lunedì 21 gennaio 2008

HILLARY CLINTON NON VINCERA'. ECCO PERCHE'. part 2

La nostra Hillary ha messo ancora un'altra ipoteca sulla sua candidatura alla Casa Bianca... che volete che vi dica: la solita casalinga frustrata! Lei questa Casa proprio la vuole, ma io credo ancora che non ce la farà.
Nella scorsa puntata (part 1) stavamo facendo un po' di cronostoria sociologica sul perché la solidarietà femminile è un concetto nato già morto.
Ecco il resto.
Intorno al 1950 - e prima dell’avvento dei primi movimenti femministi – l’azienda americana del cinema aveva già modellato il suo pensiero filosofico e deciso le nostre sorti, e chiunque abbia anche minimamente visto 2/3 film nella propria vita non può non essersene accorta. Generosamente offerta dalla Twenty Century Fox (o chi per essa), la nuova icona della femminilità del ‘900 se ne andava in giro squittendo a bordo di una fiammante “carrozzeria” di tutto rispetto: tette strizzate, culo a ukulele e cofana bionda platino incluso nel prezzo.
Tra gli optional c’era l’intelligenza, lo charme e l’apparato fonatorio, ma con i tempi che correvano ci si doveva accontentare del modello base, inoltre provenendo dal cinema muto non è che vi fossero grandi modelli di recitazione da Oscar, per cui ogni cagna in vena di prodigiosi baratti sessuali poteva ambire a diventare una stella del cinema. Prendiamone uno a caso.
Il suo nome d’arte era Marilyn Monroe e come ogni prototipo di femmina da intrattenimento - sebbene fosse sospinta da una smodata ambizione personale - non è che fosse particolarmente dotato: altezza media (anzi quasi nana), equipaggiamento strutturale minimo, cervello sotto la soglia della sufficienza o quanto basta per comprendere “cosa” bisognasse fare per “entrare” nel mondo del cinema.
Insomma, un condensato di mediocrità bellamente pronta per le grandi masse, da sempre in cerca di un facile modello in cui identificarsi. Per gli uomini, lei era la Magnifica preda (1954), la Signora Doyle (1952), ma soprattutto la Giostra umana (1952): un giro 50 cent, tre giri un dollaro… sabato e festivi ingresso libero e gamberetti in omaggio. Per le donne, invece, era un colore di capelli, una tinta di rossetto con garanzia di rimorchio e soprattutto uno stura-cessi pronto all’uso (Niagara. 1953) al profumo di pino silvestre.
Oggi, ad oltre 45 anni dalla sua prematura scomparsa – ogni tanto anche il cinema ha le sue botte di culo - le donne cominciano a sentirsi meno schiave di questo modello e decisamente meno nevrotiche all’ora del coiffeur, tentando di tanto in tanto di approdare a sfumature smaccatamente più naturali. Meno plastificate, insomma. Ma la cosa più importante è che – dopo anni di assoluta certezza – si discute sul fatto che nonostante ella avesse fatto “dell’esser oca” il suo marchio di fabbrica, in realtà fosse una donna intelligente, fragile e sensibile. Oddio, non che mi freghi gran che del suo test di sanità mentale e poi ognuna di noi fa le proprie scelte, e certamente ella non avrebbe minimamente immaginato che sarebbe diventata un’icona di moderna femminilità. La questione è invece un’altra.
Il mondo dell’editoria continua a chiederselo, i produttori della prodigiosa tintura biondo platino ingrassano nel dubbio e tutti gli altri partecipano al forum permanente dal titolo suggestivo: “Perché molte donne - e un numero sempre crescente di gay - ambiscono ancor oggi ad emularla?”.


TO BE CONTINUED

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