sabato 7 marzo 2009

RAGIONE 7: AMIAMO RACCONTARCELA. SENZA AUTOCRITICA.


8 MARZO… STUPRO A PROVA DI AUDIENCE


… e ci siamo! Siamo giunte all’8 marzo del 2009.
Tra le tante discussioni fatte apposta per questa data memorabile, quella che più ha coinvolto gli italiani (e le italiane) in quest’ultimo periodo è stata la questione “Stupri”.

Non passa giorno che da qualche parte d’Italia non si consumi un atto così orribile. Ecco, da questo punto di vista, io sono assolutamente concordo: lo stupro va condannato senza SE e senza MA.

Detto questo mi affretto subito ad evidenziare che oggi stiamo assistendo ad una spettacolarizzazione dell’orrido. Già molto in voga nel tardo ‘800, intorno agli ’40 e ’50 aveva lasciato il passo ad un più compassato neo-realismo capace di tratteggiare la realtà dei fatti con misurata ostentazione, per riproporsi a noi sotto una veste nuova: lo scintillante abitino di paillette destinato alle grandi occasioni. Insomma, stupida e mentecatta chi non ce l’ha.

Di questi tempi, sulla scia del tam-tam degli ultimi (presunti) avvenimenti, c’è infatti chi si sta divertendo a cavalcare l’onda. È il caso di Christine Del Rio, ma sono pronta a scommetterci che non sia l’unica.

La ragazza, intervistata dalla D’Urso, racconta di essere stata segregata e violentata per 3 giorni. Strano a dirsi la notizia, si è inserita nel polpettone mediatico riscuotendo un notevole successo… insomma, è capitata al posto giusto al momento giusto. Toh, ma guarda che deliziosa coincidenza?!
Fermiamoci un attimo e cerchiamo di rifletterci sopra.

Mi sono spesso chiesta “se” e “quando” si può parlare di stupro. Lo so, la questione non si presenta affatto lineare, ma occorre cercare di capire le cose e questo soprattutto perché, tanto per cominciare, una cosa appare chiara: si parla di stupro solo quando è la donna a dirlo. Insomma, tutto dipende dalla percezione della donna… tutto dipende da come noi rielaboriamo quello che probabilmente è stata la scopata del secolo, o la più noiosa perdita di tempo.


Sulla questione stupri aleggiano più o meno una serie di stereotipi, fissi e granitici a tal punto da non consentirci una prospettiva oggettiva.


Il primo è quello che riguarda la natura delle vittime. Ecco, secondo questo schema, la donna è sempre la vittima e l’uomo è sempre il carnefice. E questo schema si ripete come una macchina perfetta in ogni situazione come una fotocopia non dissimile dall’originale, senza che nessuno ponga almeno un ragionevole dubbio su tutta la faccenda. In conseguenza a ciò, appare chiaro che solo la donna abbia da “perderci” e che sia solo l’uomo a “guadagnarci”. L’icona della vittima, ne converrete, ha poi un certo fascino: ispira quasi tenerezza e senso di protezione. Sarà per questo motivo che ci diciamo disgustate da questa pratica e immaginiamo acriticamente che se qualcosa è avvenuto è solo colpa dell’uomo, dei suoi bassi istinti e non già della qualità delle nostre mete. Noi donne sappiamo – e qui che gli uomini falliscono – che se è vero che l’uomo è cacciatore per indole, la donna è sicuramente puttana, perché sicuramente la voglia di figa del maschio e direttamente proporzionale alla voglia di cazzo delle femmine. Apriti cielo!!!

Sia chiaro qui non si tratta di far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, ma di certo asserire che tutti gli uomini siano violenti e che tutte le donne siano vittime, equivale ad un errore non del tutto dissimile a quello che potremmo commettere se ipotizzassimo il contrario.

Il secondo stereotipo – largamente abusato nelle culture cristiane – è quello che vede la donna pensare al sesso come mero strumento riproduttivo… il che è esattamente falso come asserire che gli uomini pensano al loro pisello solo per pisciare. Secondo questo modello iconografico, la donna – una volta messi al mondo i figli – ripristina in un certo senso l’antico verginale splendore di un tempo, sublimando tutti i propri umani desideri in magnifiche torte fatte in casa o in deliziosi manufatti ad uncinetto. Come dire che la realizzazione della donna corra sul filo della Cucirini Cantoni Coats e sugli etti di farina e uova biologiche, mentre gli uomini – non avendo personalmente prodotto nulla di significativo, se non un manipolo di girini impazziti – continuino imperterriti a cercare un contenitore vuoto da riempire ogni due-per-tre.

Altro stereotipo investe invece il set delle motivazioni addotte. Infatti, se una donna mente all’uomo “giusto” per farsi mettere incinta non commette nessun reato sull’uomo, mentre l’uomo che non ha nulla da dare se non una sana e goduriosa scopata ha il 99% di possibilità di essere denunciato come stupratore. In linea di massima, l’uomo è sicuramente stupratore se ha il conto in banca vuoto o se non ha un programma televisivo in cui farle fare la conduttrice. Visto che in Italia siamo fanatiche delle statistiche, proviamo a far mente locale sulla tipologia del violentatore-tipo. Direi che, senza stare lì a fare grossi studi, di solito si tratta di un extracomunitario/italiano e comunque di un nulla tenente. Se l’uomo corrispondesse una contropartita adeguata, la donna di certo non avrebbe di che lamentarsi. Insomma, chi sputerebbe nel piatto in cui mangia? Quante donne sono passate dal letto di altrettanti uomini per propri interessi? Non mentiamo su questo… abbiate il fair-play di non farlo, non è credibile. No davvero!!!
La prostituzione, il darsi a cottimo per raggiungere uno scopo, sconvolge solo i pii custodi della morale più oscena, o quei gretti puritani che preferiscono risolvere questo tipo di questioni in casa propria. Strano a dirsi, infatti, nessuno/a ammette di aver colto l’occasione d’oro e di essere arrivato/a solo in base alla proprio talento. Il talento, per quel che riguarda la mia personale prospettiva, oggi è cosa assai trascurabile… altrimenti non si capirebbe il proliferare di personaggi ameni che vantano zeri prima e dopo la virgola.

L’ultimo stereotipo è invece quello tipicamente femminile che riguarda il concetto di opportunità, ovvero del perché una donna si ritenga legittimata a denunciare l’atto come stupro. Al di là di tutte le possibili motivazioni, va precisato che – come in tutte le cose - è sempre la donna che decide. È la donna che decide “se” e “perché” si sia trattato di stupro, e l’onere della prova del contrario ricade sempre sul maschio. Il punto è , infatti, non tanto che la donna provi davanti ad un tribunale che sia trattato di uno stupro, quanto che l’uomo abbia le prove che non si sia trattato di questo.
La donna dal canto suo può infatti sfoderare un immaginario incredibile pari solo a quello di Tinto Brass. Stando così le cose, per esempio, potrei tranquillamente costruire la scena di uno stupro senza aver minimante esserne stata vittima… tanto i copioni sono tutti uguali. Nel volete una prova? Eccola!!!
Lei arriva al commissariato di polizia dopo essersi iniettata gli occhi con il profumato olezzo di una generosa cipolla bionda. Poi, fingendo, un opportuno singhiozzo, dirà alla psicologa del cazzo di essere stata abusata nel seguente modo: dopo aver accettato il passaggio da uno sconosciuto apparentemente gentile, è stata condotta in un boschetto e lì – senza alcuna possibilità di sorta – a dovuto subire violenza. L’en-plein viene realizzato con l’esibizione di una generosa macchia di sperma sulla mutandine o sul luogo delle presunte sevizie. E vissero tutti felici e contenti.


Ne sono certe, tutte/i coloro che credono ciecamente negli stereotipi testé enunciati, mi tacceranno per una donna cinica e poco sensibile. E d’altronde che ne so io dello stupro? L’ho mai provato personalmente?
Forse che si forse che no, ma una cosa è certa: in questi ultimi anni abbiamo stranamente imparato comportamenti bizzarri, primo fra tutti quello che ci fa piangere davanti ad un film, ritenendolo vero nel suo potenziale emotivo, ma che ci allontana al contempo dall’ipotesi che la realtà possa essere falsata. Insomma è del tutto legittimo che una persona reciti in un film, ma risulta paradossale che la stessa possa farlo nella realtà… e questo perché la domanda spontanea che viene è: perché mai dovrebbe o avrebbe dovuto farlo? Perché mentire?

C’è un interessante giallo di Agata Christie tradotto col titolo de “La serie infernale” che a mio avviso rispecchia pienamente la qualità dei miei dubbi. Ve lo riassumo brevemente: un misterioso serial killer appare attratto dall’idea di uccidere le sue vittime seguendo l’ordine alfabetico, collegando le iniziali delle vittime al luogo dell’omicidio; per cui la prima vittima si chiama Alice Asher e viene uccisa ad Andover, etc. Apparentemente le vittime non sono collegate tra loro se non dalla logica dell’assassino. Giunti al quarto omicidio, quello della lettera D, il mistero viene argutamente svelato da Poirot: in realtà, l’assassino non è interessato a tutte le vittime ma solo a quella le cui iniziali sono con la lettera C. Cosa succede in realtà? L’assassino per depistare la polizia nasconde un omicidio in mezzo ad altri, in modo tale che il movente non sia riconducibile che mentalità perversa di un pazzo.
Dove, infatti, si può nascondere una motivazione personale se non in mezzo ad un gruppo di motivazioni apparentemente uguali? E quindi dove si può mimetizzare un falso stupro se non in mezzo ad altri stupri? Ci vuol poco, lo sapete, a far passare una scopata per stupro… tutto dipende dal racconto che si fa di esso, e dalle similarità narrative con quelle di uno stupro reale. E d’altronde chi potrebbe provare il contrario? La risposta è: nessuno. Nessuno potrebbe controbattere.

Attenzione non sto dicendo che tutti gli stupri siano simulati, ma è anche vero che c’è chi ci sta sguazzando largamente in questa situazione caratterizzata da illogico allarmismo. E difatti, proprio in questo periodo di “allarme stupri”, che gli stupri appaiono aumentare quando sarebbe logico aspettarsi che in ragione di un ipercontrollo istituzionale questi tendano a diminuire. Non è legittimo pensare che se un ladro sapesse che in una certa casa c’è un allarme, sia implicitamente demotivato a compiere un furto?

E quindi proviamo a far quadrare il cerchio. Perché la signorina Del Rio viene a raccontarci la sua storia? Perché mai dovrebbe farlo, perché proprio oggi, perché proprio a noi? Vuole forse denunciare il (presunto) molestatore? Vuole forse farsi portatrice di un problema? No, nulla di tutto questo, e d’altronde cosa ne sappiamo noi. Per quanto ci riguarda la sua storia potrebbe essere stata inventata… né più né meno come la favola di Pretty woman; ci piace pensare che possa essere verosimile… che un giorno possa capitarci la stessa cosa. Da puttane a principesse. Il sogno di tutte.
Ma ahimé verosimile non significa mai vero… significa solo plausibile.

Una cosa invece è assolutamente vera: la signorina del Rio si è guadagnata uno spiraglio nell’affollato universo delle cretine pronte a tutto… e se sarà fortunata qualcuno la pagherà per tagliare il nastro inaugurale all’apertura di un supermercato rionale.

E dunque, evviva gli spogliarelli maschili, le pari opportunità e l’acacia!!! Le mimose si sono estinte all’inizio del secolo.

Evviva le donne! E non abbiatene a male se non mi unisco a voi.

Amanda

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