venerdì 29 febbraio 2008

MADRE PUTTANA

Tempo fa avevo inaugurato il filone “LA VIOLENZE SULLE DONNE. AVERCENE!”, oggi lo tiro in ballo nuovamente perché rimanere cieche davanti a certe notizie è sempre facile… soprattutto durante un periodo di scelte elettorali infarcito di tante promesse e di tanti bla bla bla che tentano di convincerti su questo o sul quel tema che ti sta a cuore. Quest’anno è la volta della legge sull’aborto.
Mi ero ripromessa di non affrontarlo fintanto che non mi fossi chiarita anche io le idee… e così continuo a fare, sebbene molte/i di voi mi chiedano via e-mail di parlarne e di prendere una posizione.
Il punto è che prima di parlare di feti e di embrioni bisognerebbe parlare di madri… di madri esemplari: una di quelle che ti vien voglia di lasciar cadavere per strada col ventre svuotato di tutti gli apparati riproduttori e passarci sopra con un rullo compressore per essere certe di non commettere l’insano errore di lasciarla respirare un secondo di più. E va bene che si avvicina Pasqua, altrimenti sarei piu cattiva... Ok, ok mi raffreddo un attimo e poi riprendo…
Stamane, me ne stavo tranquilla nel mio baretto preferito a sorseggiare il mio cappuccino quando, sfogliando il giornale, sono rimasta pietrificata con la tazzina a mezz’aria… a causa di uno di quegli articoli che chiunque amerebbe non trovarsi mai davanti agli occhi: a pagina 20 della Repubblica, un titolo a caratteri cubitale urlava: VENDE FIGLIA NEONATA PER UN TELEFONINO.
La madre in questione è una certa Barbara Sgambetterra che ha fatto del dogma femminista “il ventre è mio e lo gestisco io” la sua filosofia di vita, o come si direbbe in ambito aziendale la sua “vision”... eh si perché di questo si tratta di un’azienda che produce utili: la TROIAVACCA&PUTTANA srl.
Questa grandissima vacca (chiedo scusa alle vacche) non avendo abbastanza soldi per depilarsi le sopracciglia ha pensato bene di vendere la sua neonata ad una coppia di coglioni che non potendo avere figli decidono di comprarli sottobanco in cambio di un cellulare, 2000 euro e un’automobile. Questo è quanto vale una vita che non ha scelto di essere venduta al miglior offerente. Io un simili gruppo di rappresentanti del genere umano li avrei venduti per una sigaretta… tanto più che non fumo.
La ragazza (la puttana, insomma) si difende asserendo di essere stata costretta a farlo. Costretta? Costretta? Un attimo, cerchiamo di comprendere i confini epistemologici dell’affermazione perché altrimenti si rischia di cadere nel facile patetismo… perché le donne – quelle che diranno di lei “poverina” – staranno già facendo un cordone umanitario per aiutare la povera sgallettata ad uscire da quella che gli inquirenti hanno chiamato “contesto sociale degradato”. Si fa presto a dire che la storia è frutto della società!!!… cos’è da oggi ci siamo inventati un nuovo capro espiatorio su cui far convergere tutte le nostre colpe del cazzo??? No, proprio non ci sto. Dobbiamo prenderci le nostre responsabilità altrimenti qui non si comincia più e soprattutto non si finisce… nemmeno fra seimila anni.
Ritorniamo per un attimo all’affermazione “essere costretta”… mi chiedo spesso “chi” e “cosa” l’abbia costretta: una scopata troppo abbondante? Un’ingordigia fuori misura? Un orgasmo a cui non si può di re di no... o meglio una pianificazione aziendale? Perché vedete questa grandissima vacca (l’azienda è sua) nel suo essere mentecatta si ovviamente dimenticata di crearsi un potenziale alibi credibile: sarebbe stata infatti più convincente se avesse affermato di averla venduta per un pezzo di pane, per pagare l’affitto, per aiutare la madre morente. No, qui si parla di un cellulare, di soldi e di un’automobile nuova… e dunque siamo giunti alla reinvenzione dei nostri bisogni primari? E in virtù di questi nuovi bisogni “fondamentali” possiamo sentirci legittimate a simili azioni? No, vi dico io come stanno le cose.
Le cose vanno che… che la mia voglia di farla fuori è rimasta la stessa perché l’irrazionalità di certi eventi non può e non deve convincerci della loro plausibilità: siamo di fronte ad una puttana, di una madre puttana che ha venduto una parte di sé per soddisfare il suo bisogno di sentirsi ancora più troia a bordo della sua fiammante autovettura, di parlare come una strafiga davanti agli altri esibendo il suo nuovo cellulare. That’s all folk!!!
Forse se si fosse privata del suo televisore a colori, se avesse smesso di depilarsi le sopracciglia (cessa com'è, poi...) , se si fosse prostituita, se avesse chiesto l’elemosina… forse c’avrebbe fatto una figura più degna.
Certe troie andrebbero solo eliminate dalla terra o deportate in qualche ameno luogo dove comprendere il reale senso delle parole vita, amare, bisogno e sacrificio. Chissà se in questi casi sarebbe ipotizzabile, al pari dei pedofili, una castrazione chimica?

Ditemi la vostra, perché io ancora credo di non averci capito nulla.

Vostra Amanda

mercoledì 20 febbraio 2008

VERONICA BERLUSCONI: L’ANGELO IMMORALE

La donna ritratta nel precedente post non è Alba Parietti, ma la moglie del magnifico Silvio dai capelli neri: Veronica Lario (per i fans).
Io una volta l’ho vista all’Arena di Verona, in estate, alla prima di non so bene cosa… questo poco importa.
Torniamo al fatto che la coinvolge su questo mio blog, anche perché visto che sono personaggi pubblici che si insidiano -volente o nolente- nella nostra vita possiamo permetterci anche noi di rispedire il "pacco dono" al mittente con un’unica causale: intromissione indebita nella mia vita, nella mia morale… e nel mio giornale preferito… eh si che l’ho anche pagato, quindi la notizia comunque mi appartiene.
Veniamo al dunque: il 28 febbraio p.v. uscirà in libreria un nuovo best seller intitolato “L’angelo morale”, scritto ed edito dalla stessa Veronica Berlusconi (quando si dice il monopolio dell’informazione…).
Il primo dubbio su questo libro riguarda il fatto di come possa essere un best seller quando ancora non è nemmeno uscito sui bancali delle librerie? La risposta è semplice: un abstract è già apparso su Kos, rivista del San Raffaele diretta da Don Luigi Verzé…(indovina chi lo finanzia?) è questo vi assicuro basta e avanza per ipotizzare un simile pronostico di vendite.
Non so voi, ma io già me le vedo le “pie” lettrici della suddetta rivista precipitarsi in libreria o in autogrill per azzannarsi l’un l’altra al fine di accaparrarsene una copia… almeno solo per soddisfare la curiosità di sapere come va a finire la storia.
Il Corriere della Sera del 14 febbraio (pag. 10) pubblica la copia dell’articolo apparso su Kos (o forse ne ha ricevuto una copia in anteprima, ma questo non ci frega) e ci delizia di offrircene il “meglio” mettendo a confronto due foto dell’autrice (?): Veronica oggi (pia donna dai sani principi) e Veronica di vent’anni fa (donna di sani principi e di oculate scelte).
Leggo e rileggo l’articolo contaminato da tutta una serie di puntini di sospensione (…) e l’unica parola che mi esce dalla bocca - pietrificata per l’occasione a causa di uno scontro mortale con il non-sense dell’intero paginone a lei dedicato – è: “perché?”, ma soprattutto “a chi giova?”
Il dubbio si insinua soprattutto perché l’articoletto è tutta una prosopopea delle avventure mistiche di Maria Teresa di Calcutta.
L’idea in sé- ne converrete- potrebbe risultare vincente… se fosse venuta dalla nipote della stessa Maria Teresa, ma qui invero il tutto fuoriesce sgradevolmente da una donna che come minimo prima di mettersi in bocca certe parole dovrebbe farsi i gargarismi con la soda caustica, quindi un esamino di coscienza, quindi guardare l’uomo a cui si è unita in comunione dei beni, e quindi ancora ammettere di averle scritte sotto l’effetto delle prime avvisaglie di un morbo di Alzheimer.
Non ho il potere di giudicare nessuno, mi limito a valutare - in quanto lettrice e destinataria dell’articolo - la fonte. Insomma, ma da che pulpito arriva la predica? Si, ok è possibile che la signora Veronica abbia vissuto con l’onorevole Berlusconi in pieno stato di schizofrenia, per cui se per l’80 % della sua giornata godeva con complicità dei frutti dell’etica del marito, per il rimanente 20% sognava una vita da eremita sulle rive del Gange. Tutto è possibile, ma credo che la coerenza non sia certamente la sua più grande virtù.
Mi chiedo dunque come possa concettualmente una persona invischiata in un loop socio-economico di questi livelli asserire tranquillamente “non c’è solo denaro e successo”. Lo so cara Veronica, avresti voluto ambire a qualcosa di più alto… che so essere la prima moglie del Papa (e Dio solo sa quante volte mr B c'ha provato), ma credo che tu possa egregiamente accontentarti di fare quel che cazzo ti pare, senza per questo spargere nell’etere i consigli di nonna Papera.
Dopo gli ossequiosi ringraziamenti alla Suora, Mrs B comincia il suo discorso “morale” con lo stesso afflato che si confà alle pie donne senza peccato e senza macchia.
Vi dirò, apprezzo molto l’intento, ma continuo a non capirne il senso, anche perché il discorso è un condensato di “Se” a destra e a manca… neanche fosse Kipling.
Infatti si legge: Se all’interno della coppia, della famiglia, della società, l’uomo scorgesse nella donna questo valore (la forza interiore della donna, ndr) (…) Se tutto ciò non viene affermato, tale positività può trasformarsi in frustrazione, perché la donna perde la sua essenza quando non le viene riconosciuto il suo valore.
Dopo i primi dubbi (che riguardano più lei che non tutte le donne del mondo) iniziano le formulette della più banale matematica dei sentimenti conditi da tante buone intenzioni… e vai col tango:
- (la donna) perde l’identità e scivola ad emulare il modello maschile: da sempre immagine di successo, potere, denaro e carriera;
- Recuperiamo amore, rispetto, ascolto e dialogo;
- Poi da vera estremista cristiana attacca l’Islam. In alcune realtà della civiltà islamica alle bambine viene negato il diritto allo studio, perché non serve al ruolo che dovranno ricoprire.
- Gli uomini che non si interrogano sull’”arte del sentimento femminile” perdono la possibilità di trasmettere qualcosa di essenziale alle generazioni future, in un vuoto e inconsistente narcisismo (ancora un’autocritica credo, ma ormai è tutto letame);
- Se l’uomo non impara contribuire al riconoscimento del valore femminile (aridaglie!) nasceranno generazioni morte, che non saranno sostenute né da valori morali né dal sentimento dell’amore (altra autocritica, immagino…).

E poi prosegue con altre porcate degne solo del più bieco moralismo, perbenismo e femminismo paleocristiano filo-Piccole-donne.
Conclude l’articolo con frasi del tipo: non uccidiamo l’angelo, che è presenza morale e che incarna una forza d’amore.
Dio mio, ho ancora i conati di vomito… sono esterrefatta per la sequela di luoghi comuni, di tanta morale cristiana e beata, di tanta falsità sulle donne.
Cara Veronica, non mi intrometto sulle tue scelte di pubblicare… tanto lo faresti lo stesso, ma ogni tanto, oltre a dispensare consigli del cazzo buoni solo per le suore e per le donne che non esistono, impara a guardarti attorno: ci sono donne che uccidono, donne che sgambettano e non solo per emulazione ma anche per proprio piacere, donne che tradiscono … donne che di Angelo hanno solo il panettiere dietro l’angolo o l’idraulico del pronto intervento pronto a sollazzarle.
Cara Veronica, il benessere economico, oltre a renderti strabica e con le orecchie ovattate, ti ha reso aliena da quella che è la vita, ma soprattutto da quello che sono le donne.
...E una volta per tutte: lascia stare in pace i libri “etici” e cerca di frequentare il meno possibile il caro Alberoni.

Concludo dicendo: sono incazzata, incazzata, incazzata… all’ennesima potenza, perché certamente il libro venderà più della Bibbia (non sono invidiosa), ma soprattutto perché in termini di schemi culturali perpetuati all’infinito questo sia il più chiaro esempio della nostra debolezza, della visione “caritatevole” delle nostre virtù, del nostro non essere buone nemmeno per dare “un paio di schiaffi”.

Collericamente vostra, Amanda

sabato 16 febbraio 2008

CHI L'HA VISTA?... MA ANCOR DI PIU', L'AVETE SENTITA?

Sto meditando su questa signora... abbiate pazienza, ma la cosa si fa difficile, dura e poco profumata.

mercoledì 13 febbraio 2008

PUTTANA 30 E LODE. IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI, O VICEVERSA?

Un paio di giorni è apparsa sull’etere una notiziona succulenta che non ha ricevuto la giusta considerazione e che avrebbe meritato… se il nostro bel paese non fosse bigotto e ottuso come lo è nei fatti. E so anche perché: quando la scienza entra negli angusti ambiti della morale, tutti fanno finta di nulla, glissano, evitano l’argomento o lo riducono a mero fattuccio di costume.
Beh, in quanto sociologa non posso invece che entrarvi per capire e per cercare di spiegare.
Questa è la notizia: SONO COLTE, LAUREATE E AMANO I PROGRAMMI DI INFORMAZIONE. ECCO LE NUOVE SQUILLO.
Questo il sottotitolo: Addio alle prostitute da marciapiede sottoproletarie, old style e incolte.
La notizia promette quindi dirompenti rivelazioni, anche perché – come si legge - è stata prodotta dall’Associazione dei sessuologi.
L’articolo è una valanga di dati statistici, tra cui spicca quello relativo al titolo di studio: la laurea. Circa il 30 % del campione infatti è laureato e l’11 % parla correttamente una lingua straniera. Il 27 sono studentesse, il 18 % casalinghe. Questo il fatto.
Passiamo adesso alle motivazioni addotte dalle intervistate: il 20 % dichiara di prostituirsi per pagarsi gli studi, per pagare il mutuo. Il 35 % si dichiara soddisfatto di questa scelta “professionale”. Ok, ci siamo.
Vi avverto che non mi soffermerò sul cambiamento “culturale” delle battone; insomma laureate o no quel che devono fare non ha nulla a che vedere col titolo di studio… ci mancherebbe, anche perché mamma si incazzerebbe non poco sapendo che tutti i suoi insegnamenti di buona “educazione sentimentale” non sono valsi a un cazzo e che la figlia per aprire i suoi buchi ha dovuto prendersi una laurea.
No, la mia riflessione verte sul cambiamento culturale che noi donne abbiamo attuato nei confronti della vita in generale. Posso tranquillamente asserire che abbiamo interiorizzato l’arte del “sorpasso”, o meglio del vivere saltando i passaggi.
Io sono un po’ alla vecchia maniera sapete, perché immagino che ciò che forma il carattere sia il sacrificio. Intendiamoci nulla di biblico, solo quel che basta per “stare” nelle situazioni in posizione scomoda. Francamente questa storia del vendersi per pagarsi gli studi mi sembra una cazzata immane, una minchiata, anzi una minchiatona dipinta di falsa umiltà (guarda cosa mi tocca fare per studiare!!!) e di falso spirito di sacrificio (sono costretta a fare pompini per pagarmi i libri!!!). Insomma, ve l’immaginate un’orda di studentesse che per puro amore della cultura e del sapere si fanno inchiappettare da chiunque… basta che paghi…e che respiri?
No, a me non la date a bere care amiche; state solo cercando di compiere il minimo sforzo per apprendere come fare la bella vita senza muovere un dito. In questo non c’è nulla di male, sia chiaro, ma credo che un minimo di sincerità sia dovuta. Ditelo senza troppi preamboli che fare le puttane vi riempie di felicità (e di cazzo), perché scopare è bello e perché è ancora più bello se alla fine riuscite anche a fare shopping senza dover far fatica. Questa è l’etica… e per favore smettetela di mistificare: oggi esistono le fotocopie, esistono le biblioteche, esistono gli appunti, esiste internet, esistono le borse di studio… e soprattutto esistono mestieri che continuate a rifiutare. Di certo fare la colf o la ragazza alla pari è più dignitoso che ammettere di “dover” fare la puttana per pagarsi gli studi… La verità invece è che reputate questi mestieri degradanti: ci si spezza le unghie a strizzare il mocho o a spolverare… meglio aprire le gambe.
Che dire allora? Io direi che vostra mamma ha fatto bene il suo dovere, convincendovi che gli uomini esistono per questo. Sono sempre esistiti solo per quello. È una specie di scambio: loro sono strumento del nostro benessere economico, noi del loro piacere. Mitico, questa è quella che si chiama inter-dipendenza… o forse solo dipendenza, visto che loro possono sempre evolversi imparando a farsi delle goduriose seghe… mentre ahimé a noi resta solo la speranza che a qualcuno gli si stanchi la mano, perché non saremmo capaci di far altro nella vita.
Questa è l’emancipazione che abbiamo raggiunto: un condensato di pensieri “colti” coi quali affrontare la vita seguendo le nostre naturali inclinazioni… perché – ne converrete – il massimo che possiamo aspettarci dalla vita è fare la cosa verso cui siamo più “portate”: fare le mignotte… e farlo al meglio con la competenza necessaria per guadagnare il più possibile. È questo l’obiettivo della laurea: preparare i giovani al mondo del lavoro… e in questo caso non si può proprio dire che l’obiettivo non sia stato raggiunto.
Concludo allora innestando un dubbio (Dubbioso mi ha contagiato): fare le mignotte serve a pagarsi gli studi… o gli studi servono a formare nuove e più competenti mignotte?
Siate sincere perché se così fosse, bisognerebbe solo cambiare il sistema universitario, cancellando come prima cosa gli esami scritti e mantenere solo gli “orali”. Chi vuole intendere…

QUESTION TIME: LE DONNE SONO MIGNOTTE NEL DNA… O FANNO FINTA DI NON ESSERLO FINCHE’ NON ARRIVA L’ORA DELLO SHOPPING?

martedì 12 febbraio 2008

I PERCORSI STRABICI DELLE PARI OPPORTUNITA' - PART 4

Terza verità: Noemi è pazza… e noi la seguiamo a ruota.
Concludo la trilogia del "cazzo ci stiamo a fare al mondo?" con l'ultima delle tre verità. eccola!!!

Dopo tante seghe mentali di tipo scientifico, abbiamo finalmente compreso che si, siamo diverse dagli uomini, ma questo non cambia la situazione: la zappa sui piedi ce la diamo anche da sole. La consapevolezza della nostra diversità, la sua valorizzazione, è la notizia del secolo e l’abbiamo accolta con grande entusiasmo, certe che questa avrebbe potuto restituirci quella “libertà di movimento” tanto ambita. A parte la variegata altezza dei tacchi, i vertiginosi spacchi, le minigonne inguinali che hanno decisamente trasformato il nostro religioso incedere in sensuale e libero desiderio di muoversi come ninfomani tra i carcerati in astinenza, la libertà che volevamo ottenere ha sempre riguardato (anche) la possibilità di sfruttare appieno le nostre caratteristiche di personalità ed esplodere professionalmente in qualcosa di autorealizzativo.
Come prima cosa – visto che ci siamo accorte che l’errore stava a monte - ci siamo spinte in facoltà universitarie tecnologiche per cercare di annullare le “prospettive di genere” relative ad alcune professioni da sempre considerate “maschili”.
Come secondo passo, dopo aver riscontrato un problema attitudinale verso materie quali la meccanica e la fisica, abbiamo ripiegato miseramente sulle solite discipline umanistiche in cui siamo state sempre brave, ma talmente tanto brave che nei secoli (dei secoli amen!) ci siamo trasformate in un esercito di cloni variamente rassomiglianti a: stizzite maestrine dalle penna rossa, infermiere da macelleria rionale, assistenti sociali a due euro al mese, malvestite commesse da centro commerciale, represse manager a forma di segretarie a vita, ed altre deliziose professioni in cui - vuoi per masochismo, ma più per indole - sguazziamo come oche giulive al varo dello stagno nei primi tepori di primavera.
Se, infatti, agli albori della nostra beneamata emancipazione queste professioni apparivano la “via di fuga” dai fornelli, a cui bisognava dire di “si” per ottenere una briciola di libertà, oggi il medesimo ragionamento fa acqua da tutte le parti. Le ultime generazioni di donne, sul versante delle scelte scolastiche e professionali, ne converrete, sono del tutto libere di decidere cosa fare della propria vita, ma soprattutto non più condizionabili da genitori o da chicchessia.
La mia amica Noemi – figlia di genitori molto all’antica – era spaventata dalle reazioni che questi avrebbero potuto avere se fossero venuti a conoscenza della sua vera professione. Ecco perché, neanche fosse una stampatrice di banconote da 2 euro e mezzo ciclostilate in cantina, andava in giro spargendo false notizie - spudoratamente false, intendiamoci - sulla sua attività lavorativa. Tutte le volte che si entrava in argomento, oltre a diventare paonazza per la vergogna, cercava comprensione e solidarietà, supplicando: “vi prego, non ditelo ai miei; loro non sanno che sono un ingegnere astrofisico, pensano che io sia un’attrice porno.” E poi singhiozzando concludeva: “Se solo lo sapessero si lancerebbero dal Salto Angel senza l’impermeabile. Non potrei sopportarlo. Proprio no! Oltretutto l’impermeabile è indispensabile per diminuire l’effetto bagnato.” Si, lo ammetto ci sono stati momenti in cui ho dubitato della sua sanità mentale, ma poi mi sono detta: “che importa, basta che ci sia la salute!”...
Importasse solo questo, saremmo gli esseri piu felici della terra, ma...

MA C'E' DELL'ALTRO (ANCORA QUALCOSINA...). RIMANETE ON LINE... E SE CI RIUSCITE SPARATE A ZERO, EVITANDO SVIOLINATE DA QUARTIERE A LUCI ROSSE... SONO IMMUNE, E SOPRATTUTTO SONO GIA' SPOSATA. ALELUIA!!!

domenica 10 febbraio 2008

I PERCORSI STRABICI DELLE PARI OPPORTUNITA' - PART 3

Seconda verità: Wonder Woman non ha avuto figlie illegittime.
Abbiamo lottato a suon di slogan e ricerche scientifiche per dimostrare a questi poveracci a due zampe – più comunemente detti uomini – di essere più intelligenti di loro, e cosa ci abbiamo guadagnato? Nulla, o forse solo il risultato statistico che ci vede percentualmente più secchione dei ragazzi, come se questo ci rendesse di fatto più capaci o non semplicemente più erudite.
Nel nostro biologico auto-referenzialismo, ci siamo dette di essere migliori degli uomini, ma poi aggiungiamo quell’antipatico “se solo ci venisse data l’opportunità”. Peccato che quando il miracolo avviene, non riusciamo comunque a dimostrare alcunché, salvo che lamentarci dei pesantissimi e “comodi” retaggi culturali che non ci lasciano vie di scampo e delle prospettive professionali maschiliste che poco si confanno alla nostra indole.
Io questa tiritera l’avrò sentita un miliardo di volte e francamente comincio ad averne le tasche piene. Volete i lavori degli uomini, prendeteveli!!! Ci sono, infatti, professioni che volentieri gli uomini ci lascerebbero svolgere (il manovale, il saldatore, il becchino, lo scaricatore di porto, etc.), ma chissà perché, non appena si prospetta una tale eventualità, affiorano le nostre umanità femminili, per cui ci rintaniamo in quelle comode pantofole culturali dalle quali non vorremo più uscire. E fu così che nacquero frasi del tipo: “è un lavoro troppo pesante per una donna”, oppure “non è un lavoro da donne”, o meglio ancora “è un lavoro tipicamente maschile”. E poi dicono che le donne non sono neppure capaci di fare una frittata. Vi giuro, le ho viste con i miei occhi: le sanno fare, ma ancora di più sanno rigirarle ad arte. Escludendo perciò le consorelle con gli occhi a mandorla - che da secoli hanno abolito la manicure al mercoledì e la permanente al sabato - l’unica donna della storia occidentale che si sia tolta lo sfizio di dimostrare all’uomo di non aver nulla da meno è stata una provetta operaia tutta-gambe che sgobbava in fonderia da mattina a sera per rendersi emancipata, nel vero senso della parola. Peccato, ma davvero tanto, che la fortunata vincitrice del concorso “Come ti demolisco un uomo” all’anagrafe risulti poi essere Jennifer Beals e che il sogno di milioni di donne si sia infranto sulle note di Flashdance.

Ragionamento diametralmente opposto viene, invece, sviluppato quando le posizioni organizzative in oggetto sono, diciamo, prestigiose: amministratore delegato, o responsabile/dirigente di qualsiasi comparto organizzativo. In questi lavori, chissà come mai, ci sentiamo improvvisamente “super-competenti” e capaci perfino di ottenere risultati meravigliosi, grazie anche a doti di cui gli uomini sono (secondo noi) biologicamente sprovvisti: sensibilità, acume, spirito di sopportazione, orientamento al cliente, empatia. Ovviamente - visto che non tutte siamo come ci piacerebbe essere - per giustificare i nostri fallimenti abbiamo a portata di mano una serie di scuse già belle e pronte da servire su un piatto di ceramica bavarese durante le annuali valutazioni delle performances.
Sebbene anche in questo caso si possa attingere variamente a qualunque fonte di fantasia, la nostra scelta ricade sempre sulla stessa, solita, banale motivazione: “la colpa è del collega maschio, il quale - sentitosi sopraffatto dalla nostra travolgente genialità - ha fatto di tutto per ostacolarci, rendendoci praticamente impossibile esprimere il nostro potenziale”. Cazzo, che sforzo immane di creatività! Continuiamo a bissare il successo.
Guardandola più da vicino, questa visione del fallimento è intrinsecamente legata ad un’immagine mitologica anch’essa abusata dalla popolazione femminile: la piccola donna che lotta contro un’orda barbarica di arrivisti maschi assatanati che pur di “farla fuori” non esitano a tirarle inenarrabili tiri mancini del tipo:
1- rubarle la merendina piena di Omega 3 prima di una riunione importante;
2 - nasconderle i tampax dopo aver acceso il condizionatore;
3- attivare la sua segreteria telefonica quando lei è assente;
4- aprire la finestra del corridoio alle prime rondini di primavera;
5- farle trovare sulla scrivania una confezione da 100 di buste per corrispondenza via area, etc.

Mi chiedo spesso come una donna possa sopravvivere a simili angherie… e poi dicono che il mobbing non esiste. Mah! Sopraffatta dalla gestione straordinaria di questi eventi apocalittici, la donzella dimenticherà un importante e decisivo dettaglio che potrebbe determinare la sua anticipata dipartita aziendale: la simultanea presenza di altre donne con la bava alla bocca protese, stile squalo a digiuno, verso la stessa poltrona. Ma di questo ne parliamo più avanti

DOLCE DONZELLA DALLA DENTIERA A FORMA DI PIRANA AFFAMATO DA UN MESE... RACCONTAMI LA TUA VERSIONE DEI FATTI... IO INTANTO MEDITO SULLA TERZA VERITA'. VERITA' SOCIOLOGICA, INTENDIAMOCI... MIE DOLCI CRETINETTE DALLA BOCCA GRANDE E DAL CERVELLO VUOTO

sabato 9 febbraio 2008

I PERCORSI STRABICI DELLE PARI OPPORTUNITA' - PART 2

Ed eccoci alla prima verità: Wonderbra non è sorella di Super man
Come prima cosa, abbiamo scoperto tristemente di non essere delle wonder women. Pensavamo, infatti, di essere straordinari esemplari di una nuova tipologia di esseri umani, dotate di poteri sovrannaturali, altrimenti non si spiega l’ondata di cartomanti e di para-psicologhe che ha sommerso gli angusti ambiti della scienza esatta video-trasmessa. Ci siamo convinte, inoltre, di poter fare qualunque cosa e ci siamo ritrovate a non saper più stirare una camicia o cucinare due uova sode. Rimedio subito con il primo consiglio di Suor Germana: “le uova, care amiche, basta dimenticarsele sul fuoco!”
In compenso - dirà qualche furba dell’ultima ora - sappiamo fare altre cose e di solito, rispetto agli uomini, le sappiamo fare meglio. Per esempio, la guerra. Verissimo: da che c’è miss Condoleeza Rice, le relazioni diplomatiche a livello internazionale sono peggiorate del 90 %, la popolarità del presidente Bush è in calo vertiginoso e la Mc Donald’s non è riuscita ad aprire sei ristoranti a Kabul.
E da noi le cose non vanno certamente meglio. Da che ci sono alcune donne in parlamento non ci sono stati passi avanti in nessuna direzione. L’unica cosa che è cambiata è stato solo il profumo e l’estetica delle aule parlamentari, invase oramai da un inusuale Chanel n.5, abitini da educatrici stile-Montessori, acconciature retrò, scarpette alla Miss Marple e qualche fiorellino qua e là. Tanto per farla pulita, come premio al nostro ingresso in politica, sono stati “inventati” i Ministeri senza Portafogli, di cui noi siamo diventate le utili detentrici, come dire che ci hanno promesso di farci fare le star della pièce teatrale, per poi relegarci al ruolo di inutili comparse vestite dello stesso colore della tappezzeria. A mo’ di sfondo.

COMINCIATE A RIFLETTERE CON ME SU QUESTA PRIMA VERITA'... MA RESTATE IN LINEA ... LA PROSSIMA STA ARRIVANDO.

venerdì 8 febbraio 2008

CAMPA CAVALLA... CHE SCHIATTI PRIMA

Ragazze cerchiamo di farcene una ragione: non ce la faremo mai!
Per tutta la vita abbiamo desiderato di calare di peso e finalmente ci siamo riuscite. No, tranquillizzatevi non sto per darvi l’ennesima formuletta magica far sparire quelle naturali adiposità dai nostri deretani nervosi; no, sto per annunciarvi che - per quanto deambuliamo sui nostri stilizzati tacchi a spillo - se saremo fortunate riusciremo a raggiungere una simil-uguaglianza agli uomini dovremo aspettare il 2065 d.c. È questo l’anno in cui il Professional Women’s Network (PWN) in collaborazione con la Mercer ha ipotizzato l’uguaglianza numerica tra uomini e donne ai vertici delle aziende. Il dato viene evidenziato da un articoletto su Economia & Carriere del Corriere della Sera di oggi (8 febbraio 2008).
Vi dirò, non sono né stupita né addolorata… anzi direi che sono contenta perché magari da oggi a quella data gran parte delle donne “in carriera” avrà forse capito che proprio non ne vale la pena… considerato il costo psicologico e biologico che questa “rivincita” sottintende. Il punto è sempre lo stesso: finché le donne continueranno a scimmiottare gli uomini ci sarà ben poca speranza di farcela, o meglio finché non ci saranno nuovi modelli di imprenditorialità femminile sarà improbabile che ciò possa avvenire anche nel 2065. Io per quella data spero già di essere in bella mostra in urna sottoforma di posacenere, ma già piango le poverette che si illuderanno di vincere in un modello aziendale creato sulle peculiarità psico-attitudinali degli uomini. Se vi sembra poco, considerate la questione da un punto di vista meramente attitudinale: possiamo insegnare ad una gallina – con prove e riprove – ad arrampicarsi su un albero… ma se prendiamo uno scoiattolo facciamo prima. Si, detto in poche parole, la questione della predisposizione innata a vivere in un certo ambiente (fisico e sociale) non dipende soltanto dalle volontà e dalla determinazione delle persone, ma anche da una certa “attitudine naturale e innata” ad essere quel che si è… con poche speranze di essere qualcos’altro.
Lo so, state storcendo il naso perché la mia affermazione non vi piace… ma è così e dovete solo prenderne atto.
Proviamo adesso ad invertire l’esperimento e a chiedere ad uno scoiattolo di deporre un uovo. Se lo scoiattolo non è scemo vi dirà che non può, forse perché non sa nemmeno cosa sia un uovo… è nella sua natura.
Penso dunque che dovremmo fare pace con questa nostra natura, senza tentare costantemente di negarla, rifiutarla o demonizzarla: siamo donne, siamo così e non potremmo essere diversamente.
Per tornare alla questione del peso, volete sapere in quale ambito di vita lo abbiamo perso? Non lo sapete? Bene, allora date un’occhiata al stesso quotidiano e verificate insieme a me la “qualità” della nostra visibilità sociale:
pag 1: Madonna e la figlia Lourdes alla sfilata di Gucci
pag 2: le “amichette” dei boss arrestati, senza nemmeno l’onore di vedere le proprie facce in chiaro;
pag 9: La Finocchiaro che sgambetta la Borsellino per una poltrona in Regione;
pag 13: Chelsa Clinton presa per il culo da anchor-women per la sua vocina alla Cristina D’Avena;
pag 20: La pornostar Lollipop trovata morta
pag 21: Una modella francese trovata morta nella Senna;
pag 25: Cecilia (ex Sarkozy) che difende la propria privacy con un ipotetico copia-incolla degli SMS dell’ex. Meglio stendere un velo...
Pag 27: aridaglie con Madonna
Pag 5 del supplemento Lombardia: Tiziana Maiolo rifatta “ad arte” che sfonda porte aperte a go-go sul mondo della moda. Grazie non lo sapevamo e aspettavamo che ce lo dicessi tu;
Questo è il nostro contributo, il nostro peso, nel mondo.
Beh, facciamoci i complimenti da sole, perché se aspettiamo quelli degli altri… altro che 2065!!! Campa cavalla…

giovedì 7 febbraio 2008

I PERCORSI STRABICI DELLE PARI OPPORTUNITA'

Qualcuna/o mi accusa di provincialismo... neanche avessi fatto la predica a Suor Germana.
Ma sorvoliamo su questa inezia e cominciamo ad analizzare la strada del nostro ambito riscatto sociale. Ne converrete è stata sempre in salita: abbiamo lottato come tigri per ottenere alcuni diritti basilari, tali da poter almeno sussurrare di aver pareggiato i conti con l’uomo, di essere al suo livello. Alcune di noi addirittura continuano a ripetere a se stesse di essere anche meglio degli uomini, quasi fossimo una razza a parte: un OGM o un condensato esplosivo di perfezione creato in laboratorio. Altre sostengono con forza – non senza presunzione - che se non ci fossero le donne bisognerebbe inventarle. La donna quindi si auto-percepisce come un principio regolatore che stempera le divergenze e i conflitti e fomenta la pace.
Altre ancora, più illuminate delle prime - direi quasi abbronzate - dichiarano che non ha senso mettere a confronto uomini e donne proprio per la loro diversità psicologica, fisica e intellettiva.
Per far comprendere tutte queste grandi cazzate agli uomini - e alle generazioni che ci stanno sorpassando - ci siamo proprio date da fare ottenendo, nostro malgrado, l’effetto opposto. Abbiamo infatti iniziato a conquistare piano piano e male alcuni spazi di vita: da quella professionale a quella politica e sociale. In questo percorso, già di per sé complesso, possiamo senz’altro affermare di esserci mosse “a macchia di leopardo”, ovvero in maniera poco lineare e contraddittoria… e non a mo’ di strafighe maculate da testa a piedi. Quest’ultime, com’è noto a tutte, hanno preso la palla al balzo (anzi due) decidendo di sviluppare un business esentasse nei viali poco illuminati delle nostre città.
Procediamo con calma, e partiamo dalla vita professionale.
Senza star li a raccontarvi la storiella delle prime femministe - altrimenti sai che palle! - oggi siamo giunte ad un livello di apparente uguaglianza, in cui gli uomini continuano a fare quello che facevano cent’anni fa, mentre le donne hanno imparato ad "esternalizzare" quello che facevano in casa da oltre due millenni a venire. Detto in poche parole, ci siamo messe il tailleur per “fare i mestieri” in un luogo che non è più casa nostra, decidendo poi paradossalmente di negare questa evidenza.
Una delle grandi convinzioni di noi donne è sempre stata quella di essere nate per fare altro nella vita che servire gli uomini e curare il focolare domestico, anche se già da qualche anno qualcuna di noi pagherebbe per poter ripristinare l’antica posizione di presidio del regno domestico e mandare l’esosa colf - letteralmente e simbolicamente - “a quel paese”. A questa convinzione, del tutto legittima se ne aggiunta una più “filosofica” che ha previsto, come primo passo verso la liberazione, quella che fosse necessario uscire di casa per conquistare gli spazi di vita prerogativa esclusiva degli uomini. Essere libere per noi ha sempre significato fare quel che ci sentivamo di fare, senza più essere obbligate, per esempio, a svolgere le classiche mansioni tradizionalmente implicite nella “divisione del lavoro” e dei ruoli, secondo una prospettiva di “genere” (maschilista).
Dopo anni di sperimentazioni e di lotte per comunicare agli uomini il nostro isterismo e il nostro bisogno di scegliere autonomamente -“il corpo è mio e lo gestisco io”, urlavamo per ottenere la legge sull’aborto - finalmente oggi possiamo dire di essere libere e belle; libere dalla forfora e belle e magari anche snelle e puttanelle. Sto divagando ancora!
Questa libertà ottenuta a suon di morsi nei coglioni ai nostri effeminati compagni/mariti - diventati nel frattempo, psicologicamente eunuchi - ci ha restituito però qualcosa che non ci aspettavamo: una serie di scomodissime verità.

VOLETE SAPERE QUALI? BEH, NON VI RESTA CHE ATTENDERE IL PROSSIMO POST. NOTTE NOTTE!!!

mercoledì 6 febbraio 2008

ASSESSORE(sse) ALLE PARI OPPORTUNITA’ - part 1

Oggi mi va di dare un paio di cazzotti a quelle strane presenze istituzionali dette ASSESSORE ALLE PARI OPPORTUNITA’. Che dire di loro? Un manipolo di stronze griffate, cotonate pronte solo a lodarsi per aver conquistato una stupida poltroncina di cartapesta. Si, insomma, ne converrete, di pari opportunità se ne parla solo quando di mezzo ci sono donne isteriche pronte a tutto per far capire a tutti che loro ce l’hanno fatta, pronte – dicono loro – a lottare per l’iniqua sorte che ci è toccata a causa di questo straziante “tetto di cristallo” che opprime da tempo immemore il successo a cui abbiamo diritto. E giù allora con gli slogan, i pieghevoli, i convegni e i servizi che non servono a un cazzo (pardon… una minchia ndr).
Ultimamente mi sono infiltrata al convegno delle Pari Opportunità della Provincia di Bergamo. C'ero andata per capire lo stato dell’arte dell’inutilità delle donne in politica e come volevasi dimostrare la mia teoria è stata verificata esattamente come il teorema di Pitagora.
Immaginate per un istante una sala convegno che potrebbe ospitare 400 persone, ma che per l’occasione ne contiene appena un 1/5 (lasciate stare la matematica e le frazioni e seguitemi nel discorso… che poi v’interrogo).
Storco il naso perché mi chiedo come mai di presenza maschile neppure l’ombra se non qualche mammone cretinotto con la tetta ancora in bocca e il cervello lavato e stirato, un prete, un assessore che deve fare la sua parte. È infatti chiaro che i bei discorsetti di pari opportunità dovrebbero essere rivolti proprio a loro… e invece nulla. Ma proseguiamo facendo finta che questo dettaglio non ci interessi affatto.
Dopo aver storto il naso mi preoccupo di farmi venire anche il torcicollo per analizzare l’audience: 10 suore, uno stuolo di vecchie dame di compagnia in preda ad un prematuro rigor mortis, un paio consigliere di parità sempre più assomiglianti alle sorelle sceme della Rita Levi Montalcini (auguri per i 99... ben vissuti. Ndr), un altro paio di assessore comunali al medesimo ambito. In tutto, più o meno un’ottantina di stronzette pronte all’applauso facile per ogni contenuto strappalacrime degno solo della De Filippi nel suo peggior “supposta per te”.
Le luci si spengono, metà delle astanti si addormentano di colpo e il film può partire. Dopo le necessarie presentazioni del cazzo, l’assessore maschio se la svigna… al prete invece tocca aspettare il suo turno. Salgono sul podio a turno tutte le preparatissime oratrici (chissà da dove proviene tutta questa pratica?) che illustrano con dati e notizie da novella 2000 la situazione mondiale delle pari opportunità: in Asia manco l’ombra, in Darfur manco quella… mentre nel resto del mondo un esercito di scassa cazzi si sta organizzando per fare RETE. Ed eccoci al concetto centrale di tutta la solfa: LA RETE. Per chi non lo sapesse, “fare rete” è il mito degli anni 2000, ovvero l’obiettivo di globalizzazione di tutte le cose che ci circondano. Insomma, per dirla brevemente, oggi non si può prescindere dal fare rete.
Il concetto sottostante quello di rete (a sentir loro nuovissimo) è quel vecchio adagio popolare di stampo guerrafondaio che insinua “l’unione fa la forza”. Come prima cosa potrei dire che sicuramente questo detto deve essere stato pensato da un uomo; un uomo che non avrebbe mai pensato di estenderlo anche alle donne… è ovvio, perché le donne tutto sanno fare tranne che solidarietà e gruppo (ma ve ne parlerò).
Ecco, è proprio a questo punto che lo sbrodolamento (quello mio) raggiunge l’apice, perché il diktat rimane quello di fare rete, ma nessuna delle presenti sa come cazzo si fa … e improvvisamente quella che doveva essere la messa in pratica di un concetto operativo si trasforma nell’ennesimo Tè in casa Suor Germana: un condensato immane di minchiate sparate a raffica, una mitragliata di buone intenzioni degne solo del Papa durante l’’Angelus domenicale, un trionfo di “volemose bene… manco pe’ niente” e un tripudio di “arrivederci e grazie… e chissenefrega”.
Rimango basita perché un’idea continua a seviziarmi il cervello: gli uomini in politica fanno schifo al cazzo… ma le donne andrebbero sterminate col gas nervino… perché di tanta astrazione, di tante parole non rimarrà nemmeno il ricordo. In realtà, quello che queste signore vogliono è solo il potere (il loro personale), per quanto riguarda le altre donne “che se la prendano nel culo senza vasellina… d’altronde se non sanno fare i pompini ad arte cosa possono aspettarsi dalla vita?”
Se pensate che oggi sia ipercritica fate qualche buona navigata nei siti delle pari opportunità e ditemi voi cosa vedete. Se pensate che la donna non abbia ancora fatto un solo passo avanti, non arrendetevi ai luoghi comuni che relegano le nostre sorti a piedi dell’uomo… no, cominciate a dare un’occhiata ai tacchi a spillo, al vuoto concettuale e mentale che si cela dietro i miti di uguaglianza sbandierate da queste uome coi baffi. Siate critiche anche voi… perché altrimenti proprio non se ne esce più.

DOMANDA DI RITO: MA VOI QUESTE AZIONI DI PARI OPPORTUNITA’ LE AVETE MAI VISTE? IO CREDO SOPRATTUTTO CHE ALLE DONNE NON FREGHI UNA PIPPA DI OTTENERE LA PARITA’… FIGURARSI, PAGARE IL CONTO DEL RISTORANTE AD UN UOMO? MANCO MORTE!!! PECCATO, CI SIAMPO PERSE UNA GRANDE CHANCE...

LE "VITTORIE" DELLE PARI OPPORTUNITA'

... LA BICICLETTA CON IL NASTRO ROSA...
Sono circa vent’anni che stiamo letteralmente rompendo i coglioni ai paesi dell’Islam per l’iniquo trattamento che riservano alle donne. Abbiamo inviato emissari, consoli, ambasciatrici, delegazioni di pari-opportunità, letterine di protesta, messaggi nelle bottiglie, piccioni viaggiatori incazzati, candele natalizie, uova di Pasqua con monito incorporato, bambole gonfiabili senza tshador, etc. Insomma, non ci siamo fatte mancare nulla per cercare di sensibilizzare i governi di questi paesi nel tentativo di restituire pari dignità alle donne orientali, ma soprattutto per cancellare da quei territori l’immagine della donna come essere inferiore relegato ad un ruolo di secondo piano. E poi si sa, nelle nostre menti illuminate c’è l’idea che questi paesi siano retrogradi. Noi davvero ci crediamo, anche perché ci crogioliamo nell’idea di essere nella giusta prospettiva di osservazione. Io fossi in voi, comincerei con una bella visita dall’oculista, due fondi di bottiglia, un bastone da passeggio bianco. A parer mio, infatti, non abbiamo capito una minchia (al femminile, così rispettiamo le pari-opportunità).
Analizziamo brevemente la questione.
Nel medio-oriente di religione mussulmana alle donne non è concesso di usufruire degli stessi servizi degli uomini: ci sono autobus per le donne, bagni pubblici per le donne, negozi per le donne, luoghi di culto e di istruzione per le donne e perfino centri commerciali per le donne. Insomma c’è una netta spartizione dello spazio per gli uomini e per le donne. Apriti cielo, non l’avessero mai detto! Un’orda di femministe inferocite all’urlo di “SCANDALOOOOO!!!” commentano il dato… e giù con le proteste, i sit-in, etc. Ammettiamolo, tutto appare così vergognosamente iniquo e discriminante. “Com’è possibile che al giorno d’oggi si possa restare impassibili davanti ad una così palese ingiustizia?” – continuano a tuonare dall’occidente moralista tutte le donne contemporaneamente. Sai che caciara!!!
Da questa parte del globo - in occidente intendo – le donne invece lottano da oltre cent’anni contro lo stra-potere maschilista. Ma qualcuno si è mai chiesto per cosa esattamente? Ottima domanda: “per cosa?” Ve lo dico io: per essere certe di ottenere - dopo un secolo di battaglie, fegati spappolati e cortei infiniti – una spiaggia rosa, riservata esclusivamente alle donne dove prenderci cura di noi stesse. Un’intervistata presente all’inaugurazione, traboccante di elogi, ha ammesso: “Oh, finalmente un posto tutto per noi! Un posto dove gli uomini non possano entrare e dove possiamo stare un po’ tranquille… senza che gli uomini ci disturbino.” Questa come minimo, oltre ad essere un’estremista lesbica o un cesso spaventoso, ha sbagliato a leggere il cartello. Per un eccitante momento avrà realizzato di essere finalmente nella spiaggia “per sole donne” e non “per donne sole”. Che abbaglio!
E così anche noi abbiamo conquistato il maltolto: una spiaggia per sole donne, parcheggi per sole donne, professioni per sole donne, un numero di seggi in parlamento per sole donne, sport per sole donne, etc. Favoloso, come non averci pensato prima!!! Questa è quella che in geometria chiamano “la quadratura del cerchio”: lottiamo da cent’anni per riuscire finalmente a conquistare quello che le donne mussulmane possiedono già. Da almeno tremila anni. Strafico! Cool! Mitico! Senza contare che ci va bene che nessuna di noi comprenda fluentemente la lingua araba, perché forse quell’ipotetico ringraziamento che ci attendiamo dalla rappresentanza femminile mussulmana potrebbe essere concettualmente tradotto in un sorridente “ma fatevi i cazzi vostri!!! Oppure in un più colloquiale “Vaffanculo!!!” Meditate sorelline, meditate!!!

lunedì 4 febbraio 2008

UNA CAMERA (A GAS) MATRIMONIALE.

Ci sono situazioni (rare a dire il vero) in cui la giustizia fa il suo corso naturale. Quello che sto per raccontarvi riguarda il nostro “bel” paese. La notizia sicuramente non è stata nemmeno presa in considerazione dai quotidiani… intenti ad occuparsi di altro, o forse anche di cazzate da premio Pulitzer; è infatti l’ho scovata sul sito dell’ANSA il 2 febbraio scorso. Eccola in tutta la sua interezza:

Condanna dura dalla Cassazione nei confronti delle madri che, pur essendo "economicamente indipendenti" e "dotate di autonomia intellettiva", non fanno di tutto per evitare che il coniuge abusi sessualmente delle figlie, ad esempio denunciandolo e allontanandolo da casa.
Infatti la Suprema Corte non ha concesso la prevalenza delle circostanze attenuanti a una dottoressa di Imola, chirurgo geriatrico molto agiato, che per dieci anni non aveva preso alcun provvedimento per porre fine alle violenze che il marito, nullafacente e nullatenente già condannato per parricidio, infliggeva alle loro due figlie minori. La donna, seppure non assisteva ai rapporti completi che l'uomo aveva con le bambine mentre lei era all'ospedale, lasciava che le "convocasse" nel lettone matrimoniale per il "rituale della domenica" durante il quale le toccava mentre si congiungeva con lei. Invano le sorelline avevano raccontato alla mamma il loro inferno: Vanda B. fece finta di niente. Per questo ha ricevuto una condanna senza sconti (sentenza 4730) a sei anni di reclusione per abusi e non aver tutelato l'integrità psicofisica delle figlie. Il marito, Agostino Z., è stato condannato a dieci anni.


Potrei sussultare, ma il mio compito credo sia quello di riflettere. Insomma, ritorniamo a pieno titolo sul tema della violenza sulle donne, con un accezione diversa: un cambio sillabico molto significativo. Stavolta parliamo della violenza DELLE donne, di donne come ce ne sono tante. Troppe.
Il problema è che spesso dietro un occhio nero non c’è una vittima, ma spesso un’artefice o una carnefice che al posto delle mani usa le parole, il silenzio e tutto ciò che non può essere condannabile o dimostrabile.
Noi donne in tal senso siamo grandi artiste, direi di più, specializzate con laurea honoris cause, perché i fatti che le parole celano sono più evidenti di qualsiasi ematoma.
Il fatto in oggetto ne è la prova, e ancor di più, la prova che il mondo si sta sbagliando su questa questione. Nascono come funghi le associazioni per la lotta contro la violenza sulle donne, c’è tutto un gran parlare di diritti, e tutte ci riempiamo la bocca con le nostre presunte esperienze negative. Adoriamo sentirci vittime, adoriamo imbambolare gli spettatori con le nostre misere perfomance d’avanspettacolo, godiamo come cagne nel sapere che su di noi si è creato un pregiudizio positivo: le donne sono buone. I mostri e i cattivi sono solo gli uomini.
Io davvero non ci sto. Non ci sto. Non ci sto. Non ci sto!!!
È giunto il momento di togliere il velo di Maya; è giunto il momento che una delle tante verità storiche sia rivelata: non siamo meno degli uomini, non siamo migliori degli uomini, non siamo buone… sappiamo solo fingere.
Oggi concludo così…

MA LA STORIA NON FINISCE QUI.

venerdì 1 febbraio 2008

LELLA BERTINOTTI: L’ESSENZA DELLA MODERNITA’

Ieri notte, tra una chiacchiera e una frittella mi stavo dilettando a guardare i giornali per trovare qualcosa da criticare… e guarda caso - a parte i soliti politici che tentano di venderci le loro idee da due cent… tanto sono prive di originalità - ho scovato un piccolo articolo che mi ha messo di buon umore e mi ha donato un po’ di speranza per l’indomani.
In mezzo alle pagine di noiosa politica, il Corriere della Sera di giovedì 31 gennaio (a pag. 5) ci regala un condensato di novità. Il titolo del suddetto articolo sussurra testualmente: “LELLA BERTINOTTI: IO POCO PIU DI UNA MASSAIA”.
L’articolo, diciamolo pure, è veramente striminzito e privo di significatività, ma quelle parole citate riflettono un concetto di uno spessore così ampio da cancellare d’un sol colpo tutte le stronzate delle ultime tre settimane.
Vi chiederete cosa ci sia di così strabiliante in quelle parole, beh, a dire il vero, io c’ho visto l’essenza di una modernità a cui ogni donna dovrebbe attingere: una modernità fatta di piena consapevolezza delle proprie scelte, una modernità intrisa di quel rifiuto che ognuna di noi dovrebbe opporre a quel lo schema culturale involutivo che ci vede sradicate dai luoghi sociali in cui vorremmo vivere e, per converso, tutte galvanizzate dell’aderire alla moda delle donne robotiche, inumane.
Attenzione però a non cadere nell’equivoco: non sto cercando di ripristinare l’atavica divisione del lavoro tra uomo e donna né rispolverando concettuzzi maschilisti. No, la mia visione è più ampia e strategica: io immagino una svolta culturale, in cui le donne, dapprima auto-costrettesi ad uscire di casa per dimostrare di avere i coglioni, ci rientrino con rinnovata consapevolezza dell’unicità e dell’importanza del proprio ruolo biologico, sociale e culturale.
In questi anni ci siamo sforzate di fare il possibile per “liberarci” dal maschilismo imperante, e per far capire loro il nostro valore abbiamo assunto - erroneamente – il parametro del successo in chiave maschile: un successo che ovviamente non contempla la grandiosità della maternità, la valenza della vera forza delle donne, l’intelligenza femminile, ma soprattutto che non contempla le prerogative… le unicità proprie della donna.
Sono quasi quarant’anni che continuiamo a “violentarci” per cambiarci i connotati che per natura sono nostri (aborto, pillole anti-mestruazioni, tette finte anziché vere per allattare, etc.), per eliminare da noi ogni traccia della nostra femminilità, per imparare a “camminare” con lo stesso passo degli uomini… senza contare che per noi questo ha rappresentato non una semplice passeggiata, ma una corsa ad ostacoli.
Lo so, oggi moraleggio… ma ogni tanto ci vuole anche questo, perché si può far riflettere con un sorriso, con un pizzicotto… e oggi anche con un complimento. Bravissima Lella!