giovedì 7 febbraio 2008

I PERCORSI STRABICI DELLE PARI OPPORTUNITA'

Qualcuna/o mi accusa di provincialismo... neanche avessi fatto la predica a Suor Germana.
Ma sorvoliamo su questa inezia e cominciamo ad analizzare la strada del nostro ambito riscatto sociale. Ne converrete è stata sempre in salita: abbiamo lottato come tigri per ottenere alcuni diritti basilari, tali da poter almeno sussurrare di aver pareggiato i conti con l’uomo, di essere al suo livello. Alcune di noi addirittura continuano a ripetere a se stesse di essere anche meglio degli uomini, quasi fossimo una razza a parte: un OGM o un condensato esplosivo di perfezione creato in laboratorio. Altre sostengono con forza – non senza presunzione - che se non ci fossero le donne bisognerebbe inventarle. La donna quindi si auto-percepisce come un principio regolatore che stempera le divergenze e i conflitti e fomenta la pace.
Altre ancora, più illuminate delle prime - direi quasi abbronzate - dichiarano che non ha senso mettere a confronto uomini e donne proprio per la loro diversità psicologica, fisica e intellettiva.
Per far comprendere tutte queste grandi cazzate agli uomini - e alle generazioni che ci stanno sorpassando - ci siamo proprio date da fare ottenendo, nostro malgrado, l’effetto opposto. Abbiamo infatti iniziato a conquistare piano piano e male alcuni spazi di vita: da quella professionale a quella politica e sociale. In questo percorso, già di per sé complesso, possiamo senz’altro affermare di esserci mosse “a macchia di leopardo”, ovvero in maniera poco lineare e contraddittoria… e non a mo’ di strafighe maculate da testa a piedi. Quest’ultime, com’è noto a tutte, hanno preso la palla al balzo (anzi due) decidendo di sviluppare un business esentasse nei viali poco illuminati delle nostre città.
Procediamo con calma, e partiamo dalla vita professionale.
Senza star li a raccontarvi la storiella delle prime femministe - altrimenti sai che palle! - oggi siamo giunte ad un livello di apparente uguaglianza, in cui gli uomini continuano a fare quello che facevano cent’anni fa, mentre le donne hanno imparato ad "esternalizzare" quello che facevano in casa da oltre due millenni a venire. Detto in poche parole, ci siamo messe il tailleur per “fare i mestieri” in un luogo che non è più casa nostra, decidendo poi paradossalmente di negare questa evidenza.
Una delle grandi convinzioni di noi donne è sempre stata quella di essere nate per fare altro nella vita che servire gli uomini e curare il focolare domestico, anche se già da qualche anno qualcuna di noi pagherebbe per poter ripristinare l’antica posizione di presidio del regno domestico e mandare l’esosa colf - letteralmente e simbolicamente - “a quel paese”. A questa convinzione, del tutto legittima se ne aggiunta una più “filosofica” che ha previsto, come primo passo verso la liberazione, quella che fosse necessario uscire di casa per conquistare gli spazi di vita prerogativa esclusiva degli uomini. Essere libere per noi ha sempre significato fare quel che ci sentivamo di fare, senza più essere obbligate, per esempio, a svolgere le classiche mansioni tradizionalmente implicite nella “divisione del lavoro” e dei ruoli, secondo una prospettiva di “genere” (maschilista).
Dopo anni di sperimentazioni e di lotte per comunicare agli uomini il nostro isterismo e il nostro bisogno di scegliere autonomamente -“il corpo è mio e lo gestisco io”, urlavamo per ottenere la legge sull’aborto - finalmente oggi possiamo dire di essere libere e belle; libere dalla forfora e belle e magari anche snelle e puttanelle. Sto divagando ancora!
Questa libertà ottenuta a suon di morsi nei coglioni ai nostri effeminati compagni/mariti - diventati nel frattempo, psicologicamente eunuchi - ci ha restituito però qualcosa che non ci aspettavamo: una serie di scomodissime verità.

VOLETE SAPERE QUALI? BEH, NON VI RESTA CHE ATTENDERE IL PROSSIMO POST. NOTTE NOTTE!!!

3 commenti:

  1. buongiorno amanda, diamoci lo spazio che meritiamo entrambi nelle pari opportunità e costruiamone un progetto. su clichè nuovi

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  2. sarà un percorso strabico ma è un percorso

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  3. Macchè provincale! Le provinciali sono quelle che si mettono l'abito mentale radical/chic!
    Continua così!!!

    Francesco

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