di nero-anemia, la bava comincia a fuoriuscire impietosa da un lato e dall’altro della mia bocca, il sudore comincia ad emergere da sotto il pullover alpino di lana spessa due cm, le dita della mano cominciano ad esercitarsi in un valzer parkinsoniano, i neuroni cominciano a far a botte.
Sotto titolo. Il prefetto asserisce che l’80% dei colpevoli viene arrestato, mentre l’assessoressa Moioli accusa i clandestini. Amanda Nash sbotta: troppa grazia S.Antonio!
L’articolo prosegue con una serie di statistiche e con le affermazioni della Moioli circa le politiche per contrastare il fenomeno. Queste le sue testuali parole: abbiamo potenziato il Telefono Rosa e il Centro violenze domestiche della Mangiagalli. Come dire… adesso puoi stare tranquilla; se vieni violentata non devi preoccuparti perché da oggi puoi anche tu raggiungere l’orgasmo… basta telefonare e masturbarti al telefono, ripercorrendo – step by step – le fasi salienti del miglior pompino o la miglior scopata della tua vita. Ecco questa è la cosiddetta prevenzione. Mi scuso, in effetti alla prevenzione non ci sono ancora arrivata. La prevenzione infatti è solo una questione di flussi migratori: rispedisci con un calcio in culo gli immigrati al loro paese e tutto passerà. Cazzo, come non averci pensato prima!!! È semplicemente geniale. Vi giuro, io una simile soluzione non sarei stata capace di produrla.
Sulla colonna di destra, l’ennesimo articolone stile Cronaca Vera: settimanale cult che andava in edicola con l’ennesima tettona fuoribordo in vena di cornificazione fraudolenta. Ad ogni modo questo è in sintesi il contenuto: segregata dalle 6 del mattino alle 18.45. Stuprata un’infinità di volte. Costretta a sniffare, a bere super alcolici. Le sue urla hanno richiamato l’attenzione. Ecco il colpevole: uno uomo di 62 anni, nullafacente con precedenti di spaccio, conosciuto come un tipo violento. Questa la vittima: 40 anni single, carattere timido.
Comincio a storcere il naso per una serie di incongruenze.
1- Si legge che la donna è stata “addescata” la sera precedente in un locale del Ticinese. Facciamo due conti: ammettiamo che la donna sia uscita in compagnia dal locale alle due di notte (ipotizziamo). Mi chiedo cortesemente: ma che cazzo ha combinato dalle 2 alle 6 del mattino?
2- La donna asserisce di essere stuprata dalle 6 del mattino alle 18.45. In buona sostanza credo che per buone 4 ore la donzella se la sia spassata, ma sorvoliamo e procediamo oltre.
3- Si evince uno stralcio di conversazione tra i due nel locale notturno. Lei: “ho il riscaldamento mal funzionante, in casa fa un freddo…” Lui: “vieni da me, che ti faccio qualcosa di caldo”. Ecco non so voi, ma estrapolando questo frammento, la prima cosa a cui ho pensato è stata: secondo me questi due stavano buttando giù una sceneggiatura di un film di Tinto Brass. Voglio dire… cazzo va in un locale e con tanta conversazione inutile che puoi sfoggiare, senza il benché minimo ausilio di materia grigia, ti vai ad infognare in simili sottigliezze intellettuali!
4- Il giornalista poi, un certo Berticelli Alberto, ha il dono di condire la realtà con un certa arte melodrammatica degna solo della Rivombrosa, perché non soltanto stereotipicamente asserisce che lei si sia ingenuamente confidata circa un problema domestico (che poi erano in un bar o ad un convegno di idraulici??!), ma che con altrettanta ingenuità alla frase “ti faccio qualcosa di caldo”, la cretina avrà pensato al buon samaritano in vena di performance culinarie per cui anziché ad un’abbondante dose di sbo…bba avrà pensato ad un brodino di pollo con carotine o ad un vin brulé;
5- Che poi voglio dire, asserire che una donna di 40 anni a Milano - e sottolineo Milano e non Wonderland – possa avere l’ambizione di reputarsi “ingenua” alla sua età , come minimo significa che ha vissuto in una cameretta imbottita nei precedenti 39;
6- Ultimo dettaglio: all’arrivo della polizia, l’uomo viene colto dalla sindrome Lewinski: butta gli abiti della donna in lavatrice (leggere per credere) e si sbarazza dei profilattici nella tazza della toilette prima gettati alla rinfusa per terra.
Ora, sincerità per sincerità, dico, ve l’immaginate un uomo che stupra una donna con i preservativi e che per far sparire le prove getta i preservativi nella toilette e mette in moto la lavatrice? E ancora di più, ve l’immaginate uno stupratore che con una certa accortezza cambia preservativo ogni cinque minuti?
Se così fosse, penso che la cretina dovrebbe solo ringraziare. Insomma dove trovi un candidato al reparto geriatrico che ti sollazza per quasi venti ore, usa il preservativo e ti fa il bucato? Mi viene soltanto una grossa risata, perché credo che tutta la notizia sia stata “tipicamente” montata dalla cretinetti… e purtroppo non sarà la prima né l’ultima.
E ringraziamo il cielo che Dio esiste… e che provvede a crearli e ad accoppiarli. D’altronde i coglioni differiscono dalle teste di cazzo per un solo dettaglio: vanno in giro sempre in coppia!Alleluia!

FUOR DI METAFORA, DA OGGI SI APRE UNA FINESTRA SULLA QUESTIONE DELLA VIOLENZA SULLE DONNE… E STATENE CERTE/I… NE VEDRETE DELLE BELLE.

TO BE CONTINUED

giovedì 24 gennaio 2008

HILLARY CLINTON NON VINCERA'... PER ASSENZA DI SOLIDARIETA'

Ritorniamo al perché noi donne siamo tanto affascinate dal modello Marilyn.
Ne converrete, è un fatto che desta molte perplessità, soprattutto in campo scientifico e sociologico. Per quanto riguarda il primo ambito, ci si chiede, ad esempio, come il palmipede in oggetto sia riuscito così rapidamente ad evolversi nella sua variante umana pur mantenendo la stessa quantità di cervello. Nel secondo caso, ci si chiede invece perché le donne, a fronte dell’innegabile portata dei traguardi raggiunti in ambito sociale dalle proprie trisavole, abbiano deciso poi di deviare verso forme naturali di involuzione psichica e comportamentale fino a renderle del tutto simili ad un paio di deliziose calzature in legno tipiche dei Paesi bassi. Insomma, la questione è: perché le donne continuano a comportarsi come “zoccole” al primo pompino o al primo equivalente in zirconi di pessimo gusto? Mistero!!! Un vero mistero, ma intanto non perdiamoci d’animo: c’è una svendita totale di chincaglierie al reparto Cervelli microcefali. Ok, non saranno come quelli veri, ma con un po’ di esercizio possiamo sfoggiarlo per le grandi occasioni senza che nessuno possa accorgersi della differenza. Se invece non avete proprio tempo per fare la fila alla cassa, gli outlet di Rai e Mediaset sono sempre pronti a fornirvi il fior fiore della feccia cerebrale, offrendo sotto-banco neuroni anestetizzati variamente appartenuti a vallette, veline, ballerine mono-passo, promoter mono-prodotto, presentatrici mono-sillabi, attrici televisive a tutto tondo… per quello che sanno fare!

In realtà, più che a Marilyn, stavo in effetti pensando ad una sua canzoncina dal titolo altamente filosofico e, vi giuro, non lo dico a mo’ di presa per i fondelli: “I diamanti sono i migliori amici delle ragazze”. Per chi non avesse avuto il sommo “piacere” di vedere la pellicola in oggetto (Come sposare un milionario. 1953), il film narra la storia di due ragazze “in carriera” nel mondo dello spettacolo: una tappa, bionda, cretina, zuccherosa money-oriented; l’altra, alta, mora e cosciona. La ragazza bionda (la Monroe) è particolarmente affascinata da tutto ciò che luccica, per cui decide di fare il colpo gobbo della sua vita, sposando il figlio cerebroleso di un milionario e, al tempo stesso, incassando una cospicua marchetta da un botolo di grasso di 90 anni dalla bava facile e dai diademi a portata di crociera. Nonostante i pessimi congiuntivi e la disgustosa recitazione, la sgraziata creatura riesce alla fine - e non senza il prezioso contributo della sua amica - a far trionfare l’amore (parliamone) e il conto in banca (di sicuro). La canzoncina ci torna sempre in mente anche perché, volente o nolente, il suo ammiccante contenuto è entrato a far parte del nostro immaginario collettivo, divenendo in men che non si dica l’indizio principale del nostro modo di pensare. Vi rassicuro subito, non che gran parte di noi passi la propria esistenza a cercare di scroccare gioielli al primo allocco danarato (no!!!), ma non possiamo negare il fascino che queste insignificanti pietre esercitano su di noi, accontentandoci spesso di metterci al collo pezzi di vetri abilmente resi molto simili ai primi. Il ritornello viene inoltre astutamente canticchiato in compagnia del fidanzato quando la “disinteressata” ragazza si rende conto che egli è a corto di idee circa il regalo del suo compleanno. Penoso! Anyway, fu così che nacque la bijouterie. Tralasciando il pessimo gusto di molte di noi nell’andare in giro conciate come dei lampadari da teatro, pensiamo invece alle implicazioni, le verità, palesemente racchiuse nel senso del motivetto di cui sopra. Il nocciolo della questione è il fatto, giusto per sintetizzare, che nonostante le peripezie semi-comiche delle due eroine - chissà quanto ne avranno sniffata per accettare di recitare un simile “capolavoro”- ciò che drammaticamente rimane del film è quel dubbio, atroce ne converrete, che tiene in sospeso un’altra annosa questione a cui le donne di oggi non riescono ancora a dare risposta: se “i diamanti sono i migliori amici delle ragazze”, chi sono le amiche? servono a qualcosa? Ma soprattutto, sono mai esistite? E se “si”, quando si sono estinte?

L'EPILOGO LASCIA POCHE SPERANZE, MA IO VORREI - DOPO SVARIATI PREAMBOLI - ENTRARE NEL VIVO DELL'ARGOMENTO... E LA QUESTIONE CHE VI PONGO E' LA SEGUENTE. IN UN MONDO DOVE IL SOVRANNUMERO DELLE DONNE RISPETTO AGLI UOMINI E' UN FATTO ACQUISITO, PERCHE' NON RIUSCIAMO A VINCERE NEMMENO UNA BANALE BATTAGLIA ELETTORALE? PERCHE' GODIAMO NELL'IMPEDIRE CHE QUALCUNA DI NOI POSSA RIUSCIRVI?... GIA' PERCHE?
L'ARENA è APERTA... DATEMI LE VOSTRE RISPOSTE

L'INCAZZATURA E' NERA... PAROLA DI FEMMINA AL 100%

Tra le poche voci che giungono a questo blog (solo perche da poco on line, spero) una è quella di Rosy del gruppo "femmine al 100%". beh, innanzitutto grazie per aver colto la provocazione e grazie anche per la proposta di utilizzare il nero come colore ufficiale della nostra incazzatura.
E' vero cara Rosy, nell'etere si spandono in maniera acritica, ma soprattutto in modo non richiesto, modelli assolutamente sbagliati. Grandemente sbagliati, ma tutti orientati a disegnare una donna che non esiste se non come destinatario di imponenti campagne pubblicitarie che inneggiano una donna perfetta... perfettamente cretina, illogica, demente, stupida e puttana.

RISPONDO QUINDI CON UN'ALTRA PROVOCAZIONE: FATEMI SENTIRE LA VOSTRA OPINIONE SUI MODELLI FEMMINILI CHE CI SEPPELLISCONO COME MERDA ALL'ORA DELLA COLTIVAZIONE DEI FUNGHI.

lunedì 21 gennaio 2008

HILLARY CLINTON NON VINCERA'. ECCO PERCHE'. part 2

La nostra Hillary ha messo ancora un'altra ipoteca sulla sua candidatura alla Casa Bianca... che volete che vi dica: la solita casalinga frustrata! Lei questa Casa proprio la vuole, ma io credo ancora che non ce la farà.
Nella scorsa puntata (part 1) stavamo facendo un po' di cronostoria sociologica sul perché la solidarietà femminile è un concetto nato già morto.
Ecco il resto.
Intorno al 1950 - e prima dell’avvento dei primi movimenti femministi – l’azienda americana del cinema aveva già modellato il suo pensiero filosofico e deciso le nostre sorti, e chiunque abbia anche minimamente visto 2/3 film nella propria vita non può non essersene accorta. Generosamente offerta dalla Twenty Century Fox (o chi per essa), la nuova icona della femminilità del ‘900 se ne andava in giro squittendo a bordo di una fiammante “carrozzeria” di tutto rispetto: tette strizzate, culo a ukulele e cofana bionda platino incluso nel prezzo.
Tra gli optional c’era l’intelligenza, lo charme e l’apparato fonatorio, ma con i tempi che correvano ci si doveva accontentare del modello base, inoltre provenendo dal cinema muto non è che vi fossero grandi modelli di recitazione da Oscar, per cui ogni cagna in vena di prodigiosi baratti sessuali poteva ambire a diventare una stella del cinema. Prendiamone uno a caso.
Il suo nome d’arte era Marilyn Monroe e come ogni prototipo di femmina da intrattenimento - sebbene fosse sospinta da una smodata ambizione personale - non è che fosse particolarmente dotato: altezza media (anzi quasi nana), equipaggiamento strutturale minimo, cervello sotto la soglia della sufficienza o quanto basta per comprendere “cosa” bisognasse fare per “entrare” nel mondo del cinema.
Insomma, un condensato di mediocrità bellamente pronta per le grandi masse, da sempre in cerca di un facile modello in cui identificarsi. Per gli uomini, lei era la Magnifica preda (1954), la Signora Doyle (1952), ma soprattutto la Giostra umana (1952): un giro 50 cent, tre giri un dollaro… sabato e festivi ingresso libero e gamberetti in omaggio. Per le donne, invece, era un colore di capelli, una tinta di rossetto con garanzia di rimorchio e soprattutto uno stura-cessi pronto all’uso (Niagara. 1953) al profumo di pino silvestre.
Oggi, ad oltre 45 anni dalla sua prematura scomparsa – ogni tanto anche il cinema ha le sue botte di culo - le donne cominciano a sentirsi meno schiave di questo modello e decisamente meno nevrotiche all’ora del coiffeur, tentando di tanto in tanto di approdare a sfumature smaccatamente più naturali. Meno plastificate, insomma. Ma la cosa più importante è che – dopo anni di assoluta certezza – si discute sul fatto che nonostante ella avesse fatto “dell’esser oca” il suo marchio di fabbrica, in realtà fosse una donna intelligente, fragile e sensibile. Oddio, non che mi freghi gran che del suo test di sanità mentale e poi ognuna di noi fa le proprie scelte, e certamente ella non avrebbe minimamente immaginato che sarebbe diventata un’icona di moderna femminilità. La questione è invece un’altra.
Il mondo dell’editoria continua a chiederselo, i produttori della prodigiosa tintura biondo platino ingrassano nel dubbio e tutti gli altri partecipano al forum permanente dal titolo suggestivo: “Perché molte donne - e un numero sempre crescente di gay - ambiscono ancor oggi ad emularla?”.


TO BE CONTINUED

giovedì 17 gennaio 2008

MONICA LEWINSKY: IL POMPINO COMPIE 10 ANNI

Come ogni mattina faccio un po’ di rassegna stampa, leggo qui e là, osservo, leggo e rileggo… e poi decido su cosa farmi venire i conati di vomito.
Parliamo sempre di donne perché, come è sottolineato nel titolo del mio blog, noi donne siamo abilissime a scavarci la fossa da sole, e guarda caso veniamo ricordate solo per questo. Oddio, non è che di buoni esemplari di donne non ce ne siano in giro, ma i buoni esempi servono per rimanere dei casi isolati e accuratamente insabbiati. E allora noi cosa facciamo? Facciamo ciò che si deve fare: ci appartiamo sotto la scrivania presidenziale di un qualsiasi uomo che possa garantirci una certa ascesa professionale e sociale, e iniziamo a deliziarlo con la forza delle nostre vere doti. Noi – noi donne intendo – sappiamo bene ciò che stiamo facendo e in un certo qual senso siamo pronte a vantarcene … ma tralasciamo sempre un dettaglio molto importante: lo sanno anche loro. I maschi. Noi siamo di certo gran troie (mi scuso con le signore che ancora non l’hanno scoperto) e loro di sicuro non perdono occasione per ricordarcelo.
Detto questo, entriamo nel vivo del conato grazie al quale ho espulso i residuati bellici della cena di ieri sera. Le nostre facce sono di rado oggetto di attenzione da parte dei quotidiani. Ultimamente, per esempio, si è parlato di Amanda Knox (assassina fotogenica), Meredith (vittima vestita per la sera di Halloween), Letizia Moratti (sindaca spendacciona poco fotogenica), Carla Bruni (first lady in fieri)… e poi c’è lei: la nostra “Monica-dal-pompino-facile”. È vero, la notizia giunge in allarmante concomitanza con l'ascesa politica della sua nemica storica (la rugosa Hillary), ma questo in sé non sembra giustificare il paginone che La Repubblica (del 16 gennaio 2008) le ha dedicato. Ecco, su questo io non posso che chiedermi “perché”. Perché? Perché un pompino riesca a salire agli onori della cronaca, quando magari da qualche parte del mondo c’è una notizia che merita il suo legittimo spazio? Ma soprattutto perché dobbiamo farci ricordare solo per un pompino o per l’equivalente in regali, o per le rughe sul nostro volto?
La domanda, lo ammetto, è complessa. Qualcuna potrà dire che i giornali sono fatti da uomini (complimenti per l’analisi!), qualcun’altra potrebbe asserire che scontiamo un’eredità scottante (la solita solfa sociologica!), qualcun’altra ancora potrebbe ipotizzare che la vita è dura … e che la “sbobba” e acida (le solite lamentele vuote a perdere). La mia opinione è che non siamo letteralmente, teoricamente e praticamente incapaci (fin qui tutto bene) di creare un modello diverso di cultura femminile. Abbiamo sopportato per millenni le ingiustizie che finalmente abbiamo deciso di saltare i passaggi e di raggiungere comunque i nostri risultati. Vogliamo essere famose? Vogliamo esserlo subito? Bene, allora al diavolo lo studio, i sacrifici, le lotte, etc! Da oggi basta diventare una velina, sposare un calciatore, fare la modella… e dispensare bocche larghe e accoglienti dipinte di un rosso gloss n. 5 a qualunque cazzetto che possa assicurarci un minimo di visibilità. Evviva la trasparenza!!!
L’unica drammatica conseguenza di tutto questo non è ovviamente il potenziamento di un’immagine ancor più stereotipata del binomio donna-troia. No care amiche, la conseguenza più nera è di tipo economico: a forza di non lavare più i nostri “abitini blu” per esser certe di poter esibire la prova (Monica docet), metteremo ko il mercato dei detersivi, degli ammorbidenti e delle lavatrici. Se vi pare poco?!...

QUESTIONE: DITEMI IL VOSTRO PERCHÉ’, MA CERCATE DI ESPRIMERE UN PO’ DI BUON SENSO; DELLE VOSTRE STRONZATE NE HO GIÀ’ PIENI GLI ARMADI… E VI GIURO, COMINCIANO A PUZZARE UN PO’ TROPPO.

domenica 13 gennaio 2008

HILLARY CLINTON NON VINCERA'. ECCO PERCHE'. part 1

Il nostro amico "dubbioso" ha messo il coltello nella ferita, ipotizzando che la causa delle sconfitte sociali e politiche siano prodotte in realtà dalle stesse donne. Dunque, la mia considerazione in risposta a quanto suddetto è: CAZZO, come avrà fatto ad indovinare alla prima? Voglio dire... una simile risposta me la sarai aspettata da un'altra "perspicace" donna, e invece di donne nemmeno l'ombra su questo blog... che avranno paura del confronto? che avranno deciso che davanti ad una simile verità sarebbe stato meglio tacere? Logorroiche come siamo, inutilmente logorroiche come siamo, mi sarei aspettata un esplosione di vittimismo e bla bla bla.
Ad ogni modo, visto che comunque l'imbeccata l'ho avuta, procediamo con lo scoperchiamento del Vaso di Pandora.
La prima scomoda verità che tiriamo in ballo è che la SOLIDARIETA' TRA DONNE non esiste. Detto cosi potrebbe suonare come un luogo comune, ma io vorrei davvero ad andare in fondo alla questione, ripercorrendo con voi la nascita di un mito che, come tale, è rimasto lontano da noi anni luce. Le relazioni interpersonali a cui stavo pensando sono le cosiddette relazioni di “innata” solidarietà femminile, ovvero quelle che ci consentono oggi di poterci plausibilmente accostare all’eutanasia: solo un’altra donna infatti potrebbe staccare senza esitazione la spina del polmone artificiale al nostro capezzale, soprattutto – aggiungo - se qualche ora prima di entrarvi eravamo teneramente abbracciate al suo fidanzato o a suo marito; nel primo caso per atavico senso di rancore, nel secondo per sempiterna gratitudine.
Lungi dall’essere pressappochista, vi dirò che le teorizzazioni sulla solidarietà femminile vanno fatte risalire alla notte dei tempi: intorno agli anni ’50, o giù di lì. Si, ok, avrei potuto fare uno sforzo storico più ampio, ma io penso che prima che la donna si decidesse a prendere attivamente parte alla vita sociale per cercare di recuperare una certa dignità di “genere”, le poche diatribe per il cazzo del Re si risolvessero semplicemente con un calice di letale vino rosso, un stiletto da borsetta intinto nel cianuro, un rogo sulla pubblica piazza e una scarpetta di cristallo in piena fronte.

TO BE CONTINUED

giovedì 10 gennaio 2008

HILLARY CLINTON, CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA?

In groppa ad un asinello “a stelle e strisce” la candidata democratica Hillary Clinton è partita alla volta della Casa Bianca: delizioso appartamentino uso foresteria dove ogni First Lady si sbizzarrisce a scegliere la carta da parati, la tappezzeria, gli ornamenti floreali… e il colore della mise delle stagiste pronte ad una fellatio gratuita e disinteressata con il titolare dello Studio Ovale. Qualche anno fa Hillary aveva scelto l’azzurro, ma poi – a suo discapito – si accorse che forse sarebbe stato più idoneo un color panna-acidula. Pessima performance!!!
A qualche anno di distanza, la nostra amica - certa di poter esibire una performance superiore – ha deciso di raccogliere l’eredità del marito (tranne una) e di sottrargli l’ambita poltrona. Fantastico!!! In questi giorni, infatti, ha cominciato a sbraitare in mezzo ad un gruppetto di vecchietti in odor di pensione la sua ambizione a diventare la prima presidentessa degli USA.
Prima tappa: le elezioni Iowa. Obama vince il primo confronto, mentre Hillary comincia a spargere di calde lacrime su profumatissimi fazzolettini di organza bianca con le proprie iniziali. Lei si congratula con Obama… e subito dopo, con la stessa forza distruttiva di uno tsunami arrivano le critiche, le considerazioni a caldo e i discorsi sociologici sempre più assomiglianti ad oscuri presagi di morte: ce la farà? Sopravvivrà? L’accopperanno? Si suiciderà?... ma soprattutto, perché non vincerà?
La prima grande opinionista made in USA - nonché sociologa, femminista e fondatrice di un Women’s Media Center – Gloria Steinem si esibisce in un articolo altamente puntuale dal titolo porta-sfiga “Perché le donne non vincono mai”.(v. la Repubblica del 9 gennaio 2008) Vi dirò, dopo un’attenta lettura le sue analisi si presentano più o meno come la solita aria fritta che da qualche tempo viene emanata da qualsiasi femminista-superior-integralista-vittima-al-cubo: la colpa come al solito è della lotta tra sessi (e dei “generi”), della prepotenza del modello maschilista, nonché delle discutibili note di curriculum della Clinton. Insomma, una così come fa a vincere? E voi la votereste?
Io si. Io la voterei, soprattutto perché donna. O forse solo per questo. Ma devo essere sincera, questo particolare credo che sfuggirà grandemente a quell’orda di femmine americane numericamente maggiore di quella dei maschietti. E non bisogna nemmeno stupirsi, e sapete perché? Perché noi donne, siamo donne. Si ok, il concetto appena esposto suona come “vuoto”… e un po’ come dire “una rosa è una rosa”. Allo stesso modo, una donna è una donna. Ok, non l’avete capita, vero? Ecco, lo vede che siete inferiori!!?
Diciamola, allora, in un altro modo: credo che la nostra sapientona Steneim abbia dimenticato di andare un po’ più a fondo nella sua analisi… e, in quanto femminista, non potevamo che aspettarcelo. Noi donne, si sa, siamo sempre state delle “scarica-barili” di prima classe, per cui se c’è una colpa dobbiamo attribuirla a qualcun altro… e se c’è una verità scomoda dobbiamo tenerla seppellita il più possibile.

Quali verità? beh se volete scoprire insieme a me il vaso di Pandora, occhio al prossimo post!!!
To be continued

domenica 6 gennaio 2008

LA BICICLETTA CON IL NASTRO ROSA - 4 parte

Ma torniamo alla spiaggia "rosa".
Il cartello all’esterno recita pietosamente “Anti-Uomo”. Un articolo sul web si pregia di diffondere i raccapriccianti dettagli dell’ameno luogo: “all'interno della spiaggia esclusiva, le donne potranno prendere il sole liberamente, ma anche farsi belle, grazie alla presenza di parrucchieri e truccatori. Attenzione anche alla linea, grazie all'apposito menu creato ad-hoc da una dietologa per tutte le bagnanti e ai vari corsi di cucina, ma anche e soprattutto fitness. Anche tutti gli addetti allo stabilimento saranno rigorosamente donne e il rosa sarà il colore dominante di ombrelloni, lettini, ecc.”
Prendiamo cinque minuti di pausa: intervallo vomito. Sapete, la cosa bella del vomitare a go-go è l’elemento sorpresa; non sai mai cosa può fuoriuscire. Oggi vengono servite interiora di agnello falsamente digerite durante la Pasqua di quattro anni fa. Il contorno a scelta. Si prega di ritirare lo scontrino prima della consumazione. Non si accettano buoni pasti.
L’evento pro-conato – per tornare al rigurgito precedente - è stato condito dalla presenza inutile di una madrina d’eccezione: Lara Croft o meglio Karima Adebibe, l'attrice americana che dopo Angelina Jolie, è il nuovo volto dell'eroina del videogioco Tomb Raider, perchè è "intelligente, arguta, sportiva, sexy, simbolo della donna di oggi e preferita dagli uomini." Così sta scritto! Ma consentitemi qualche piccolo appunto, giusto una piccola critica. Tanto per cominciare, Lara Croft non esiste, come non esistono tutte le qualità virtuali che le sono state attribuite. Bel modo di cominciare: far presenziare un’eroina virtuale che rappresenta – manco pe’ niente – la donna di oggi. Domanda di verifica: quante di voi se ne vanno in giro avventurosamente alla ricerca del vaso di Pandora? L’unica cosa di avventuroso che ci è concessa è trovare un pandoro in saldo nel periodo pre-natalizio. Che poi non è la stessa cosa. Vogliamo parlare anche dell’arsenale che la donzella si porta appresso con la stessa leggerezza di una trousse di trucchi mono-uso? L’unica arma che potremmo prontamente utilizzare è un lacca per capelli o un rossetto andato a male. Quelle più audaci, per ottenere l’effetto “sterminio-sicuro”, omettono volontariamente di farsi il bidet per due settimane. Ma poi, dico, concettualmente è tutto sbagliato: come si fa a trasformare una spiaggia in un covo di depresse croniche alla ricerca delle meches dell’ultima ora e pretendere di assimilarle ad una presenza virtuale che - come minimo - non sa nemmeno cosa sia un lucida-labbra? Ma scherziamo?!

QUESTIONI:
MA PERCHE' SIAMO COSI OSSESSIONATE DA MODELLI SEMPRE PIU VIRTUALI ED IMPLICITAMENTE SEMPRE PIU' IRRAGGIUNGIBILI?
NON CI FA MALE ABBASTANZA VEDERE ALLO SPECCHIO LO SFACELO FISICO A CUI SIAMO DESTINATE?
CI OCCORRE ANCHE UNA DERIVA PSICOLOGICA?
E DITEMI QUALI SONO I VOSTRI BISOGNI A CUI SPERATE DI NON FAR MAI SEGUIRE UN SODDISFACIMENTO ADEGUATO?

giovedì 3 gennaio 2008

LA BICICLETTA CON IL NASTRO ROSA - 3 parte

Riprendiamo la nostra dissertazione sul colore rosa.
Non so voi, ma secondo me, la cosa più deprimente è vedere come anche la più sfegatata delle femministe oggi non perda tempo ad intingere ogni rivendicazione in questo colore, producendo accostamenti concettuali al limite del comprensibile: i “parcheggi rosa” per le donne puerpere e con figli piccoli; le “quote rosa” per le parlamentari minorate… ehm, volevo dire in minoranza numerica; i “finanziamenti rosa” per le imprenditrici del caso; lo “sport rosa” per le donne che non vincerebbero una medaglia neanche se le facessero correre da sole, etc.
E siccome non passa anno che non partoriamo un idea “magnifica”, da quest’anno possiamo farci i complimenti a vicenda per l’ottimo risultato ottenuto sul versante della tinteggiatura di un lembo di litorale romagnolo. L’hanno denominata la “spiaggia in rosa”. Un bel 10 lode per la creatività! Le Tv e i giornali di tutto il paese ne hanno dato notizia, facendo risaltare l’incredibile portata innovativa dell’iniziativa promossa dagli organizzatori del titolo di miss Muretto. Vogliamo parlarne? Bene, facciamolo!
Partiamo dall’ente promotore: un gruppo di benefattori che conferisce annualmente l’onorificenza di Miss Muretto, alla ragazza che più di altre si è distinta per aver avuto una certa assonanza concettuale col titolo stesso, ovvero alla ragazza che ha dimostrato di avere un muretto. In testa. De coccio, proprio!
Non è che la lingua italiana offra poche opportunità linguistiche; per esempio, avrebbero potuto chiamarla “Miss Q.I.”, oppure “Miss-tanco-di-portare-i-tacchi-a-spillo”. Sottotitolo: Fatemi fare un’altra cosa. Per pietà! Oppure, ancora, “Miss-ento-proprio-una-cretina”. Sottotitolo: miss-ono laureata con 110 e lode. Insomma, se questo criceto lo facessimo lavorare davvero, qualcosa di buono ne uscirebbe… o no? No! La risposta è no! E allora sgambettate e non rompete i coglioni!!! Uffa!

VI LANCIO UNA PROVOCAZIONE: CHE NE DITE DI CONIARE UN NUOVO COLORE CHE RENDA GIUTIZIA ALLA FORZA DI CUI SIAMO CAPACI?! ... SE NE SIAMO CAPACI.
ATTENDO FIDUCIOSA LE VOSTRE PROPOSTE

TO BE CONTINUED

mercoledì 2 gennaio 2008

LA SORTE DI PARIS HILTON: FIN TROPPO BENEVOLA - part 2 il ritorno

Prima della fine del 2007 ci eravamo lasciati con le avventure esistenziali di miss-sono-fatta-un’overdose-di-nichilismo, al secolo Paris Hilton. Oggi le ripeschiamo perché mi occorre far luce sull’influenza di codesta pulzella nell’immaginario delle donne vuote-a-perdere. C’ho pensato per un po’, poi tutto è riaffiorato dai meandri con la stessa forza devastante dei conati di vomito post-cena di capodanno… tanto per rimanere in tema.
L’anno scorso, o giù di lì, andava in onda “La pupa e il secchione”: l’ultima pietra miliare del entertainment televisivo lobotomizzante, oggetto di un’audience spropositata. Tale trasmissione, partendo da due stereotipi vecchi come il cucco - la bella/stupida e il secchione/cesso - produsse a suo tempo un mondo di possibilità sconcertanti e di finali a sorpresa, del tipo: “vuoi vedere che riusciamo a far diventare un’oca intelligente e un secchione strafigo?”
La sfida era aperta: gli ingredienti c’erano tutti, la location era pronta, i partecipanti scalciavano ai blocchi di partenza e la fogna mediatica cominciò a popolarsi di autorevoli candidati e sgallettate da sagra di paese. Tra queste, una fra tutte destò il mio interesse. Ecco, non ricordo affatto il nome, ma non dimentico mai una faccia così lontanamente somigliante a quella di Paris Hilton e tantomeno una cretina che ambisce a candidarsi a diventare “la sua sosia”. Vorrei trovarmela davanti quest’insulsa donzelletta dai biondi capelli - ovviamente ossigenati- che si dava tanto da fare per emulare le “sinuose” fattezze dell’ereditiera in parentesi da roditrice, per chiederle semplicemente tre cose:
1- “ci sei o ci fai?” ;
2- Quanta cocaina hai mescolato nel fard?
3- Quante volte corri in bagno ad incipriarti il naso?
Ricordo che quel giorno fui portata al pronto-soccorso per improvvisa sindrome convulsiva associata a prematuri indizi di comportamenti ossessivi compulsivi quali tic nervosi, balbuzie e altre amenità (per chi non ce l’ha). Dopo essermi ripresa, una serie di questioni cominciò ad affollare la mia testa cotonata per l’occasione: Aspirante sosia? Ma da quando ci sono simili aspirazioni in giro?? E soprattutto, ce ne sono altre che ambiscono alla stessa poltrona??? Non ricevetti risposte, ma il dubbio di essermi persa qualcosa mi accompagna tuttora. Insomma, ai nostri tempi si anelava ad essere ambasciatrice dell’UNICEF, migliore attrice protagonista, premio Nobel o premio “vattelappesca”. Oggi invece sembra che il massimo a cui si possa aspirare sia essere la più sosia tra le sosia di “una” – una qualsiasi – dal conto in banca traboccante.
Mah! Boh! Sob!… mi sento frastornata. Non so come affrontare la questione e per quanto mi sforzi non riesco proprio a comprendere la logica sottostante un fatto così balordo. Ma ci voglio provare. Per prima cosa, spinta come sono da sano appetito per le indagini impossibili, vorrei comprendere a che livello di realizzazione psicologica e fisica si possa giungere cercando di rassomigliare ad un’altra donna del tutto priva di qualsiasi talento se non quello di essere nata nella famiglia giusta… che poi, guarda caso, è l’unica cosa non passibile di imitazione. Insomma non si può fingere di essere ricca. O mi sbaglio? Ma non perdiamoci dietro queste seghe mentali e diamo per scontato di averlo capito: la ragazzina dal cervello bacato ha avuto un relazione sessuale estenuante con lo scemo del villaggio che l’ha irrimediabilmente contagiata del suo Q.I. A meno che le cose non siano andate in maniera diametralmente opposta, ovvero che sia stato “lui” a diventare lo scemo del villaggio dopo aver frequentato la platinata sciacquetta. Il dubbio ci attanaglia, il cane si morde la coda, la pendola comincia a suonare, il bimbo urla, la teiera fischia, il postino suona. È il caos!!! Ok, ok, sorvoliamo anche su questo e tentiamo di andare avanti nell’ingrato compito di svelare il mistero della ragazzina senza mento (proprio non ce l’ha. Fateci caso!). Allora, ah si, una volta raggiunta la somiglianza con l’ereditiera e la notorietà che merita - in quanto cogliona illetterata – ciò che mi chiedo è quale sia il plusvalore che l’aspirante sosia pensa di aver prodotto con la sua presenza in un show-business che ambisce per definizione a superare se stesso ad ogni nuova stagione televisiva. Forse, dopo aver scalato il successo come falsa-ignorantona immaginerà che qualcuno, sfruttando l’effimero consenso dell’audience, le affiderà una trasmissione culturale, in cui finalmente ella potrà svelare al mondo di essere intelligente… e realizzare il suo sogno nel cassetto: dimostrare a tutti di essere come Paris Hilton, ma anche di essere più intelligente di lei, contribuendo ad abbattere lo stereotipo negativo della bella-oca… e inventandone un altro: la cessa-oca.
Dio mio, sto per vomitare un’altra volta!!!

QUESTIONI: MA NON SIAMO PROPRIO CAPACI DI ELABORARE ALCUNCHE’ DI ORIGINALE? PERCHÉ CI ABBASSIAMO A QUESTE LOGICHE “STERMINA-FEMMINE”? PERCHÉ ALIMENTIAMO QUESTI STEREOTIPI?